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Nominato il Presidente della Commissione Oceanografica Italiana

Marzo 19
23:00 2009

Intervista a Giuseppe M.R. Manzella
Si è insediato da poche settimane Giuseppe M.R. Manzella, oceanologo Enea del Dipartimento Ambiente, cambiamenti Climatici e Sviluppo Sostenibile, alla Presidenza della nuova Commissione Oceanografica Italiana (COI), modificata con Provvedimento n. 177 del Presidente del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) del 23 gennaio 2009. L’Italia è uno degli Stati membri fondatori dell’Intergovernmental Oceanographic Commission dell’Unesco (IOC), nata nel 1960 per promuovere la cooperazione internazionale e coordinare programmi in ricerca, sviluppo sostenibile, protezione dell’ambiente marino, capacity building. Nel suo ambito si svolgono programmi sul clima, scambio dati marini, aspetti legislativi e quant’altro si renda necessario per gli approfondimenti degli studi sugli oceani. La COI ha il compito di rappresentare la comunità oceanografica italiana presso l’IOC.

Presidente, quanti anni resta in carica la Commissione Oceanografica Italiana?
La COI ha un mandato per quattro anni, ma il Presidente ne resta in carica solo due.

Chi ne fa parte?
Nella Commissione siedono rappresentanti di: CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche), ENEA (Ente per le Nuove tecnologie, l’Energia e l’Ambiente), CONISMA, (Consorzio Nazionale Interuniversitario per le Scienze del Mare), IIM (Istituto Idrografico della Marina), INGV (Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia), ISPRA (Istituto Centrale per la Ricerca scientifica e tecnologica applicata all’ambiente), OGS (Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale), SZN (Stazione Zoologica A. Dohrn a Napoli). Sono invitati anche rappresentanti dei vari ministeri: Esteri, Ricerca, Ambiente, Sviluppo Economico, Politiche agricole, Difesa, Infrastrutture, Lavoro, oltre la Commissione Nazionale Italiana presso l’UNESCO.

A fine gennaio è stato approvato un nuovo Statuto e un nuovo Regolamento. Che cosa cambia rispetto alla passata organizzazione?
La COI ha sempre avuto un posto di rilievo nei programmi dell’IOC. Sfortunatamente negli ultimi anni essa non ha potuto essere rinnovata e quindi si è creato un ‘vuoto di rappresentanza’, che è stato coperto parzialmente (e per un periodo breve relativo agli ultimi due anni) da una COI-informal a cui ha dedicato molte risorse la Prof.ssa Nadia Pinardi. Adesso la COI è di nuovo ufficialmente riconosciuta a livello nazionale ed internazionale, e quindi può aspirare a quei compiti che gli venivano riconosciuti nel passato.

Con quali fondi opera la Commissione?
La nuova COI nasce in un periodo difficile, con enormi problemi economici, di cui tutti i membri della commissione sono consapevoli. Il Ministero Affari Esteri ci sta sostenendo, il CNR sostiene le spese delle riunioni in Italia e quelle più importanti in sede internazionale. Ma anche gli Enti partecipanti, attraverso i loro rappresentanti, hanno dato disponibilità a contribuire, attraverso fondi ordinari o di ricerca.

Quale sarà il suo primo provvedimento?
Siamo tutti consapevoli della opportunità che ci viene data, e cioè quella di poter far sentire l’opinione della comunità oceanografica italiana a livello internazionale. Abbiamo quindi deciso di organizzarci in diversi gruppi di lavoro, suddivisi per tematiche, corrispondenti a quelli già esistenti all’interno IOC-Unesco. Inoltre vogliamo che anche altre associazioni scientifiche italiane o gruppi nazionali possano essere degnamente rappresentati nell’arena internazionale. Per questa ragione organizzeremo delle riunioni tematiche per ascoltare e coordinarci.

Quando nasce l’oceanografia in Italia?
Potrei dare due risposte a questa domanda apparentemente semplice.
L’oceanologia (o oceanografia come si usa ancora dire) nel senso moderno nasce dopo la seconda guerra mondiale ad opera di alcuni pionieri tra cui bisogna citare il Roberto Frassetto, la cui vita meriterebbe un articolo a parte. Basti pensare che è stato insignito della medaglia d’oro al valor militare. Tradotto prigioniero nel 1944, partecipò alla guerra di liberazione, lavorò negli Stati Uniti e successivamente in Italia per svelare quelli che erano i segreti della circolazione nel Mediterraneo e nello Stretto di Gibilterra.
Se si guarda alla storia, la risposta è più articolata. La curiosità per i fenomeni marini è molto antica e per spiegarli si sono impegnati vari autori universalmente noti, tra cui citerei Pico della Mirandola, Paolo Manuzio, Ferdinando Marsili. Tra le interpretazioni curiose dei fenomeni marini citerei senz’altro quelle date nel 1656 da Panarolo Domenico alle maree nel Mediterraneo, che l’autore riteneva fossero causate dal movimento delle balene. Questa idea forse derivava dal fatto che un tale animale aveva risalito il Tevere e si era arenato sulla riva del fiume nel centro di Roma. I resti della balena si troverebbero in una delle chiese di Piazza del Popolo. L’esperto di tali storie è Federico De Strobel fondatore della Historical Oceanography Society che ha sede a La Spezia.
Potrà essere interessante far sapere che prima della Oceanologia vi era la “Geografia del Mare”, ovvero una descrizione ad uso dei naviganti sulle correnti ed i venti sulla superficie del mare.

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