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Ospite: amico/nemico?

Ospite: amico/nemico?
Gennaio 26
23:00 2015

15-ospiteL’evoluzione del concetto di eguaglianza nel mondo moderno ha comportato un’idea di essa che è rimasta tutta esteriore e non ha coinvolto gli individui come soggetti di tale processo. In un mondo in cui tutti gli uomini sono considerati eguali e identici nella loro essenza, la diversità di natura e lo status tra le comunità vengono riaffermati in maniera violenta e disastrosa, e diventano razzismo. La proclamazione dell’eguaglianza ha scatenato le distinzioni nel sociale, mischiando aspetti sociali, culturali, fisici.

People are strange when you’re a stranger (le persone sono strane quando tu sei un estraneo), recita un famoso successo del 1967. L’uomo contemporaneo deve ritrovare la sua condizione di ‘ospite’, per ritrovare se stesso. La sfida contro ogni ostacolo, ogni limite, nata dalla certezza di essere unico attore capace di modificare, plasmare e assoggettare la realtà dentro e fuori di sé, comporta inevitabilmente il doversi riconoscere straniero, il dover ammettere di dipendere dalla benevolenza e dall’iniziativa di un ‘altro’. Come del resto, tutti noi esseri umani siamo ‘ospiti’ del pianeta Terra e da esso dipendiamo per quanto riguarda la nostra sussistenza.

Senza la coesistenza non si riesce a sopravvivere
Etimologicamente, i termini xénos in greco e hostis/hospes in latino hanno il duplice significato di straniero e di ospite. In greco le forme lessicali con la radice xen contengono sia il concetto di estraneo, straniero, strano, sia quello di amico, ospite. Straniero quindi in quanto uomo di altra origine, di diversa natura, strano e misterioso. Anche la natura è straniera, se non la si comprende. Ospite, nel modo romano, era hostis e hospes: hostis è colui che compensa un dono con un contro-dono. È diventato ‘ostile’, ‘nemico’ quando gli scambi tra clan sono diventati relazioni con ciò che è esterno alla civitas.
Ospite è colui il quale viene riconosciuto ‘essere umano’, con il suo bisogno di relazionarsi, perché senza la coesistenza non riesce a sopravvivere. Bisogna quindi parlare di ‘diritti dell’uomo’ come di un nuovo ethos mondiale, cioè di un principio giuridico universale e metaculturale in grado di diventare fonte di legittimazione degli stessi ordinamenti giuridici. Il nuovo concetto dei ‘diritti dell’uomo’, sorto con la Dichiarazione Universale, è stato decisamente un grande passo in avanti, non solo per quanto concerne la richiesta di riconoscimento e difesa dell’uomo, ma anche per la possibilità di definizione dell’essere umano, dal momento che ne ha messo in evidenza alcune caratteristiche che dovrebbero essere riconosciute universalmente.
Restano tuttavia numerosi ostacoli che si frappongono non solo alla reale tutela di questi diritti, ma anche alla possibilità di renderli universalmente accettati. Il vero obiettivo infatti non è quello di tutelare singole facoltà o beni del soggetto, ma la sua globalità in quanto tale. E non si realizza tralasciando i temi della sua libertà e responsabilità, del valore assoluto della sua dignità e dell’essere parte dell’intera umanità; della sua identità come appartenente a una singola frazione dell’umanità e come appartenente al mondo degli esseri viventi.

Tra accettazione e violazione
Nella nostra epoca segnata, tra l’altro, dal trionfo della tecnica, da forme sempre più ampie di interdipendenza e dall’emersione di ‘particolarismi tribali’, i diritti umani si caratterizzano come struttura portante di una moralità che implica l’assunzione di una logica universalistica. Si richiede cioè che la rivendicazione di un diritto sia possibile solo in quanto colui che la propone la riconosca come valida, in linea di principio, per chiunque venisse a trovarsi nella medesima situazione in cui egli stesso si trova. Si esprime così una sorta di universale etico, che presenta una drammatica tensione (irrisolta) tra irrinunciabilità e irrealizzazione. Una tensione che rende evidente un paradosso: all’ampia approvazione di cui essi godono nel panorama etico e politico odierno corrisponde una loro generalizzata violazione, che si nutre di violenze, distruzioni, crudeltà, morte, sfruttamento, sopraffazioni, abusi, ma che si connette anche alle strumentalizzazioni, alle interpretazioni tendenziose, alle applicazioni parziali che ne vengono compiute.

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