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Pelosi che (forse) uccise e sbagliò (sempre) i tempi

Pelosi che (forse) uccise e sbagliò (sempre) i tempi
Luglio 28
17:53 2017

A guardare l’interessante collage delle confessioni televisive di Giuseppe Pelosi, snocciolate nel tempo davanti all’impietoso, seppure gentile ‘tribunale’ di Franca Leosini a Storie maledettePasolini, quel corpo senza pace (Rai 3), vengono in mente considerazioni impossibili da farsi davanti alla tanta carta che è stata stampata sul delitto Pasolini, proprio perché i volti rivelano molto di più delle storie scritte.

A 35 anni Pelosi, i tratti fini del viso, i capelli neri e una certa arroganza nello sguardo, ha la certezza che quel che gli è stato detto di fare funzionerà alla perfezione: non rivelare i nomi dell’agguato all’Idroscalo, dire di essere stato da solo quella notte, ripetere spesso che era minorenne e che, malgrado lo scrittore avesse avuto la peggio, era lui che stava per subire una terribile violenza, lui che non era mai stato un marchettaro ma un ragazzo come tanti, per giunta eterosessuale. Ha già scontato quasi 10 anni di prigione per il delitto Pasolini, e atri 9 per reati comuni ma è ancora sicuro che si farà una famiglia, avrà dei figli. Nonostante i risultati evidenti del massacro ai danni dello scrittore, forse oggi la posizione di Pelosi sarebbe considerata diversamente: all’epoca dei fatti sembrava un ragazzino, seppure travestito da gigolò, con la macchina acquistata coi suoi ‘lavoretti’ ma guidata da amici maggiorenni, quelli con i quali sorbisce un tè in un chioschetto quando ‘il torbido’ uomo famoso lo chiama al finestrino dell’auto sportiva. In tempi in cui si sbandiera il reato di pedofilia ad ogni piè sospinto, anche in situazioni nelle quali nessuno dei partecipanti, seppure minori, è più bambino da un pezzo, Pelosi sarebbe stato guardato con occhio molto più benevolo, pensandolo circuito, oltretutto, da un uomo più che adulto, un intellettuale, in definitiva, di quelli che si rigirano la verità secondo necessità, oggi pagati poco o niente e svillaneggiati sui social.

Proseguiamo la visione del programma. Nel 2005, un Pelosi maturo comincia ad avere qualche ripensamento. È effettivamente meno carino: i tratti del viso inspessiti i capelli diradati un tanto, gli spunta una pancetta sotto la camicia. Non è riuscito mai a smarcarsi, come sperava, dalla realtà di piccoli crimini nella quale si è infilato; per stare zitto all’epoca dice che gli hanno dato due soldi. Ha capito che ‘contro’ la fama del poeta-scrittore-regista non può nulla, nemmeno con l’arma che gli avevano detto avrebbe impietosito tutti, il fatto d’essere, all’epoca dei fatti, minorenne; (Pelosi, nella sua ignoranza del mondo, la potenza della parola dello scrittore a favore proprio di quelli come lui non la conosceva ma quelli che gli hanno venduto la ‘fregatura’ sembra abbiano scelto la sua faccia apposta). Le immagini del massacro sono ancora sotto gli occhi di tutti e Leosini le trasmette impietosamente: allo scrittore è stata schiacciata la testa, sede del cervello, del centro pensante e vivente di tutto il suo essere, ma anche il torace, sede del cuore, non è conciato meglio. Pelosi, in quel barlume di speranza che gli resta, ripete come un disco rotto che era adolescente, e conferma le verità già emerse dal processo, però per quanto siano cambiati i tempi è cambiato anche lui, in studio persino l’avvocato Marazzita appare annoiato da quel suo parlare: è passato troppo tempo, Pasolini non c’è più da quasi quarant’anni e non c’è più nemmeno il Giuseppe Pelosi di allora davanti le telecamere.

Avviandosi verso l’anzianità (nel 2014 Pelosi ha 56 anni), finalmente libero dal carcere dal 2009, torna dalla stimata Franca Leosini per tentare di mettere in scena l’ultimo atto di quello che ormai è diventato il suo dramma personale (non esistere più se non nel disprezzo per aver partecipato all’omicidio Pasolini), atto nel quale gli avevano, forse, detto raccoglierà finalmente il frutto del suo silenzio, grazie alla confessione ‘vera’ sulla notte fra il 1 e il 2 novembre 1975. Non è stato lui a uccidere Pasolini, anzi lo frequentava da un po’, dall’estate; lo descrive come un uomo cortese, un gentiluomo, e lui lo ha solo accompagnato ad un appuntamento all’Idroscalo per recuperare alcune ‘pizze’ cinematografiche rubate. ‘Lo ha venduto a quelli che lo aspettavano per cinquecentomila lire’ incalza la Leosini, lui nega. A guardarlo, come si poteva sospettare già nell’età in cui era un giovane uomo, deve aver almeno ammirato Pasolini, non fosse altro che per le sue qualità di generosità e gentilezza e sembra anche aver smesso di odiare il fatto di ‘dipendere’ da un morto. Quello che si vede è un uomo sconosciuto a se stesso, sopraffatto, ha perso la propria famiglia d’origine e ogni altra speranza ma vorrebbe ancora presentarsi come autore di libri su P.P.P: (e chi sennò?). Ormai, però, anche di libri ne sono stati scritti tanti sull’argomento. Giuseppe Pelosi è ormai conscio d’essere stato strumento di qualcosa troppo più grande di lui: «Io sono piccolo, sono uno come tanti, un borgataro, voi menti aperte mi dovete dire perché hanno ammazzato Pasolini, io ho visto come è morto e basta», dice pressappoco. Pare aver sbagliato ancora i tempi. Muore il 20/07/2017 per una malattia, forse senza essere riuscito a cambiare il proprio sguardo su se stesso o a perdonarsi… (Serena Grizi) (immagine web)

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