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Premio Tuttoteatro.com Renato Nicolini

Premio Tuttoteatro.com Renato Nicolini
Dicembre 15
20:16 2017

Premio Tuttoteatro.com Renato Nicolini

Quest’anno la giuria ha deciso, in luogo dell’assegnazione del Premio, di dedicarlo totalmente al ricordo di Alessandro Leogrande, crudelmente scomparso nei giorni scorsi.

Come Renato Nicolini, Alessandro Leogrande era un esperto nella mossa del cavallo: capace, con intelligenza sempre approfondita, di osservare, interrogare, analizzare la realtà con gli strumenti dell’inchiesta; di narrarla per provare a trasformarla con spirito di attivista innamorato di una società migliore, pronto a spendersi sempre al fianco degli ultimi; di approfondire ulteriormente quanto andava osservando e scrivendo con un dialogo incessante nelle scuole, nelle librerie, in altri luoghi di una socialità sempre più da ricostruire.
Non riusciva a farsi contenere dai generi, Alessandro: giornalista d’inchiesta e d’opinione, polemista, meridionalista, moralista, redattore e vicedirettore dello Straniero, collaboratore di Radio 3, trasformava in libri appassionati e appassionanti come romanzi le sue indagini sui veleni di Taranto, sulle frontiere del contrabbando e dei nuovi malaffari, sulle migrazioni le frontiere i naufragi, sul nuovo caporalato in Puglia e da ultimo sulla tragedia dei desaparecidos argentini. E si cimentava negli ultimi anni anche con il teatro, inteso come luogo pubblico di analisi emozione e dibattito, fornendo testi impegnati e poetici a opere teatrali e musicali, in cerca di un nuovo, necessario, difficile a farsi, teatro politico.
La sua morte, a soli 40 anni, ha destato un’intensa emozione nella cultura italiana. Ha aperto un vuoto che sarà più chiaro quando si inizierà a studiare, con un po’ di distanza, la sua molteplice opera.
A te, Alessandro, che ci manchi, con la tua lieve ironia, con la tua dolce, accogliente, acuminata intelligenza, dedichiamo questa edizione del Premio intitolato a Renato Nicolini.
(Massimo Marino)

Nato a Taranto nel 1977, ha vissuto a Roma dal 1996. Laureato in Filosofia all’Università La Sapienza di Roma con una tesi sulla critica sociale di Michael Walzer, ha scritto per giornali e riviste (Internazionale, l’Unità, il manifesto, Panorama, il Riformista, il Fatto Quotidiano, Una città, Nuovi Argomenti, Gli asini, La terra vista dalla luna). È stato editorialista del Corriere del Mezzogiorno, curatore dell’inserto “Fuoribordo” per il settimanale Pagina 99 e ha condotto trasmissioni per Radio 3 Rai e Radio Svizzera Italiana. Per dieci anni è stato vicedirettore del mensile Lo straniero.
Ha esordito nel reportage narrativo con Un mare nascosto, dedicato alla sua città (1999), e ha proseguito l’indagine sulle nuove mafie, i movimenti di protesta, lo sfruttamento dei braccianti stranieri con Le male vite. Storie di contrabbando e di multinazionali (2003; 2010), Nel paese dei viceré. L’Italia tra pace e guerra (2006), Uomini e caporali. Viaggio tra i nuovi schiavi nelle campagne del Sud (2008), Fumo sulla città (2013). Con il suo giornalismo d’inchiesta si è occupato dei flussi migratori dai Balcani e dall’Africa in Il naufragio. Morte nel Mediterraneo (2011), da cui è stata tratta l’opera di Admir Shkurtaj Katër i Radës – Il Naufragio, prodotta dal Teatro Koreja, che ha debuttato alla Biennale Musica di Venezia nel 2014 e di cui è autore del libretto, Adriatico (2011), La frontiera (2015), e il libretto Haye, le parole, la notte, con musica di Mauro Montalbetti e regia di Alina Marazzi, che ha debuttato al Teatro Ariosto di Reggio Emilia il 29 settembre del 2017.
Ha curato le antologie Nel Sud senza bussola. Venti voci per ritrovare l’orientamento (con Goffredo Fofi, 2002), Il pallone è tondo (2005), Ogni maledetta domenica. Otto storie di calcio (2010), il volume Trois Agoras Marseille. Art du geste dans le Méditerranée di Virgilio Sieni (2013), l’antologia degli scritti giornalistici di Rodolfo Walsh Il violento mestiere di scrivere (2016), gli scritti di Carlo Pisacane L’altro risorgimento (2017).
È morto a Roma il 26 novembre 2017.

La classe Cranpi/Fabiana Iacozzilli – Roma
uno spettacolo di Fabiana Iacozzilli
drammaturgia collettiva a cura di Fabiana Iacozzilli e Tiziana Tomasulo
con Marta Meneghetti, Giada Parlanti, Emanuele Silvestri
burattini Fiammetta Mandich
assistente alla regiaSilvia Corona
produzione CrAnPi/Lafabbrica

La classe è uno spettacolo/rito collettivo in cui io e i miei “veri” ex compagni di un scuola elementare religiosa di Roma, osserveremo la spettacolarizzazione degli episodi più significativi da noi vissuti tra i 6 e i 10 anni. I “noi bambini” saranno interpretati da pupazzi e i “noi adulti” assisteranno dal palcoscenico a questa rappresentazione in bilico tra La classe morta di Kantor e I cannibali di Tabori. Lo spettacolo sarà suddiviso in quadri la cui drammaturgia sarà costruita a partire dagli episodi più significativi raccontati dai miei compagni nelle interviste. Oltre ai burattini, una suora interpretata da “un paio di mani e una luce”. Un progetto che parte da un’esigenza personale e che, nel tentativo di ricostruire un passato frammentato, s’interroga sul senso profondo del ricordo, su come le memorie di quegli anni siano rimaste impresse in modo diverso in ognuno di noi. E, “su come”, in un bimbo si possa tatuare l’immagine di un’educazione violenta (Fabiana Iacozzilli)
Lafabbrica Le nostre creazioni nascono da un primo impulso che può essere un’immagine, una suggestione, un’urgenza, uno stato di commozione, a partire dal quale accumuliamo una grandissima quantità di materiali. Solo alla fine del nostro processo artistico sfrondiamo e selezioniamo, con l’obiettivo di arrivare all’essenziale. La compagnia porta avanti un percorso di ricerca a partire dalla scrittura scenica, focalizzandosi sul lavoro di raccolta di materiali, sulla proposta attorale, sull’improvvisazione e sullo studio/costruzione del personaggio a partire dall’azione fisica. Alla metodologia di lavoro si aggiunge la predilezione per una cifra stilistica grottesca che racconta di personaggi al limite, vecchi, bambini decrepiti, Hansel e Gretel obesi e divoratori di case di marzapane. Leggere i personaggi come “funzioni/nuclei emotivi” ci ha dunque portati, in questa nuova sfida, ad approdare al teatro di figura.

Colline Compagnia R/V – Catanzaro
Tratto da I quarantanove racconti di Ernest Hemingway
di Andrea Volpetti e Francesca Ritrovato
regia di Andrea Volpetti
con Francesca Ritrovato e Andrea Volpetti
luci Javier Delle Moniche

Esistono gli elefanti bianchi? È lecito credere che esistano? Immaginare un elefante bianco è come immaginare che esista un posto al di là delle montagne, oltre alla valle deserta e bruciata dal sole, dove una qualche forma di felicità può realmente esserci.
Una giovane donna e un americano aspettano, in una stazione, il treno che li porterà a Madrid. Un treno li ha lasciati in una landa desolata e qui avviene lo scontro. Il passato alle spalle; il futuro a Madrid. Il gioco dei due amanti si è interrotto. Tra l’uomo e la giovane donna è successo qualcosa e da coppia sono diventati singoli individui che affermano i loro io, che annaspano nella confusione, chiedendo il loro spazio vitale. Ma dove stiamo andando? Perché? Potremo essere di nuovo felici, lì dove siamo diretti? Potremo ancora avere il mondo ai nostri piedi? Ci ameremo ancora domani?
Andrea e Francesca guardano da un punto fisso i due personaggi, si ritrovano per ricostruire quel momento di rottura tra i due amanti. Quel punto di osservazione diventerà punti di vista, due: chi ha detto cosa, chi ricorda meglio, chi ha bisogno di ricordare. Nel ricordo cambiano le sfumature.
Come l’ombra di una nuvola che passa sulle colline.
La somma di verità soggettive riuscirà a riconoscere l’oggettività della fine di un amore?

La Compagnia R/V è composta da Andrea Volpetti e Francesca Ritrovato. Hanno entrambi frequentato l’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio D’Amico. Andrea ha proseguito la formazione presso il Centro Teatrale Santa Cristina, lavorando, poi, ne In cerca d’autore per la regia di Luca Ronconi. Ha lavorato, tra gli altri, con Federico Tiezzi, Massimo Popolizio e al National Theatre of Scotland. L’anno prossimo sarà all’ERT di Modena per uno spettacolo diretto da Matthew Lenton.
Francesca, subito dopo l’Accademia, si è trasferita a Parigi dove ha frequentato il Conservatoire National d’Art Dramatique. Ha lavorato a teatro con Jean-Damien Barbin, Giancarlo Cauteruccio, Francesco Suriano. Al cinema, con Francesco Munzi. Importante per lei l’incontro con il lavoro di Thomas Ostermeier che, dopo la Biennale, ha seguito a Vidy, Lausanne, per assistere alle prove di La mouette . Nell’aprile 2018 sarà a Parigi con uno spettacolo del Collettivo Colette.
R/V è nata con l’esigenza di creare un tempo e uno spazio dove poter indagare i sentimenti. Al centro del suo interesse, l’essere umano. Con ICH BiG, il primo spettacolo, la Compagnia ha vinto il Premio Anteprima 2016, partecipando al Festival Collinarea.
La teoria del cracker Occhisulmondo/Daniele Aureli – Perugia
di e con Daniele Aureli

La Teoria del Cracker è un respiro. È l’ultimo respiro di una persona che lascia, nell’eco del suo dolore, uno spiraglio di scrittura che diviene rabbia e poesia. Un inno alla vita.
In un piccolo paese di 900 abitanti, una donna si ammala. La cellula impazzisce, lo stomaco non resiste e la donna… dopo tre anni, vola via. A pochi passi, una città situata nel cuore dell’Italia ha come arterie fabbriche e inceneritori. Si producono nuvole grigie. In questo cuore, che batte irregolare, in nove anni si sono ammalati 3.736 uomini e 3.089 donne. Il paese reagisce in vari modi. C’è chi si dispera, c’è chi non parla, c’è chi non è interessato. È il 15 agosto, l’Assunzione di Maria. (Le campane. Primo rintocco) “Quando mastichiamo un Cracker, il rumore che percepiamo dentro di noi è maggiore rispetto al rumore che sentono le persone che ci sono accanto”. (Secondo rintocco) “E così quando proviamo dolore”. (Terzo rintocco) La Malattia, nel corpo di lei, ci racconta la storia durante l’ultimo giorno di vita. (Quarto rintocco) La Madre con la vestaglia a fiori, il Nipote con le scarpe slacciate, l’Anziano che sputa, l’Amica che aspetta un bambino, il Pazzo del paese, il Prete, il Randagio a tre zampe. Arriveranno tutti a trovarla. (Quinto rintocco) Sbocciano i fiori. E l’aria brucia. (Silenzio)

La Compagnia Occhisulmondo, fondata da Massimiliano Burini e Arianna Cianchi, insieme a Daniele Aureli, Amedeo Carlo Capitanelli, Matteo Svolacchia, Daniel Anton Taylor e Michele Bigerna, debutta sulla scena nel 2008, dopo un intenso lavoro di ensemble. Il gruppo è stato arricchito nel 2011 dalla presenza permanente di Greta Oldoni, e nel 2017 da Giusi De Santis, come organizzatrice e consulente artistica. In dieci anni la compagnia ha messo in scena dieci spettacoli, collaborando con realtà nazionali e internazionali.
Il percorso di ricerca della compagnia si orienta in modo trasversale su piani differenti: lo spazio, il corpo e la drammaturgia. “Una Compagnia è una cosa antica, non è cosa facile. La scelta dei componenti che ne fanno parte è stata il naturale incontro di alcune volontà, di comuni pensieri sul teatro, che ci hanno visto uniti nel sacrificio quotidiano, consci anche dei limiti di ognuno, limiti che insieme abbiamo sempre tentato di superare. Ci sono modi più facili di fare teatro, certamente, e anche di farlo meglio. Ma questa è la nostra scelta”.
Daniele Aureli Attore e drammaturgo. Durante il percorso di ricerca con Occhisulmondo, studia con Jurij Alshitz, Massimiliano Civica, Jared McNeill, Gastone Moschin, Francis Pardeilhan, Loris Petrillo, German Jauregui, Marzia Ubaldi, Graham Vick. Tra i vari spettacoli, in scena, è stato Scipione, Romeo, Arlecchino, Puck, Amleto. Tra le drammaturgie scritte: Quando c’era Pippo (finalista Scenario Infanzia 2012) e La Sindrome delle Formiche (finalista Hystrio Scritture di Scena 2016).

Radice assenza Elena Rosa – Catania
Ideazione e regia Elena Rosa
con Djibril Diao, Sara Firrarello
In voce Paolino Addario
Testi Adonis, Marcello Sambati
Luci Valeria Cariglia
In collaborazione con Spazio Oscena Catania

Essere radicati nell’assenza di luogo (Simon Weil).Tre figure esiliate, scritture reali del sud del mondo dove per essere è necessario un altrove: una figura femminile, in viaggio verso una terra di accoglienza, mette a dimora una radice per farla fiorire. Una figura maschile, un rifugiato, cerca il futuro nella semina di ciò che sarà. Una terza figura, assente, dà voce all’impossibilità di radicarsi in un luogo, essendo escluso da tutti i luoghi, divenendo presenza immateriale, mancanza e richiesta di asilo – “Ciao casa, posso stare un po’ con te?”. Come orfane del mondo non hanno accesso alla contemporaneità degli eventi e questa assenza le accomuna e le fa incontrare nello spazio ospitale che il teatro crea. Il loro smarrimento è richiesta di sguardo, le loro azioni sono gesti di congiunzione, le loro parole domande di comunità. La stranierità, alla quale tutti apparteniamo come condizione dell’essere contemporaneo, ci fa desiderare di ribaltare il mondo, di rivoluzionarlo e stracciarlo dal suo stesso essere mondo per riportarlo a essere terra, metamorfosi e cominciamento. Straniero, solo un mondo straniero poteva essere il mio (Jabès).

Elena Rosa Da circa quindici anni attiva come performer e sperimentatrice nel campo del teatro e del teatro-danza, lavora stabilmente a Catania insieme alla Compagnia Cuori Rivelati, di cui è fondatrice e regista. Dal 2010 dedica la sua ricerca artistica al tema della fragilità dei corpi esclusi, quali rivelatori di segni poetici e di scritture drammaturgiche. Riunisce nella sua compagnia attori che fanno del teatro un’urgenza.
L’incontro con Djibril Diao, rifugiato senegalese, ha rappresentato le sementi che hanno portato all’ideazione di questo progetto. Alla sua realizzazione collaborano due componenti della Compagnia Cuori Rivelati che seguono già da anni la regista e le sue sperimentazioni: Sara Firrarello, attrice, Paolino Addario, coinvolto in voce come figura assente. Alle luci, e alle ombre, anch’esse parte della dicotomia presenza-assenza di cui il progetto è impregnato, Valeria Cariglia.

Odissea, letture erranti La Ribalta Teatro – Pisa
di e con Alberto Ierardi e Giorgio Vierda
Musiche originali di Andrea Bambini, Pietro Borsò e Mauro La Mancusa
un progetto a cura de La Ribalta Teatro-The Thing-Teatro Lux Pisa

L’avventura del celebre Ulisse, funge da bussola per raccontare “l’erranza”. Ulisse, l’ospite, lo straniero, il naufrago, il viaggiatore, a confronto con la nostra generazione che si può considerare la più errante di sempre a livello globale. Abbiamo scelto lo strumento della “lettura musicata”, capace di veicolare le funzioni epiche, commotiche, e narrative. Il codice utilizzato, quello dell’intreccio tra musica e parola, è incarnato nella tradizione, e al tempo stesso rima con i linguaggi più contemporanei della performance, e del teatro di ricerca. La lettura attraversa passi celebri del poema omerico, affiancando a questi, frammenti di letteratura contemporanea, e stralci di cronaca: dalle voci dei migranti sui barconi che solcano il mediterraneo, ai cult della beat generation. La musica originale, è ricavata dal ritmo del verso omerico, arrangiato,e riproposto attraverso un melting pot di generi musicali, dal blues all’elettronica, dalla rumba al folk della word music.

La ribalta teatro nasce nel 2013 dall’incontro tra Alberto Ierardi e Giorgio Vierda, dopo il percorso di formazione comune alla Civica Accademia d’Arte Drammatica “Nico Pepe” di Udine. Dopo anni di lavoro sulla coppia comica e alla ricerca di una forma di giullarato contemporaneo, la compagnia si allarga e diventa un luogo di collaborazione dove le proposte di tutti vengono messe in scena con l’aiuto del gruppo. Tutti i componenti hanno una formazione attorale, dunque l’approccio al lavoro sia su testi inediti nostri che su testi di altri autori è fortemente artigianale. La ribalta teatro è composta da Alberto Ierardi e Giorgio Vierda (Registi, Attori e Autori della Messa in Scena). Musiche originali di Andrea Bambini, Pietro Borsò e Mauro La Mancusa

Angst vor der Angst Welcome Project – Berlino (Germania)
di e con Chiara Elisa Rossini
assistenza e cura Katia Raguso

Welcome Project inizia un nuovo percorso produttivo, con Angst vor der Angst si propone di affrontare il tema della paura. Le paure, spiriti irrazionali e divini, si impossessano di persone, paesi, città e persino intere nazioni quando queste perdono il contatto con il proprio materiale inconscio, quando ignorano i conflitti e gli emarginati. Il desiderio di intraprendere questa nuova ricerca artistica nasce, ancora una volta, da una necessità innanzitutto personale: quella di affrontare le crepe che si aprono nelle ore della notte e del sonno. Il desiderio è quello di indagare la connessione tra le paure individuali e quelle collettive. Una sola persona in scena. Una drammaturgia che intreccia sogni, fiabe italiane, fiabe delle cultura tedesca ed europea, ricordi e filastrocche, poesie modi di dire, saggi popolari e saggi accademici. I telegiornali e le promesse dei politici, le loro minacce e gli scenari che sanno dipingere.

Welcome Project – The Foreigner’s Theatre è una formazione emergente al femminile, nata a Berlino nel 2015 da un’idea di Chiara Elisa Rossini. Perché Welcome Project – The Foreigner’s Theatre? Il Teatro è un luogo altro, governato da proprie regole e leggi, al suo interno siamo tutti stranieri alla ricerca di intimità e dignità. Al momento il gruppo è composto da quattro artiste professioniste che vivono in Germania, ma che hanno origini culturali differenti: Chiara Elisa Rossini, Aurora Kellermann, Ela Cosen, Babeth Woudenberg. La prima produzione di Welcome Project è stata Intime Fremde, che ha debuttato nel novembre 2015, presso Acker Stadt Palast di Berlino. Lo spettacolo, che è stato prodotto dal Teatro del Lemming in collaborazione con Tatwerk I Performative Forschung di Berlino, ha vinto il premio Crash Test 2017.

per una Rosa
Tableaux Vivants dal “Vangelo Secondo Matteo” di Pier Paolo Pasolini

attori, attrezzisti e costumisti della scena
Antonella Parrella, Gaetano Coccia e Francesco Ottavio De Santis

light design
Gennaro Maria Cedrangolo

messa in scena
Teatri 35

La performance “per una Rosa” è un omaggio a Pier Paolo Pasolini, alla sua Poetica, alle sue Passioni, alle sue Parole.
È uno studio liberamente ispirato al lungometraggio il Vangelo Secondo Matteo ed al testo “poesia in forma di rosa”, opere manifesto della produzione artistica di Pasolini dei primi anni sessanta, che hanno fortemente influenzato la nostra poetica e la nostra ricerca sul sacro, sulle iconografie e sui simboli.
Nel Vangelo secondo Matteo, Pasolini insiste nella ricerca di una forma poetica e arcaica del paesaggio, che fosse adatta a significare l’epifania del sacro nella concreta forma cristiana che intendeva descrivere.
La ricerca dell’arcaico nel cinema pasoliniano, non possiede la dimensione nostalgica e sembra voler additare una dimensione complessa e sfuggente del tempo, una sorta di fusione metastorica tra il passato evocato e il presente significante, che si manifesta attraverso la messa in relazione di fissità e movimento.
Il linguaggio tautologico della realtà, la tradizione figurativa ed iconografica, le sacre rappresentazioni, la messa in scena popolare, lo studio sui simboli, la relazione tra fissità e movimento, sono gli elementi che da sempre hanno accompagnato la nostra ricerca sulla tecnica dei tableaux vivants. Costruiti sulla musica, altro elemento centrale del nostro lavoro, i quadri viventi sono realizzati con pochi mezzi: poche stoffe, pochi oggetti e, soprattutto, i corpi degli attori che, facendosi modelli ed attrezzisti, compongono dinanzi agli occhi degli spettatori le tele.
Nulla è lasciato al caso così come nulla è superfluo. La dinamica della costruzione trova il suo equilibrio nella sospensione musicale di uno stop, nel fermo immagine di un’azione in divenire che costringe il corpo ad una tensione muscolare viva e pulsante.

La Regina Coeli Collettivo Balucani Svolacchia/Carolina Balucani – Perugia
regia e drammaturgia Carolina Balucani
scrittura di scena Matteo Svolacchia con Matteo Svolacchia
luci e suono Giacomo Agnifili

Un ragazzo di trent’anni viene arrestato in un parco e portato in carcere. In cella immagina di essere Gesù per poter reincontrare la sua mamma. La Madonna, a differenza delle altre mamme, può apparire dove vuole, anche in prigione. Gesù e la Madonna si incontrano. Alla fine del gioco Gesù muore. La nostra storia è ispirata alle vicende di giovani ragazzi morti in carcere ed è dedicata alle loro madri. Il protagonista del monologo è un ragazzo di borgata, che si paragona a Gesù e fantastica di esserlo. Il suo linguaggio è sporco, lontano da un italiano corretto. La figura di Gesù a cui si riferisce il protagonista è mutuata dall’immaginario popolare cattolico delle statuette e dei crocifissi. La religione cattolica, rasentando il feticismo, impone da sempre come valore la sofferenza della Madre e quella del Figlio. La Madonna è predestinata al pianto, suo figlio al sacrificio.
“Per La Regina Coeli abbiamo studiato alcuni casi di cronaca, Cucchi, Franceschi, Uva, ragazzi della nostra età morti in prigione. Con questo lavoro volevo restituire alcune zone buie relative a queste morti. Nel piccolo e nel concreto di accadimenti specifici – “tradotti” attraverso il gioco di immaginazione del protagonista – si mostra il non senso di come è andata. Dopo aver scritto il testo ho scoperto di avere davanti una specie di trattato sul dolore. Nel qui e ora della scena c’è un ragazzo agonizzante dopo l’arresto che si immagina di parlare con sua madre, si domanda cosa penserebbe sua madre delle sue ferite a morte e non vuole farla piangere”. (Carolina Balucani)
Carolina Balucani si diploma come attrice/performer al CUT di Perugia, scuola del Teatro Stabile dell’Umbria diretta da Roberto Ruggieri nel 2007. Autrice ed attrice di Thyssen (prodotto nel 2016 dal Teatro stabile dell’Umbria, regia Marco Plini) e L’ America dentro (Premio giovani realtà del teatro sezione bianco e nero 2012; Premio della critica al Festival Le Voci dell’Anima 2016 e Teatri del Tempo Presente 2013). Attrice in Purificati di Sarah Kane, regia Antonio Latella, 2007 e ne L’ora di ricevimento di Stefano Massini.
Matteo Svolacchia, performer/autore regista. Ha frequentato l’Accademia Mumos diretta da Gastone Moschin e da Marzia Ubaldi e continuato la formazione incontrando tra gli altri Jurij Alschitz, Danio Manfredini, Massimiliano Civica, Francis Pardeilhan, Jared McNeill, Matteo Tarasco, Sabine Van Der Steur. Dal 2008 fa parte della compagnia Occhi sul Mondo.

We are not Penelope – Sulla fedeltà Vuccirìa Teatro, Estigma – Catania/Roma, Cordova (Spagna)
testo e regia Joele Anastasi
con Antonio L. Pedraza, Nuno Nolasco, Joele Anastasi e Maria Teresa D’Agostino

Che cosa è la fedeltà? Per provare a rispondere abbiamo scelto di confrontarci con il mito di Penelope, moglie di Ulisse che passa venti anni a scontare sulla sua pelle il prezzo della fedeltà a tal punto da restare incastrata dentro il suo stesso sacrificio. Al punto da essere definita solo da questo. Penelope cessa di essere donna e madre in virtù della presenza ingombrante di un uomo assente. L’azione scenica assume quindi il valore di un rituale che pone gli amanti dentro un “non luogo” che si converte in spazio sacro: l’unico in cui il mito stesso può esistere e può generare nuove risposte.
Al centro della ricerca di We are not Penelope – Sulla fedeltà c’è il corpo – maschile – dei tre performer che si converte in un luogo in cui fare esplodere la condizione del femminino, avvicinando il modello archetipico del teatro stesso – la tragedia – alla performance. Riconoscendo al corpo la sua funzione di elemento originario del rituale di sacrificio ancestrale, si giunge a nuove possibilità di autodeterminazione, alla ricerca di nuove possibilità di esistenza del mito.
Vuccirìa Teatro Fondata, nel 2013, da Joele Anastasi ed Enrico Sortino. Il lavoro della compagnia si muove su una ricerca precisa di autoralità nel tentativo di creazione di un linguaggio che sia l’incontro tra una drammaturgia originale e una ricerca attorale attiva. Al centro del lavoro della compagnia vi è l’attore e le sue possibilità creative: la capacità di creare e dare vita dall’interno ai mondi che gli appartengono. Accanto a questo resta l’esigenza di rimanere ancorati alle parole, che scorrono feroci per arginare le ferite di un corpo logorato.
Estigma La traiettoria artistica della compagnia va verso un chiaro impegno per la ricerca scenica, l’uso di nuovi linguaggi e l’elaborazione di drammaturgie inedite. Accanto alla precisa volontà di non dimenticare l’ideale di un teatro anti-elitario, si delinea l’esigenza di intendere l’atto artistico come elaborazione di un rituale di verità e connessione tra spettatore e interprete.

Prof! Massimo Rigo – Alessandria
di Jean Pierre Dopagne
regia Alberto Giusta
con Massimo Rigo

Ci troviamo qui: in teatro. Infatti l’azione prevede che il Professore si trovi sul palcoscenico a raccontare la sua storia in seguito ad una decisione dei Ministeri di Giustizia e di Pubblica Istruzione. Potrebbe apparire come un’operazione ministeriale per promuovere qualcosa sulla sicurezza a scuola, sul bullismo o qualcosa del genere, ma la presenza del Ministro della Giustizia ha un’altra motivazione: il Professore sta scontando una condanna di ergastolo per avere ucciso a sangue freddo buona parte della sua quinta liceo con un fucile mitragliatore. Durante il monologo verremo guidati dal Professore attraverso un viaggio che abbraccerà quasi tutta la sua vita; partendo dagli insegnamenti di suo padre, passando per l’insegnante col quale imparerà ad amare la letteratura, la sfacciataggine degli studenti, l’aggressività dei loro genitori, la contrapposizione tra l’allegra routine della sua famiglia e i suoi tormenti sempre più predominanti. Fino a quel 17 febbraio.

Si tratta di una compagnia nata appositamente per la realizzazione del testo di Jean-Pierre Dopagne, Prof!. È l’incontro di due professionisti e amici che condividono la stessa visione di quello che è il teatro nella sua forma migliore a loro avviso: quello basato sul “qui ed ora” nella ricerca del rapporto tra gli attori e tra gli attori e il pubblico, estremizzandolo al punto da non capire se si tratta di testo scritto o parole dette in quel momento su iniziativa dell’attore.

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