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Presepe

Novembre 28
23:00 2007

Mi sento strano questa mattina. Mi ha svegliato la radio sveglia. Più precisamente Fabrizio de Andrè e il suo Testamento. “Questo ricordo non vi consoli… quando si muore, si muore soli”. Mi alzo. Simonetta ha preparato il caffè. Lo bevo. E penso. A mio padre. Non dimenticherò mai il suo viso, perché lo vedo ogni volta che mi guardo allo specchio. Amava ripetermi spesso due citazioni. Quella di William Shakespeare: “Siamo fatti della stessa sostanza di cui sono fatti i sogni”. Nonché quella di Arthur Schnitzler: “E nessun sogno è mai interamente un sogno”. In fondo non è affatto male il caffè. Peccato che la radio interrompa le mie riflessioni. Una notizia traumatica. Un indice sconvolgente dei tempi dolorosi in cui viviamo. Siamo, purtroppo, arrivati a questo! Non scherzo, sto dicendo sul serio. Anche i più innocenti simboli del Natale, come Gesù bambino ed il Presepe, da sempre i più cari all’infanzia, stanno in questi giorni aprendo un forte problema di convivenza fra religioni e culture, specialmente nelle scuole. Sono trascorsi tre anni da quando una sentenza del Tribunale dell’Aquila aveva imposto la rimozione del Crocefisso dalla scuola elementare di Ofena a seguito della richiesta avanzata da Adel Smith, presidente dell’Unione Musulmani d’Italia, il quale si è sempre caratterizzato per i suoi atteggiamenti fondamentalisti. Ed infatti, anche negli anni successivi, sempre ad Ofena (la cittadina abruzzese dove vive Smith) per non offendere la sua sensibilità e quella della sua famiglia, si era preferito rinunciare del tutto al Presepe e ai canti di Natale, sia nelle scuole che nelle strade. Tutto questo è inaccettabile. Spero che almeno in questo prossimo Natale del 2007 le cose andranno diversamente. A questo punto, senza neppure radermi, esco. Camminando sul lungomare, continuo a riflettere. Rimane, comunque, un fatto grave che noi italiani, che viviamo in una comunità che ha profonde radici cattoliche, siamo obbligati ad assistere inermi e questo storpiamento religioso. A questo punto si può ben parlare di razzismo al contrario. Queste scelte, a mio parere, non appaiono, infatti, motivate da senso di rispetto e tolleranza per le altre religioni ma costituiscono, invece, una vera e propria rinuncia alla difesa dei nostri valori cristiani e tradizioni culturali. Ma l’esposizione del crocifisso (così come il Bambino del Presepe) non lede in alcun modo la libertà dei mussulmani e degli ebrei (o degli atei), come non ledono la libertà dei cristiani le stelle di David dello Stato ebraico o le mezze lune delle bandiere islamiche. Difatti le recenti esperienze insegnano che abbiamo, sparsi per l’Italia, educatori vittime della sindrome di Stoccolma, che solidarizzano ostentatamente con chi sta sequestrando i valori cattolici fino a togliere il Crocifisso dai muri e Gesù dal testo di canzoni e preghiere natalizie, nonché dal Presepe. Penso che noi cattolici dovremmo uscire dal letargo e dal torpore e cominciare, intanto, a chiedere ai mass media di dare maggiore attenzione al significato cristiano del Natale, come del resto ha anche recentemente consigliato Papa Benedetto XVI. Se, invece, restiamo in silenzio di fronte a queste vicende, si potrebbe con il tempo arrivare ad una violazione della libertà dei bambini, ai quali potrebbe essere scippata del tutto la festa più simbolica dell’infanzia: la nascita di Gesù. Il principio di tolleranza è certamente, in primo luogo, un valore a difesa delle minoranze; ma anche le minoranze debbono prender serenamente atto dei modi di essere, di sentire, di esprimersi della maggioranza. E rispettarli. Speriamo che, sull’onda di quando è successo ad Ofena, triste cittadina senza Natale, certa magistratura non voglia eliminare anche in altre città i festeggiamenti tradizionali come il presepe, cosa peraltro avvenuta, oltre che ad Ofena, anche in molte altre scuole emiliane e romagnole su indicazione di alcuni insegnanti. Ed io, romano de Roma, da cittadino dell’Urbe auspico un ritorno alla riscoperta delle nostre tradizioni. Un’ultima occhiata al mare. Poi torno a casa, con la mia barba e la mia stanchezza.

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