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Quando lo stress colpisce anche i bambini

Giugno 30
23:00 2009

I bambini non sono sempre felici e spensierati come ci piacerebbe credere. Lo stress colpisce sempre di più anche loro, che lo manifestano con mal di pancia, emicranie, incubi e disturbi del comportamento. Di per sé è una manifestazione che fa parte della vita e sono pochi coloro che non ne sono toccati, per troppo lavoro o carichi familiari pesanti. Se occasionale e di breve durata, lo stress può aiutare la persona a reagire, a far fronte a situazioni alle quali non si può sfuggire e ad affrontare le inevitabili frustrazioni dell’età adulta. Tuttavia, se presente in entità e durata eccessiva, può rivelarsi pericoloso soprattutto durante l’infanzia, in cui si è molto sensibili alle tensioni e ai distacchi. In questo caso, nei più piccoli compaiono mal di testa e mal di pancia mentre nei più grandi si registra un aumento della distrazione e dell’aggressività correlatate da cali scolastici e da una parvenza di indifferenza verso tutto e tutti. Nei casi più seri, il disagio si mostra con la comparsa di tic muscolari, ansia e un senso di forte svalutazione. Come spiega Antonio Popolizio, psicologo e fondatore del Cenpis di Roma – centro che si occupa di psicoterapie volte al potenziamento psicologico delle persone – “i bambini in età prescolare somatizzano perché non hanno coscienza di quello che accade: non riescono ad esprimere il loro malessere psicologico, come potrebbero dunque organizzare delle difese?”. “Considerando lo stress alla stregua di un batterio, continua l’esperto, “i più piccoli lo buttano dentro, al contrario dei più grandicelli, che vanno dai sei ai dieci anni, che lo buttano fuori, difendendosi dal disagio con i comportamenti manifesti”. Quando aumenta lo stress, nell’organismo dei bambini si verifica l’aumento di cortisolo, un ormone prodotto dai surreni che funge da campanello d’allarme per allertare gli altri organi del “pericolo imminente” . Ma quali sono le cause scatenanti di un’ansia così precoce ? Secondo una ricerca del Cenpis, effettuata nelle scuole di Roma tra il 2005 e il 2007, al primo posto vi la paura che i genitori si separino (47%), un evento molto angosciante per i figli, che lo vivono quasi come un lutto di una persona cara, attribuendosene la colpa e pensando di non essere stati abbastanza bravi in casa o a scuola ; al secondo posto si trova la paura di non riuscire in un certo compito (28%). La chiave risolutiva sta nel non caricare i figli di eccessive aspettative sulla riuscita scolastica e sportiva. I bambini devono poter avere degli spazi in cui fantasticare, giocare, qualche volta persino annoiarsi, situazione che possono fronteggiare mettendo in atto le mille risorse della propria fantasia. Contrariamente, oggi i genitori spingono troppo sull’acceleratore della competizione, creando nei figli la paura e l’ansia del “non riuscire”. I bambini vengono iscritti a innumerevoli corsi nel tentativo di offrirgli maggiori opportunità, mentre si rivela molto più profiquo il cercare di capire quali sono i loro interessi, i loro bisogni e i loro talenti per poi aiutarli a svilupparli e ad approfondire le attività che reputano più interessanti. L’importante è suscitare in loro la voglia si scoprire, il piacere di conoscere, di leggere, legando l’apprendimento a situazioni concrete. Come sostiene il grande poeta e filosofo libanese Khail Gibran ne Il Profeta, rivolgendosi ad una madre: “Voi siete gli archi dai quali i vostri figli sono lanciati come frecce viventi. Potete dar loro il vostro amore, ma non i vostri pensieri”. Parole da ricordare in ogni occasione, soprattutto quando sono in atto dei conflitti familiari in cui il bambino viene usato di tramite tra un coniuge e l’altro con l’onere di portare messaggi svalutativi sul piano psicologico. O quando obblighiamo il bambino a misurare in modo ossessivo i propri risultati paragonandoli a quelli degli altri. I piccoli devono avere degli obiettivi commisurati e da attuare nel tempo, senza dover essere sottoposti ad inutili e devastanti pressioni o a corsi e prove che simulano una piccola Oxford in miniatura in cui vengono selezionati i più bravi. Devono poter assimilare le sconfitte e considerarle come mezzi per giungere alla vittoria. Poiché, come sostenne la grande pedagoga Maria Montessori, ogni bambino ha un proprio percorso di apprendimento che va rispettato.

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