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Rifiuti tossici indesiderati

Luglio 14
11:03 2012

Il Brasile, forse per la mancanza di una fiscalizzazione rigida, è la destinazione scelta dalle imprese europee per liberarsi dai loro rifiuti sanitari.

Tonnellate di residui e tessuti contaminati acquistati da persone senza scrupolo per essere riutilizzati. Come se non bastassero questi abusi, il fragile territorio dell’Amazzonia è usato dalle imprese nazionali e dalle multinazionali come discarica per i rifiuti tossici, infrangendo le norme ambientali. I rifiuti contengono cloro, piombo e pesticidi. Il primo episodio d’importazione di rifiuti da paesi industrializzati risale al 2009, portando il ministro del medio ambiente dell’epoca a dichiarare: “Il Brasile non sarà l’immondezzaio del pianeta”. Nel settembre dell’anno passato, un altro carico di rifiuti contaminati è arrivato sul litorale brasiliano. Contenitori di rifiuti sanitari, disimbarcati al porto di Suape, nello stato di Pernambuco, provenienti dal porto di Carlstone, Stati Uniti d’America. In Brasile importare materiali pericolosi per la salute pubblica, è severamente proibito. Il carico era composto di tessuti e panni usati in chirurgia, con siringhe, lenzuola e drenaggi. In un altro deposito sono stati trovati lenzuoli con indicazioni di ospedali americani, importati da uomini d’affari nel commercio di tessuti. Individui con pochi scrupoli che utilizzavano anche questi rifiuti pericolosi per  produrre tessuti di abbigliamento. La scoperta è stata fatta solo nella fase di commercio e vendita. Nel corso delle investigazioni, altre sessanta tonnellate di rifiuti sanitari provenienti dalla Spagna, confermavano l’uso dei tessuti per la rivendita in Brasile, a prezzi ridotti. Il tutto è stato incenerito nell’attesa di individuare le responsabilità. Un’altra volta si è constatata l’importazione di altre venti tonnellate di rifiuti provenienti dalla Spagna. La localizzazione è stata eseguita nel porto di Itajai, nello stato di Santa Catarina. Il carico era costituito da lenzuoli, tovaglie, tappeti, camicie e uniformi sporche con indicazioni di un ospedale spagnolo e di hotel. La vigilanza sanitaria ha costatato il rischio alla salute delle persone. A Ulianopolis, nello stato del Parà, giganti come la Pepsi, la Yamaha, la Shell e la Petrobras, presero contatto con l’impresa Uspam, per raccogliere residui tossici, trattarli e dargli un destino adeguato, tra il 1999 e il 2005. In questi cinque anni, l’impresa ha “alloggiato” 25 tonnellate di residui tossici compromettendo un fiume prossimo a Ulianopolis. Nel 2006 la giustizia dello stato del Parà, chiuse l’attività dell’Uspam, perché la destinazione dei rifiuti non era adeguata. Almeno cinquanta imprese negli ultimi venti anni hanno lanciato rifiuti tossici nella foresta. Il recupero dell’area è stimato in tre miliardi di dollari. Nella foresta ci sono ancora quattro tonnellate di rifiuti. “Sviste” ambientali come queste, danneggiano gravemente la popolazione e compromettono il futuro. Mancano, come il solito, azioni preventive e punizioni agli infrattori.

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