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C’è un’ape che si posa / su un bocciolo di rosa: / lo succhia e se ne va… / Tutto sommato, la felicità / è una piccola cosa. Così scriveva Trilussa nella poesia Felicità del 1939 con un sottinteso tutto personale, riferito alla sua governante corese Rosaria Tomei, per il poeta: Rosa.
Aveva una quindicina d’anni quando lui, che doveva presentarla a Petrolini, decise di tenerla con sé, alternando periodi più e meno brillanti, soprattutto quando attraversò momenti di seria difficoltà economica.

Eletto senatore a vita nel 1950, morì venti giorni dopo, il 21 dicembre del 1951, lasciando la sua Rosa con il rimpianto di non averla sistemata. E la donna caparbiamente tentò di tenere in piedi la casa del poeta romanesco con l’intento di farla diventare museo, ma venne sfrattata qualche anno dopo. Conservò le sue preziose poesie e lottò affinché la memoria di Trilussa venisse conservata e tramandata. Una volta fuori casa, visse ospite della sorella e vagò poi da un posto all’altro, da un ospedale all’altro, trattata da semianalfabeta, denigrata, lei che con il maestro aveva condiviso momenti culturali importanti, che parlava e traduceva il francese e l’inglese, che aveva appreso ed ereditato la sua arte poetica. Morirà a soli cinquant’anni.
Nel bel libro di Secondina Marafini, edizioni Aracne, questa storia emoziona e prende corpo insieme alla poetica di Rosa Tomei, suffragata da ricerche d’archivio e una documentazione puntigliosa. Lo ha presentato l’autrice nella Sala Nobile di Palazzo Savelli ad Albano, in occasione della Festa della Donna. Ci sono stati diversi momenti molto toccanti e significativi, intervallati dalle splendide voci della corale femminile Eos e dalla recitazione di Bruna De Felici, in una partecipata manifestazione coordinata da Ada Scalchi, nella quale si è reso omaggio, anche attraverso foto d’epoca, a una donna che non meritava di finire nell’oblio.