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Storie … e dintorni con musica

Storie … e dintorni con musica
Marzo 15
12:06 2016

Prima dell’avvento dei giornali, i cantastorie avevano la funzione di diffondere le notizie degli eventi più importanti andando in giro per le piazze delle città, accompagnando la narrazione delle “storie” con la musica. Gli “strilli” dei quotidiani venduti per strada sono un retaggio di quelle vecchie usanze.
Le piece teatrali di Teresa Polimei – Un caffè napoletano corretto al Brasile, Storie di Napoli fra vicoli e facebook e l’ultima, andata in scena il 12 marzo al teatro Affabulazione di Ostia, Storie … e dintorni con musica – possono essere intese come una versione teatrale dei cantastorie del tempo passato. Ma a differenza di questi, i protagonisti delle piece della Polimei, tutti rigorosamente femminili, narrano storie con una precisa morale. Nei precedenti lavori, Un caffè napoletano corretto al Brasile e Storie di Napoli fra vicoli e facebook, la diversità delle vite e dei luoghi d’origine delle protagoniste diventa uguaglianza di desideri, di sogni, di progetti per il futuro, permettendo il dialogo con un arricchimento spirituale reciproco. Il messaggio era quindi l’uguaglianza dei sentimenti e delle aspirazioni dell’uomo pur nella diversità delle persone.
Nell’ultimo lavoro teatrale, Storie … e dintorni con musica, invece, il messaggio è un chiaro monito a non permettere alla tecnologia di soffocare il calore e l’insostituibile potere terapeutico dei contatti umani. Un improvviso blackout elettrico toglie la luce nell’appartamento condiviso dalle quattro protagoniste e le costringe anche ad abbandonare i loro smartphone, tablet e pc. Una nuova luce, però, si accende dentro le loro anime: la luce del dialogare diretto fra le quattro donne, che nell’oscurità del loro appartamento riscoprono, obtorto collo, la bellezza del raccontarsi le loro storie e più ancora del confidarsi i loro più segreti pensieri guardandosi in faccia e non più dialogando con sconosciuti attraverso facebook e altri social network, alla ricerca affannosa di qualcosa di nuovo che possa dare un senso alla loro giornata. Senza volerlo, riscoprono le abitudini degli arabi dei secoli d’oro dell’Islamismo, che amavano trascorrere le serate, nel deserto, raccontandosi storie del passato, permettendo in tal modo la trasmissione dell’antico sapere per via orale. Forse non è un caso la comparsa improvvisa, nella piece, di una danzatrice orientale, che non è una inquilina dell’appartamento condiviso dalle quattro protagoniste. Le sue danze del ventre, ballate con la musica di chiara ispirazione partenopea, ci fanno rivivere quelle esotiche atmosfere medioevali dell’Islàm, stabilendo in qualche modo anche un legame simbolico con la nostra civiltà, specialmente del Meridione d’Italia. Non mancano le riflessioni filosofiche incoraggiate dall’oscurità dell’appartamento. La più giovane inquilina, interpretata dalla sempre frizzante Anita Arena, riscopre un’idea che ebbe già lo scrittore Francis Scott Fitzgerald nel 1922 e portata, nel 2008, sul grande schermo dal regista David Fincher nel film Il curioso caso di Benjamin Button: pensare di invertire il corso della nostra vita nascendo vecchi e concludendola in bellezza nel ventre materno, anzi, ancor dopo, in «un bell’orgasmo…», come recita, con grande disinvoltura, il monologo tratto dal film. Accanto alle aspirazioni segrete delle inquiline dell’appartamento privato della luce elettrica, ma vivificato dalla luce dell’interiorità delle quattro donne che sembra trovare il coraggio di esternarsi al riparo della oscurità fisica, non mancano le denunce sociali su temi attuali: la tragedia delle assurde e disumane morti dei migranti, sui famigerati barconi che temerariamente sfidano le acque del Mediterraneo alla ricerca speranzosa di una nuova “patria” dove poter vivere e lavorare in pace.
Ma poi, improvvisamente l’incanto si rompe: fiat lux! La corrente elettrica ritorna e con essa la luce nell’appartamento, la connessione internet nei vari tablet e pc ma muore quella luce interiore che si era accesa proprio grazie al blackout elettrico. Tutto ritorna nella fredda normalità della routine dei giorni nostri tecnologici.
Ancora un plauso alle quattro coinquiline interpretate – oltre la già ricordata Anita Arena – da Teresa Polimei (alla quale si devono anche la regia e gran parte dei monologhi), Luisa Nassi e Antonella Raimondi. Sempre bella la voce di Carla Costigliola, degnamente accompagnata da Mario Albanesi alla chitarra e da Marco Palladini al basso. Veramente professionale e inattesa l’interpretazione della danzatrice del ventre, Stefania Giannetti. Suggestiva nella sua essenzialità la scenografia e incisiva, nella sua spontanea teatralità partenopea, l’introduzione del narratore fuori scena interpretato da Egidio Manna.

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