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Straordinariamente Umano

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Aprile 01
02:00 2007

26.3.’07, conferita la Laurea Honoris Causa in giornalismo a Sergio Zavoli (Ravenna, 1923). Il brano che segue è l’attacco della sua Lectio Magisralis “UN SAPERE E UN POTERE NUOVI”: «Si fa strada una percezione non nuova, ma che un clima di tensioni, nostre e internazionali, rende più evidente: l’informazione, corretta fino a ieri alla mera conoscenza dei fatti e degli eventi, è sempre più responsabile del loro mutare ed evolversi in rapporto al modo in cui vengono comunicati: non soltanto per l’antico, endemico e irrisolto problema della distorsione dolosa della realtà, ma anche per quello della trasformazione del reale dovuta, anche senza dolo, ai mezzi e ai modi per comunicarlo […]». Abbiamo pienamente goduto del “miglior” Zavoli di sempre, o più semplicemente, quello laureato Honoris Causa in Giornalismo. Zavoli ora straordinariamente umano nell’emozionarsi come uno scolaro, nel momento del conferimento della laurea. Le generazioni e vite che hanno vissuto …sopravvivendo e fisicamente, gli orrori e traumi della Seconda Guerra, e in Italia, e che hanno vissuto e visto… tutto il resto fino ad oggi, sono vite che vanno conosciute, fatte proprie, onorate e rispettate. Se poi queste si sono spese e impegnate nel giornalismo e nella comunicazione in generale come il maestro, allora senza dubbi dico che queste vite sono per sempre trascendentali. Zavoli è un altro fondamentale cronospazionauta universale, qui nel giornalismo e nella comunicazione, e si legge bene nelle pagine e parole della sua Lectio. Ha vissuto la maturazione della radio (un “coraggioso” giornale parlato nella bombardata Rimini la sua prima esperienza “giornalistica”, ricordata nella bellissima e toccante Laudatio del Prof. Raul Mordenti, che si è soffermato ora sullo Zavoli persona “umana”, e nel fare il suo mestiere: «mi piacerebbe sostituire questa Lectio con una lunga e genuina chiaccherata» aveva esternato il maestro di fronte a un sorridente pubblico) e… vive insieme a noi l’evolversi dell’attuale mondo, mass mediatico («fosse per me scriverei con la penna d’oca!»), soffermandosi duramente ora sugli abusi dell’immagine (“vallettopoli&Co”), sull’uso “straordinariamente” violento dell’immagine (televisiva) stessa: molto probabilmente è rimasto scioccato anch’egli dalla recente “intervista” fatta da una televisione di Hamas ai bambini figli di una madre kamikaze, in cui il “giornalista” sollecitava i bimbi a indicare con le mani il numero di israeliani uccisi dalla madre. Mio Dio. Vite ed esperienze come quella di Zavoli le nuove generazioni e di “persone di comunicazione” devono ora semplicemente onorare, prendere il testimone e continuare l’ardua strada della parola, cui uso valoroso, virtuoso e forte è ancora oggi il tratto caratteristico e portante del maestro. Il giornalismo, la libertà di informazione e di stampa oggi (soprav)vivono ancora in contesti e scenari di guerra propriamente detti certo, in contesti di “attriti” oggi molto peggiori, ma quelli più pericolosi e infidi si nascondono purtroppo anche nel “civico e civile” occidente tutelato ora da “sicuri” “ombrelli costituzionali”, ma ancora profondamente segnato, e in Italia (dove Zavoli scrive del giornalismo: «…un sistema in qualche misura incompiuto, e comunque ancora fragile…»), da una sconcertante e anacronistica debolezza prima di tutto morale e politica, tanto a livello nazionale che locale, soprattutto. Contesti dove il talebano è semplicemente il “concittadino” (o “compaesano”) incivilmente ignorante, illetterato e, nel caso peggiore, forte e/o potente. Purtroppo la dignità e valore dell’individuo umano, la vita umana stessa, devono lottare costantemente e quotidianamente ora incredibilmente anche nel “civico e civile” occidente “esportatore di democrazia”, dove anche qui queste sono calpestate, ignorate, sacrificate, violentate, svalutate o peggio. L’Ateneo che quest’anno festeggia i suoi 25 anni (1982), oggi si sta sempre più ritagliando un particolare ruolo da protagonista nello studio umanistico e del giornalismo. Il preside di Lettere F. Salvatori (presidente della Società Geografica) nel suo saluto aveva ribadito l’investimento culturale sull’aspetto comunicazione e di «ridisegnare le fondamenta culturali dell’uomo»

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