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Torna il rischio “bolla”?

Aprile 16
06:45 2012

Da qualche tempo a questa parte, l’attenzione dei mercati finanziari ed in genere dei “media” si è concentrata sul differenziale fra i tassi di rendimento dei titoli di stato tedeschi e quelli italiani, l’ormai famoso “spread”, esasperando a volte i toni e facendo (volutamente?) crescere l’ansia al potenziale investitore già molto confuso di suo. Questo monopolio dello spread ha messo in secondo piano, almeno nei confronti della gran parte della platea interessata, altre possibili problematiche a loro volta nate proprio dalla paura di collocare i propri risparmi nel modo fino allora consueto.

Ecco che molta parte della liquidità si è riversata nel bene rifugio per eccellenza, cioè l’oro, facendogli raggiungere quotazioni mai viste. Proprio questo impennarsi della quotazione del metallo giallo sta facendo riflettere gli analisti sul rischio di un suo brusco cambiamento di direzione, interrogandosi se la sua valutazione sia reale oppure si tratti di una possibile bolla finanziaria che certamente non avrà grandi ripercussioni, non avendo un mercato molto ampio, ma che comunque non lascerà indifferenti i mercati, dato che in quello dell’oro troviamo presenti i grandi patrimoni, che da sempre costituiscono un importante riferimento per tutte le società finanziarie. Una ulteriore riflessione è doveroso porla nei confronti del petrolio, non a caso definito “oro nero”, non solo a causa dei prezzi ormai sempre fluttuanti verso l’alto, ma soprattutto perché rappresenta un termometro per misurare sia l’andamento della produzione industriale che una facile soluzione per la voracità del fisco. L’instabilità politica, le tensioni sociali e le guerre sempre presenti nei paesi produttori di questa “utility”, sono fattori che ne influenzano molto la produzione e di pari passo il prezzo. Ci troviamo ad assistere ad un inasprimento del braccio di ferro nei confronti dell’Iran, uno dei maggiori produttori di petrolio al mondo che, unitamente alle difficoltà di rilancio della Libia e del peggioramento dei rapporti internazionali con l’Algeria, costituiscono l’attuale scenario che rischia di diventare esplosivo nel far lievitare di molto la valutazione dell’oro nero. Già oggi gli esperti di questo settore stimano in 20/25 dollari al barile(con il Brent a 125 dollari) il sovrapprezzo dovuto alle tensioni in medio oriente, ma si spingono a dichiarare che se le tensioni con l’Iran dovessero peggiorare, il barile potrebbe toccare quota 200 dollari, raddoppiando perciò il reale valore del bene. Dal punto di vista dei fondamentali la domanda resta sostenuta sia in Cina che in India, nazioni in forte sviluppo industriale ed incremento demografico, ma(fortunatamente)cala di anno in anno sia in Europa che in America non tanto per la debolezza della crescita economica, che pur esiste, ma soprattutto per lo sviluppo delle energie alternative che rappresentano la bella novità in campo energetico. Il settore del petrolio nasconde quindi un latente pericolo che però sembra poter essere ammortizzato da due fondamentali riflessioni: la prima riferita al campo politico dove è sperabile che le tensioni fra Iran,America ed Israele si stemperino e restino confinate a sporadiche scaramucce, la seconda è che il previsto apprezzamento del dollaro nei confronti delle principali valute, soprattutto nei confronti dell’euro,rappresenti un bilanciamento valutario che porti ad un sostanziale equilibrio del prezzo. Un terzo importante elemento di rischio è costituito dal forte apprezzamento di alcuni titoli azionari, in particolare nella Borsa americana dove negli ultimi cinque mesi,alcune azioni hanno messo a segno incrementi del 70%(ad esempio Apple).Nelle stesse Borse gli indici del Nasdaq e dello Standard & Poor’s 500 sono saliti del 30%, contro il 20% dell’indice Eurostoxx 50 e Ftse Mib, denotando una accelerazione delle quotazioni, ma non creando ancora un rischio bolla, anche se il perdurare della crisi economica ed il ritardo della ripresa non giustificherebbero questo comportamento finanziario. L’ultimo importante elemento finanziario da valutare è costituito dalla ingente, corposa iniezione di liquidità messa in campo dalla Banca Centrale Europea (BCE), che ha prestato impressionanti quantità di denaro alle banche europee a tassi stiacciatissimi (l’ultimo è stato al 1%). Se da una parte,quindi, le banche hanno potuto ricapitalizzarsi a tassi bassissimi, allontanando molte delle perplessità sul rischio fallimento di alcune di esse, dall’altro c’è il rischio neanche tanto latente di un’impennata dell’inflazione che rappresenterà una spada di Damocle per i prossimi anni. Ecco dunque che se da una parte si cerca di curare un male, dall’altra c’è il rischio di farne venir fuori uno talvolta peggiore. Non siamo, fortunatamente, in questa situazione ma bisognerà applicare una forte attenzione a questi quattro settori (e non solo a questi)nei prossimi tempi per monitorarne l’andamento ed essere pronti a mettere in campo soluzioni tranquillizzanti. Tutto questo compete alle forze politiche che con le loro scelte traccino un percorso virtuoso che favorisca la crescita che da tempo è preoccupantemente assente dalla scena sociale. Ed è questo un altro argomento di futura trattazione, non privo anche esso di perplessità e di rischio.

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