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Tra mito e storia

Gennaio 10
10:19 2012

Nell’opera di Aldo Onorati si riscopre proprio quel confine indefinibile tra storia e mito, tra razionalità e irrazionalità recuperando, tra i personaggi incontrati nelle pagine del libro, proprio l’emblema dell’origine primigenia dell’uomo. Sono essi protagonisti di un’epoca ora lontana anni-luce in questa nostra realtà castellana, eppure vicini a noi quando le voci e l’espressiva interpretazione dei bravi Massimo Chiacchiarelli e Paolo Di Santi rievocano le umanissime vicende dei personaggi onoratiani: vita e gesta legati ad un ciclo vitale a stretto contatto con la terra, con il lavoro rurale di una lontana realtà contadina castellana, con quel che di più vitale essa dona quando si è sopraffatti dal peso dell’esistenza, quel liquido che offre delizia e abbandono: il vino. “Quello che esce deve da rientrà sennò s’asciuga la panza e addio cervello” fa dire l’autore della Saga a Giovenale mentre beve a garganella il vino di grotta nel brano “Il sogno trasparente”. “A noi poveracci il riposo ci viene solo sottoterra” sentenzia Sbuciapanze al funerale di un suo compagno d’osteria: siamo in bilico tra chimera e realtà, in un sogno affabulatore. Il mito riaffiora nei momenti in cui la creatività riemerge, quando per sempre sembrava essere stata deposta nell’oblio della razionalità. “Cambiando le carte io salirebbe in cattedra e li scienziati andrebbero a farsi una cultura vera nelle miniere!”, fa dire lo scrittore ad Ottone come protesta al regime borghese. La presenza di personaggi dai soprannomi più vicini ad una cruda realtà, essi stessi nudi ed essenziali nel loro quotidiano approccio alla vita, conduce il lettore a vivere «un crudo realismo che sfuma nell’onirico» fa notare Campegiani, aggiungendo che «tali personaggi stralunati e sanguigni hanno connotazioni simbolico-mistiche».

“Gervaso liberò i dentoni dal labbro superiore, mi sembrò un animale” descrive Onorati in “Una lunga interminabile notte”. Ama le radici Aldo Onorati e le esalta tra le pagine della sua Saga degli Ominidi; in questo modo entra nel vivo dell’umana realtà, dipingendo uno spaccato antropologico che riporta alle origini ed entra nella storia. Nel corso dell’incontro Franco Campegiani ha messo in risalto come in ogni parte della Saga trapeli ironia e formula un interessante paragone tra la realtà descritta da Pasolini – il quale sintetizza una simbiosi tra il mondo rurale e il vivere civile – e Onorati dove il mondo contadino pone resistenza e vuole essere se stesso, senza pur tuttavia farsi emarginare. Così nel vino ogni personaggio della Saga cerca consolazione fino ad arrivare agli estremi sacrifici, insegnando che alla terra non si sfugge, che non si rinnega il legame con gli elementi. E il mito della comunione dell’uomo con tutto ciò che lo circonda, che lo porta in fondo a ricercare un bene nel rispetto ecologico di ciò che è parte di sé, indissolubilmente legato alla natura, è poeticamente espresso in “Plenilunio”: “Nacqui in estate di notte profonda … per questo amo la luna e le stelle … io vivo di notte, è la notte a darmi la carica … gioia di vivere … sarebbe bello morire alla luce purissima di questo cielo … ma qualcosa sospirò che la luna sarebbe tornata a nascere e … io non l’avrei vista più … stregata, amabile luna, amica degli spiriti teneri e solitari, emblema del mistero” . La piacevole serata, arricchita dai brani recitati con superba convinzione, si è conclusa con un interessante intervento dell’autore che ha ricordato, tra l’altro, le vicissitudini di questa sua opera, inizialmente rifiutata da molte case editrici e rivelatasi poi grande successo editoriale. Un incoraggiamento, ha concluso Onorati, per tutti coloro che vogliono affidare alla letteratura i loro pensieri, lasciando libero spazio alla fantasia e alla creatività.

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