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Un matematico scomodo – 2

Marzo 01
23:00 2009

Proseguiamo con l’intervista a Luca Nicotra sul libro Bruno de Finetti un matematico scomodo, da lui scritto assieme a Fulvia de Finetti e pubblicato dall’editore Belforte di Livorno, a fine novembre del 2008.

 

– Caro Luca, riprendo con vero piacere la conversazione sul libro che hai scritto con Fulvia de Finetti, partendo dal punto in cui ci siamo lasciati la scorsa volta. Ci hai detto che è stato concepito essenzialmente come un’intervista immaginaria, ma con risposte reali tratte dagli scritti di Bruno de Finetti. Come è nata l’idea del libro?

Fulvia aveva in animo di scrivere un libro sul padre, ma nutriva qualche perplessità: aveva timore di alterarne, anche se involontariamente, il pensiero che spazia dalla matematica all’economia, alla filosofia della scienza, alla statistica, all’automazione, ecc.. I vari campi scientifici in cui il padre ha dato contributi originali e riconosciuti a livello internazionale sono già di per sé tanti e importanti, ma ce ne sono molti altri di cui si è occupato con passione e autorevolezza. Era impensabile, quindi, scrivere a livello scientifico un libro sull’opera ‘omnia’ di Bruno de Finetti: non ne avremmo avuto la competenza (ma credo che nessuno studioso oggi, sia in Italia che all’estero, possa averla). D’altra parte, di scritti settoriali pregevoli e autorevoli sull’opera scientifica di de Finetti, nei singoli campi di cui si è occupato, ce n’erano già tanti. Quello che mancava era, invece, una ‘presentazione’ d’insieme che desse un’idea globale ma non generica di quello che Bruno de Finetti aveva fatto e aveva significato per la scienza, ma anche e soprattutto un’immagine dell’uomo, di cui poco o nulla conoscevano anche coloro ai quali era ben noto come scienziato. Dario Fürst, che fu suo assistente, disse una volta: «l’uomo pubblico de Finetti, lo stesso scienziato de Finetti è soltanto la punta di un iceberg, e la parte profonda di de Finetti è ancora sempre sconosciuta».

– Pur proponendosi ad un vasto pubblico, c’è un lettore privilegiato, un ‘Lector in fabula’, come direbbe Umberto Eco?

La conoscenza più ravvicinata della complessa personalità umana e scientifica di de Finetti, nelle sue varie sfaccettature, può fornire a tutti seri e forti spunti di riflessione su molti temi, non soltanto culturali ma anche etici. Tuttavia, il libro è idealmente rivolto soprattutto a un pubblico giovanile, perché il pensiero e il modo di porsi di de Finetti di fronte ai problemi della società sono ‘giovani’, hanno la vitalità della giovinezza. Fulvia ed io ci auguriamo che la lettura del libro possa anche contribuire a creare proprio fra i giovani nuove vocazioni scientifiche, di cui l’università italiana oggi patisce la crisi.

– Quindi il ‘Lector in fabula’ è soprattutto il pubblico giovanile. Come avete pensato di catturarlo?

Gia l’idea iniziale che, come ho già detto, era quella dell’intervista rientra in questa strategia. Ben presto, però, ci siamo resi conto che limitarci ad essa non era possibile per un personaggio ancora non molto noto al di fuori degli ambienti scientifici. Così abbiamo fatto precedere la parte dell’intervista da alcuni capitoli di tipo biografico.

– Però, mi sembra che anche questa parte presenti qualche particolarità insolita e davvero stimolante.

Sì, in effetti. La nostra preoccupazione è stata sempre quella d’interferire il meno possibile con le fonti primarie del libro, che per l’intervista sono gli stessi scritti di de Finetti, mentre per la parte biografica sono, oltre le testimonianze dirette della figlia Fulvia, alcuni scritti privati inediti di de Finetti e il diario meticolosamente annotato dai genitori, dalla nascita fino al suo decimo anno di vita. Così, per la ricostruzione dell’infanzia abbiamo lasciato parlare questa volta i genitori, attraverso ampi stralci di quel diario. Insomma, fin quando è stato possibile, ci siamo posti sempre rispettosamente in disparte, dietro le quinte, lasciando sul palcoscenico allo scoperto sempre lui, Bruno de Finetti.

– Molto interessante può essere per il lettore ‘comune’, non provvisto di specifiche competenze matematiche, l’incontro con il pensiero filosofico di de Finetti. E’ noto che la sua stessa maggiore opera scientifica, vale a dire la riedificazione dell’intera teoria delle probabilità secondo la sua concezione soggettiva, è nata da una sua impostazione filosofica dell’intera scienza, all’impronta dell’antideterminismo. Nel libro ne parlate diffusamente in modo chiaro e discorsivo, davvero avvincente. Ci sono altri temi del suo pensiero scientifico e filosofico che avete voluto privilegiare?

Ci siamo costantemente sforzati di non privilegiare nessun argomento, proprio perché abbiamo voluto fare un’opera il più possibile d’informazione, mantenendoci su un piano discorsivo e ‘affabulatorio’, come suggeriscici tu citando il saggio di Eco sul ‘Lector in fabula’. L’insistere su particolari tematiche del pensiero definettiano avrebbe significato voler ‘far scuola definettiana’. Questo è compito degli specialisti e dei seguaci di de Finetti, non nostro. Tuttavia, è certamente inevitabile che la nostra pretesa neutralità tradisca delle simpatie, un corteggiare certi messaggi piuttosto che altri. Questo forse traspare soprattutto nei capitoli dedicati alla didattica della matematica e alla sua concezione.

– Se dovessi dare agli insegnanti di matematica una direttiva per l’insegnamento della loro materia così come lo concepiva de Finetti, in due parole, cosa potresti dire?

 

Di non far studiare la matematica, bensì di farla scoprire dai loro studenti, partendo dall’osservazione di molti casi concreti, in modo che loro stessi tocchino con mano l’utilità e la bellezza dell’astrazione, intesa non come punto di partenza ma d’arrivo, non come «rifiuto del concreto» ma come «quintessenza e perfezionamento del concreto», come capacità di «condensare più nozioni o affermazioni particolari». Soltanto partendo da molte esemplificazioni concrete il discente «si può predisporre all’accettazione di astrazioni che appaiono giustificate, ed evitare così la reazione di rigetto che la via opposta spesso produce». (Fine)

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