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Una grande novità: ‘a patata lessa

Luglio 30
08:53 2012

Lo aveva annunciato in aprile il segretario del Pdl: «Subito dopo il ballottaggio delle amministrative annunceremo la più grossa novità della politica italiana». Tutti avevamo pensato che la proposta fosse il semipresidenzialismo alla francese ma, come sempre, abbiamo interpretato male le dichiarazioni. Finalmente la grande novità.

La più grande novità politica dopo la discesa in campo di Berlusconi nel 1994. “Berlusconi si candida a Palazzo Chigi“. Inizia il nuovo corso, una nuova verginità, via le “Olgettine”, via la Minetti (lo stesso Berlusconi l’aveva difesa a spada tratta in una trasmissione di Lerner definendola un politico preparato), via la vecchia guardia, pronti al rinnovamento con quote rosa. Riproponendo la sua concezione padronale del partito, dà il via al rinnovamento, in fin dei conti i suoi 76 anni sono giovanili visti dal Quirinale che ne vanta 87.
Certo il ritorno di Berlusconi riempirà pagine di giornali, televisioni e la gioia dei comici. Già nella prima intervista al giornale tedesco Bild, annunciando il cambio nome con un ritorno a “Forza Italia”, è iniziata la farsa: «La frase è stata equivocata, si trattava solo di un’idea, di una proposta, da discutere e da verificare nelle sedi proprie». I giuochi sono aperti. I sacrifici economici avviati dal Governo Monti sono noti, tutti siamo in attesa di provvedimenti che trovino i soldi dove sono, nelle alte sfere, negli sprechi, nella corruzione e fughe di capitali, tutto per tornare ad alimentare i bassi stipendi e pensioni della stragrande maggioranza dei cittadini. Certo il Governo Monti ha significato anche una nuova immagine internazionale, in grado di proporre ed imporsi a livello internazionale. Niente più goliardiche corna nelle foto, cucù dietro pilastri, o barzellette a gogò. Sobrietà e serietà hanno riposizionato l’Italia in Europa ed in ambito internazionale. Ora siamo anche pronti per tornare a divertirci.
Ma altre inquietanti nebbie si addensano sulle istituzioni italiane. La decisione del Capo dello Stato di sollevare conflitto di attribuzione davanti alla Corte Costituzionale contro la Procura di Palermo, per le intercettazioni raccolte sull’utenza di Nicola Mancino, apre un nuovo conflitto istituzionale. Signor Presidente, personalmente non posso condividere il suo comportamento, ed i motivi di questa posizione sono vari. Nella nostra nazione da oltre 40 anni non si riesce a far luce su nessuna delle stragi perpetrate. False testimonianze, deviazione dei servizi segreti nazionali, compromissioni politiche nazionali o internazionali, fascicoli top secret. Questi fatti mi inducono, se fosse ancora poco evidente, a sminuire la fiducia nelle istituzioni ed in molti suoi rappresentanti. Cosa aspettiamo per far uscire i fascicoli dal segreto. Questo è un suo impegno istituzionale e Lei stesso ha dichiarato di farsi garante nel perseguire i fatti fino al raggiungimento della verità.
Vi sono altri elementi importanti: il ricevimento di lettere e di pressanti telefonate (legittimamente intercettate nell’utenza di Nicola Mancino) a cui è stato dato credito e conseguente copertura istituzionale. Il rispetto per la Costituzione e per il Capo dello Stato sono fuori discussione; risulta anomalo invece il non aver rimandato al mittente la lettera e il non aver attaccato il telefono. Una considerazione: come Presidente del C.S.M., avrebbe dovuto Lei stesso denunciare il fatto. In questo caso si sarebbero difese le istituzioni ed il raggiungimento della verità senza gli ostacoli di palazzo.
In questo contesto vi è un’azione fisiologica di tutti i partiti, uniti nella difesa del palazzo (di cui sono parte integrante) e dei privilegi che negli anni li hanno posti al di sopra dei cittadini. Solo Di Pietro (denominato il forcaiolo) ha evidenziato le carenze giuridiche dell’azione, dovuto probabilmente ancora alla sua indole di magistrato. Dopo 20 anni, nel ricordo di chi ha perso la vita per la difesa ed il diritto dello Stato, non si possono accettare figure istituzionali intente a coprire un’inchiesta che, dopo i depistaggi di Stato e mafia, rischiano di annullare anni di indagini. Almeno questo lo dobbiamo a tutti i caduti per la lotta contro le mafie e la corruzione, e tra i tanti magistrati vediamo Borsellino e Falcone.

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