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“Ungaretti e Roma” di Marco Onofrio

“Ungaretti e Roma” di Marco Onofrio
Novembre 30
23:00 2008

9989-le-OnoratiQuesto straordinario libro ha una portata vastissima, che va ben oltre il titolo, in quanto Ungaretti e Roma sono il grimaldello per un’acuta interpretazione dei rapporti fra la letteratura e i luoghi abitati, frequentati dai poeti. Ungaretti ha avuto il suo periodo romano (ma anche castellano, a Marino: Onofrio ne parla a lungo), così come ha portato con sé, durante la vita, la sua nascita egiziana, solare, d’un sole accecante che dissecca e uccide; e Parigi diviene aureola culturale attraverso gli incontri decisivi coi grandi innovatori del Novecento in ogni campo espressivo. Ma le documentazioni numerose e precise, qualcuna anche inedita, dell’itinerario esistenziale che Marco Onofrio ci fornisce, con passione e fiuto rabdomantico, sono solo alcune fra le preziose indicazioni interpretative sul poeta e l’uomo Ungaretti: infatti, il rapporto Ungaretti-Roma, in questo saggio, porta alla ricerca dei segreti attraverso i quali si realizza la poesia (beninteso che ogni capolavoro resta sempre un mistero). Abbiamo così davanti agli occhi un susseguirsi di novità, tracce inedite, osmosi fra estetica del tempo ed estetica dei luoghi, in un serrato e stimolante fondersi di notizie ed esegesi, di polemiche garbate ma nette (si leggano i passi riguardanti, ad esempio, i rapporti di Ungaretti con Mussolini e il Fascismo: l’equilibrio dell’Onofrio-storico dimostra il metodo nel quale si muove la sua libertà di pensiero), ove, nell’impianto canonico della struttura saggistica, si inserisce, credo, un nuovo modo di fare “biografia”. Il barocco della città eterna e il suo sentimento del tempo, che Ungaretti farà proprio legandosi a Petrarca e a Leopardi, assumono un significato interiore, divengono una rivisitazione dell’essere nel tempo, ma “sub specie aeternitatis” come la presenza dell’Urbe richiede nella sua logica, extratemporale. Allora Alessandria d’Egitto si ritrova nelle torride estati romane, l’esule Ungaretti sugge il midollo della cultura parigina e ne ricorda le avventure oltre oceano, in Brasile. Possiamo affermare che questo libro è in sé una pagina di riflessione sui fondamenti d’un’esistenza (quella di Ungaretti) e dell’esistenza in generale (anche quella intrinseca ai lettori: e spero tanti), sul mistero fascinoso del tempo e sulla dialettica fra istante ed eternità. Poche opere, come questa, sanno andare oltre la tesi specifica, divenendo storia sì d’un uomo nel rapporto con una città, ma anche documento d’un’epoca aperta al futuro tentacolare che già stiamo vivendo.

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