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Velletri – “Incontro” con don Aniello

Velletri – “Incontro” con don Aniello
Febbraio 22
11:34 2016

Giovedì 18 febbraio, nella Sala Parrocchiale di San Salvatore, si è svolto i’11° incontro organizzato dal gruppo “Insieme” di Velletri sul tema “mafia” un tema inaugurato con il precedente incontro, sempre del gruppo “Insieme”.
Visto che in quello precedente il relatore religioso, don Aniello Manganiello, non è potuto intervenire per motivi tecnici, è stato invitato di nuovo e per intervistarlo al meglio ho contattato il giornalista di TV2000 dott. Luca Salici. Il motivo? Perché, essendo nato a Catania (Sicilia) ha subito manifestato l’interesse e per il giornalismo e per l’antimafia: “ … in particolare mi sono dedicato, durante gli anni dell’Università, a ricostruire la memoria de “I Siciliani”, giornale diretto e fondato da Giuseppe Fava, morto per mano mafiosa nel 1984. Un impegno diventato un blog isicilianidigiuseppefava.blogspot.it, in cui sono conservate delle tesi di laurea, tra cui la mia, sul tema. … Ho coltivato l’impegno antimafia anche in altre forme, soprattutto quelle creative e di comunicazione: ho collaborato con diversi progetti di sensibilizzazione nelle scuole e aiutato a creare degli spazi di confronto e dibattito.”
Il dott. Salici, dopo un breve filmato di introduzione in cui don Aniello (che si definisce prete anti-camorra) praticamente si presenta, lo ha invitato a parlarci degli inizi nella parrocchia di Scampia, un quartiere di Napoli tristemente famoso per mafia.
“All’inizio non avevo molta simpatia per questa città” inizia a dire per il suo intervento don Aniello. Una volta assegnato a Scampia, si trova, contro la sua volontà, in una città molto povera, contadina, nella città del furto, della delinquenza. Lui abituato all’ordine e al rispetto delle regole, si ritrova in una città dove la regola non è quella delle leggi dello stato ma quella dettata dalle organizzazioni criminali operanti in loco. Capì subito che come parroco di Scampia, in quel contesto, non poteva essere il prete classico che organizza le funzioni religiose e le opere consuete come oratorio, caritas e simili, ma essere un prete fuori dalla segrestia, in mezzo alla sua gente che doveva difendere dalla criminalità: doveva essere lui a parlare al posto dei suoi parrocchiani troppo impauriti, agire da deterrente contro le azioni mafiose e quindi essere l’esempio, specie per i ragazzi, da seguire anche se minacciato anche apertamente dalla Camorra. La cosa non è stata semplice considerando che in quel luogo c’era il 75% di disoccupati e quindi massima povertà. In questo contesto la Camorra “alleva i suoi ragazzi” con bigliettoni di centinaia di euro frutto dello spaccio, del pizzo e dell’usura con rituali come la “punciuta”: sull’immaginetta della Santissima Annunziata si fa cadere una goccia di sangue dell’affiliato dovuta alla puntura (punciuta in dialetto) dopo di che si brucia l’immagine e ciò vale come solenne giuramento alla Camorra: “faccia la stessa fine chi non rispetta questo patto o giuramento.”
Don Aniello ci ha parlato dunque delle sue esperienze di vita quotidiane in una società rese ancora più difficili da atroci anche da alcuni dubbi su elementi dirigenziali della chiesa: il cardinale Ruffini, bresciano, non conoscendo a fondo la Sicilia aveva affermato la non esistenza della mafia. Sarà il suo successore, il cardinal Pappalardo, siciliano, a definire la mafia come l’incarnazione di Satana e ad eliminare ogni minimo dubbio su da che parte stare agendo da spartiacque. Nasce allora un movimento cattolico forte antimafia, nasce “libera”, Papa Giovanni Paolo II lancia l’anatema contro i mafiosi e come risposta si hanno le due autobombe a San Giorgio al Velabro e a San Giovanni in Laterano a Roma, l’uccisione di don Pino Puglisi e del giudice Livatino e, nel ’94, di don Peppe Diana.
Qualche anno fa la Commissione Episcopale campana ha emanato un documento che vieta il funerale ai camorristi uccisi, atteggiamento ripreso dalla magistratura che vieta, come la chiesa, il funerale ai camorristi uccisi.
Un intervento molto lungo che ha ripercorso le tappe storiche dei rapporti mafia-chiesa, un intervento drammaticamente importante che ha incollato i presenti alle loro sedie fino all’ultimo.
Con nostro sommo piacere abbiamo avuto la presenza di S.E. Mons. Apicella, vescovo di Velletri e degli assessori Ciarcia e Masi rappresentanti il Consiglio Comunale della nostra Velletri.

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