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Velletri2030 News – Digitalizzazione

Luglio 06
20:35 2018

ci troviamo tutti nel mezzo di una rivoluzione provocata dalle nuove tecnologie, rivoluzione che non ha precedenti nella storia. Il cambiamento progettuale che la digitalizzazione ha determinato ci offre opportunità uniche e sfide ugualmente uniche. La posta in gioco è terribilmente alta.

Sono le parole con cui si apre il capitolo dedicato all’impatto della digitalizzazione nei vari ambiti della società, del libro di Bos Boorsma Un New Deal Digitale“, presentato da “The Smart City Association Italy” lo scorso 22 Giugno a Roma. Il capitolo descrive l’impatto all’interno di ogni settore: assistenza sanitaria, apprendimento e formazione, mondo del lavoro, mobilità, energia, ambiente, media, pubblica amministrazione, più tanto altro.

Ma, come presentato in una precedente News dedicata alla carenza tutta italiana dei profili professionali richiesti da questa rivoluzione, la digitalizzazione non è priva di inconvenienti. La sicurezza nell’accezione inglese di security è una vera piaga. Molti hanno vissuto la brutta esperienza di essere oggetto di attacchi informatici. Il soggetto è così importante che trova un capitolo dedicato al “Rischio Cibernetico nell’Economia Italiana” nella “Relazione Annuale anno 2017” della Banca d’Italia, presentata lo scorso 28 Maggio e scaricabile da https://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/relazione-annuale/2017/rel_2017.pdf
Tra tabelle e istogrammi, nello stile Banca d’Italia, si legge “Il rischio cibernetico (cyber risk) non è nuovo: nelle fasi iniziali del processo di digitalizzazione tuttavia erano in numero limitato sia le potenziali vittime sia gli attori della minaccia. Solo pochi settori, come difesa e telecomunicazioni, erano abbastanza informatizzati da essere vulnerabili agli attacchi informatici; inoltre le conoscenze e le risorse necessarie per progettare e sferrare tali attacchi esistevano quasi esclusivamente in ambito militare e in alcuni centri di ricerca. Negli anni l’uso di dispositivi informatici e l’accesso alle reti telematiche si è enormemente esteso, moltiplicando il numero di obiettivi; nel contempo le competenze necessarie per programmare e propagare codici malevoli (malware) sono ormai a disposizione di molte organizzazioni criminali che sviluppano strumenti offensivi e talvolta li offrono online a basso costo a un’ampia platea di clienti”.

E’ proprio in questo settore che c’è maggiore richiesta di esperti e disponibilità di posti di lavoro. Ce lo dice il libro bianco “Il Futuro della Cybersecurity in Italia: Ambiti Progettuali Strategici“, preparato dal Laboratorio Nazionale di Cybersecurity del Consorzio Interuniversitario Nazionale per l’Informatica (CINI) e scaricabile da https://www.consorzio-cini.it/images/Libro-Bianco-2018.pdf
In esso si legge: “….. Una delle ragioni principali del successo degli attacchi informatici in vari ambiti, ormai quotidianamente riportati anche dalla stampa non specialistica, è la mancanza di forza lavoro adeguatamente qualificata nel settore della cybersecurity. La scarsità di professionisti con capacità adeguate rende vulnerabili aziende, PA e intere nazioni ed esaspera le difficoltà di gestione degli incidenti. Vari organismi specializzati prevedono una carenza di più di un milione e mezzo di unità di forza lavoro entro il 2020 , evidenziando una domanda costantemente in crescita…..”. “…. investire nella formazione e nell’addestramento in cybersecurity fornisce una risposta unica a molteplici problemi del sistema Paese e si rende indispensabile nell’ambito della progressiva digitalizzazione promossa dal piano Impresa 4.0. Formare le nuove generazioni innescherà un processo virtuoso in cui la classe dirigente e i tecnici del futuro avranno le competenze, il bagaglio di conoscenze e le capacità operative necessarie per confrontarsi con le sfide tecnologiche e scientifiche che cambieranno le nostre vite nei prossimi decenni, mettendo in atto le necessarie iniziative per adattarsi ai continui cambiamenti e ai rischi che ci aspettano in futuro“.

Il problema delle competenze digitali è molto serio e fonte di esclusione sociale. Se ne occupa il Progetto Erasmus+ KA3 DCDS “Digital Competence Development System”. Il progetto mira a definire un approccio per fornire alla popolazione europea adulta poco qualificata le competenze digitali e trasversali di base necessarie per l’occupazione, lo sviluppo personale, l’inclusione sociale e la cittadinanza attiva. Per raggiungere questo obiettivo, il progetto svilupperà  un Sistema per lo Sviluppo delle Competenze Digitali (DCDS, dal titolo in inglese) multilingua, aperto e innovativo, e lo testerà  in situazioni di educazione non formale ad adulti poco qualificati in diversi paesi europei. In uno dei primi Rapporti del Progetto si legge “Circa un quarto della popolazione adulta europea ha difficoltà con la lettura e la scrittura e ha scarse competenze matematiche e digitali. Gli adulti che non possiedono un livello sufficiente di tali abilità corrono un rischio elevato di esclusione sociale. Secondo i risultati dell’indicatore dell’indice digitale DESI (Digital Economy and Society Index) a livello UE, nel 2017 la dimensione del capitale umano mostra che mentre l’uso di Internet è in aumento, il 44% degli europei è ancora privo di competenze digitali di base”.

Sono segnali importanti che dovrebbero essere colti da chi istituzionalmente, a tutti i livelli, dovrebbe occuparsi di formazione e lavoro, incentivando la crescita delle nuove figure professionali richieste dal mercato, invece che continuare a sostenere un sistema d’istruzione pubblica che continua a sfornare disoccupati e di politiche sociali e avviamento al lavoro a dir poco fallimentari. Purtroppo, troppo spesso manca una visione di formazione e lavoro in linea con la rivoluzione provocata dal dilagare delle nuove tecnologie digitali.

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