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ANPI Velletri: Dante di Tullio merita un segno tangibile e duraturo

Ottobre 26
11:52 2025

Dante di Tullio, dopo 80 anni, torna a casa, nella sua Città di Velletri. Può sembrare fuori luogo, ma non lo è. Lui, come tanti centinaia di migliaia di giovani italiani, sono stati e sono tutt’ora costruttori di Pace, perché con la loro scelta contribuirono in modo determinante alla caduta del fascismo e del nazismo, ponendo le basi per una lunghissima stagione di Pace che l’Europa non ha mai vissuto. Non scelsero di partire, non scelsero quando tornare. Dante fu un uomo strappato presto alla sua giovinezza, chiamato al servizio militare per servire un Impero di cartone come le scarpe che forniva ai suoi militari. Quando il bluff, di un regime vibrante e perentorio solo nei proclami, ma incapace di strutturare uno Stato che voleva primeggiare a livello internazionale, si manifesta l’8 settembre 1943, la farsa diventa tragedia per un’intera nazione.

Quasi un milione di militari, su diversi fronti, in pochi giorni furono fatti prigionieri, se non sterminati, dagli ex alleati nazisti e accusati di tradimento. Questo, gli valse lo status di Italiani Militari Internati (IMI), un vero e proprio nuovo istituto giuridico nell’ordinamento tedesco, che negherà a questi uomini il riconoscimento, durante il conflitto, dei diritti derivanti dal trattato di Ginevra e successivamente i benefici riconosciuti ai prigionieri di guerra condannati nei campi di lavoro.

Questo status, non era automatico. Alla formazione della Repubblica di Salò si poteva guadagnare la libertà continuando a servire la nuova Repubblica, ma la stragrande maggioranza si rifiutò e scelse la prigionia, con la prospettiva di una vita dura, fatta di fatica, stenti e nessuna certezza.

Dante fu tra questi e oggi ritrova la sua Pace, dopo averla donata a tutti noi.

Per questo, in questi tempi difficili nel capire da che parte stare, ricordiamo chi scelse pagando un prezzo altissimo. Fu un fenomeno di massa da parte di giovani poco più che ventenni, in gran parte dimenticati dopo la fine del conflitto, anche quando a loro non fu nemmeno concessa una dignitosa sepoltura.

Questa finestra aperta dalla storia, merita un riconoscimento tangibile e duraturo, che rafforzi la memoria comune e condivisa nel segno dei valori democratici che ci rendono una civiltà. Se c’è un’occasione per usare la toponomastica come strumento di memoria, questa ci appare quella giusta, tanto più che, giustamente e apprezzabilmente, tutta l’amministrazione con il Sindaco in prima fila ne ha colto certamente l’importanza.

 

 

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