“Baaria”, di Giuseppe Tornatore
Il nuovo film di Giuseppe Tornatore, presentato al Festival del Cinema di Venezia, è ambientato nel suo paese natale, Bagheria, cittadina della provincia di Palermo il cui nome siciliano è Baarìa. Esso offre, come in una pittura, il quadro di oltre sessant’anni di storia italiana tra gli anni Trenta e Ottanta attraverso gli occhi della sicilianità, in particolare quelli di Peppino (Francesco Scianna), di cui il film racconta la storia dall’infanzia all’età adulta: dall’innamoramento con Mannina (Margareth Madè) al loro matrimonio, alla nascita e crescita di cinque figli fino alla loro adolescenza. Di tanto in tanto il punto di vista si espande fino a comprendere quello della gente comune di Bagheria, poi si restringe nuovamente attraverso il racconto della famiglia siciliana che vede Peppino, figlio di un modesto pecoraio che leggeva poemi e romanzi popolari durante il fascismo, realizzare la sua passione per la politica e il suo impegno nel Partito Comunista negli anni della seconda guerra mondiale. Emerge dal film il contrasto tra il maggiore partito politico nazionale, la Democrazia Cristiana, e il più grande partito comunista del mondo occidentale, il Partito Comunista Italiano. Nel voler dare un quadro esaustivo della storia politica italiana di quegli anni, pure attraverso il racconto dei sogni, degli ideali e delle disillusioni delle persone comuni di una cittadina, assunta a simbolo dell’intero paese, non riesce, tuttavia, a entrare in profondità negli animi degli stessi protagonisti. Segno di ciò è anche la particolare attenzione prestata alla forma, dunque ai movimenti di macchina, agli effetti scenografici, frutto di un’artificiosità di cui Tornatore è pienamente padrone. Il film si avvale della partecipazione, in scene minori ma non per questo meno importanti, di attori come Monica Bellucci, Raoul Bova, Luigi Lo Cascio, Laura Chiatti, Nino Frassica, Michele Placido, Vincenzo Salemme, Giorgio Faletti, Paolo Briguglia, Tony Sperandeo, Leo Gullotta. Proprio l’incisività del loro intervento ha contribuito a impreziosire il film. Segno di una cura, da parte del regista, dei minimi particolari, di scene volutamente brevi ma toccanti, come quelle ripetute e sempre uguali di Luigi Lo Cascio nelle vesti del figlio di un mendicante. La combinazione di attori non professionisti, per di più abitanti del posto, per le scene maggiori, e di veri professionisti per quelle minori, è stata vincente.
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