BULLI E VITTIME
Quando ti arriva frontale la notizia di un giovanissimo che si toglie la vita per la disperazione cucitagli addosso dai coetanei novelli carnefici della fragilità umana, comprendi davvero che la sofferenza non è solo un’emozione che ti assale, che irrompe, che esplode ed a volte implode, è un vero e proprio ricalcolo del presente devastato dai detriti che pesano come macigni, un territorio dove un tempo c’era gran parte di te stesso, ora non c’è più. Improvvisamente le gambe, i piedi, le mani sono elementi estranei, non rispondono al contatto con l’intorno, come se il cratere vuoto di ogni tutto avvolgesse ogni emozione ripiegata malamente su se stessa. Come pure l’ultima parvenza di incomprensibile ragionevolezza. Bulli imperversano nei corridoi delle scuole, nelle classi, nei cortili adiacenti all’entrata degli istituti, a ben guardarli sono così piccoli e minuti che suscitano pena, eppure fanno male davvero, puntano il più debole, il più fragile, lo imprigionano tra paura e umiliazione, non mollano la presa, sono refrattari alla pietà, al fare i conti con il dolore e le sofferenze altrui, piccole carognette che non consentono dialogo né ripensamento, se non dopo la tragedia che incombe. Spesso neppure dopo. Rimangono i bordi lacerati sulla storia di quel ragazzino che non c’è più, anche il ricordo diventa evanescente di fronte alle omertà costruite a misura, ai dinieghi ripetuti, alle ostinazioni che non danno passo alle ammissioni, soprattutto alle coscienze tumefatte dal proprio delirio di commiserazione, per cui la colpa è sempre degli altri, la responsabilità è sempre dell’altro, tutto quanto accaduto è risultanza a carico degli altri. Reiterate le sofferenze imposte, le indifferenze ricevute, le offese fanno male fino al punto da obbligare a mollare gli ormeggi senza preavviso. Accade che un giovanissimo senza più il tremore della paura dell’offesa, nella propria libertà rapinata con la violenza ripetuta, lentamente costruisce il cappio, c’è l’insopportabile con cui fare i conti, un taglio che non si rimargina, il dolore non si attenua mentre prendono sopravvento i silenzi e le alzate di spalle dei tanti e troppi colpevoli disattenti. Resta questa nuova assenza che non può diventare soltanto un silenzioso ricordo di ciò che è stato, perché qualcuno dovrà spiegarlo cosa è stato. Qualcuno dovrà spiegare a chiare lettere, senza se e senza ma, che bulli non si nasce, si diventa attraverso il non rispetto delle regole, dell’educare con parole di carta che bruciano subito, con la disattenzione colpevole che non consente alcuna prevenzione preziosa. C’è da augurarsi che il tempo grande educatore, grande dottore ci insegni a tutti che l’amore non è un carico a perdere, ma una responsabilità nel rispetto della libertà di ognuno e di ciascuno.





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