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Ci sarà un futuro per il sogno europeo?

Ci sarà un futuro per il sogno europeo?
Febbraio 19
20:24 2025

Oggi, a causa della crisi globale generata dalle guerre, sta emergendo, silenziosa, l’idea che siamo di fronte a un cambiamento sostanziale del nostro modo di vivere. L’insicurezza è tangibile e afferra tutti noi. La precarietà aumentata e la liberalizzazione dilagante conducono ognuno di noi a sentirsi da solo con le proprie incertezze.Il nostro sgomento si può superare solo ritrovando il contatto e la condivisione dei problemi con gli altri. Non saranno le soluzioni personali la panacea della crisi, ma solo in una ritrovata comunità potremo raggiungere la salvezza. Non si può continuare a vivere cercando continuamente nel presente un’espansione economica, ma occorre orientare la mira verso un altro obiettivo: il futuro. Il futuro è esattamente ciò che stiamo ‘rubando’ alle nuove generazioni e non riusciamo a coinvolgere i giovani alla costruzione di qualcosa che è solamente di loro competenza! Forziamo il loro ingresso nella sfera delle decisioni per far esprimere la loro intelligenza. Io credo che, predisponendoci all’ascolto dei loro sogni, avremo sicuramente molto da imparare e non solo sulla tecnologia digitale!

Ma parliamo ora della nostra Europa!
Abbiamo edificato l’Unione Europea su una ‘economia sociale di mercato’ fondata sulla competizione (concorrenza) come regola che lega fra loro i protagonisti. Come ‘base’ fu usata la visione ordoliberista (liberismo sociale) della Germania e, per questo motivo, il neoliberismo non si è concretizzato in un modo omogeneo, ma ha generato combinazioni politiche differenti e fra loro incoerenti in funzione delle caratteristiche economiche e sociali dei protagonisti in gioco. In altri termini, ogni componente della Unione Europea, pur usando le regole comuni, ha operato – e opera – in maniera difforme rispetto agli altri stati vivendo il paradosso di un neoliberismo stato-centrico deciso in precedenza. Visto che all’interno degli stati si generavano provvedimenti troppo invasivi, si rese necessario inserire limitazioni alla sovranità degli stati, in particolare per quanto riguarda gli affari economici.

La solidarietà europea

Con il termine solidarietà si indica una forma di impegno etico-sociale a favore di altri. Un atteggiamento di benevolenza e comprensione che si manifesta fino a esprimersi in uno sforzo attivo e gratuito, teso a venire incontro alle esigenze e ai disagi di qualcuno che abbia bisogno di un aiuto.
Il “Trattato di Lisbona” del 2007 ha introdotto una clausola di solidarietà (art. 222) che impone agli stati europei di agire congiuntamente ‘in uno spirito di solidarietà’ con tutti i mezzi possibili – compresi quelli militari – in caso di richiesta di aiuto per attentati terroristici o per calamità naturali. Gli interventi di solidarietà sono stabiliti dal Consiglio dell’Unione europea deliberante a maggioranza qualificata o all’unanimità nel caso di operazioni militari.
Il principio di solidarietà ha il fine di salvaguardare e incentivare il benessere dei cittadini europei tramite l’assolvimento degli obblighi economici, politici e sociali da parte dei governi degli stati membri dell’Unione. Questo progetto di società solidale mirava al miglioramento del tenore di vita delle fasce più sfortunate e alla realizzazione di un fase di economia virtuosa accompagnata da un riduzione drastica del rischio di guerre. Ma i risultati ottenuti sono ben diversi. La prosperità è mal distribuita. Sciaguratamente, è concentrata in modo vergognoso in una piccolissima parte della popolazione che ha accumulato risorse in modo non naturale, anzi in modo disonesto e immorale. Non c’è altro modo di classificare un metodo ‘democratico’ dove un topo e un serpente devono stabilire cosa mangiare a pranzo.
Personalmente, disprezzo profondamente chi è felice di operare per l’oppressione economica di miliardi di persone a favore di pochi speculatori di borsa, senza scrupoli e senza etica, che ha formato un mondo di ineguaglianza, di orrore e di miseria. È indilazionabile operare per mettere fine al loro impero criminale.
Peraltro, per un imprenditore dovrebbe essere privo di senso immiserire una gran parte della popolazione e convogliare la ricchezza nelle mani di un esiguo gruppo minoritario, giacché in tal modo si fermerebbe il ciclo virtuoso che collega la produzione e il consumo dei beni! D’altronde, anche un parassita biologico se ne guarda bene di far morire l’animale nel quale si è insediato, perché è lui che gli dà il nutrimento!
Ma alcune società europee si stanno comportando secondo una politica egoistica che non rispetta nemmeno i principi fondamentali dei trattati: una società di individui basata sull’egoismo non si salva.
Ma, visto che la gran parte dei cittadini mira a una serie di obiettivi che sono comuni a tutti loro – occupazione, benessere economico, sicurezza, salvaguardia della dignità individuale, salvaguardia delle libertà – perché i cittadini non riescono a raggiungere tali obiettivi comuni? Questo perché c’è chi riesce a indurre una parte del popolo a sostenere politiche che mirano, chiaramente, a loro sfavore.
Per salvarsi dalla crisi è indispensabile fare uno sforzo collettivo e uscirne insieme più consapevoli e in un paese più giusto perché è sempre più evidente che questo tipo di società non può concedere alcun tipo di garanzia ai cittadini. Solo rifondando i rapporti umani sulla solidarietà sociale si potrà evitare che la gente continui a dormire per le strade e a frugare nei cassonetti.

Una recente dichiarazione di papa Francesco recita così:

«In questo tempo nel quale è necessaria tanta unità tra noi, tra le nazioni, preghiamo oggi per l’Europa: perché l’Europa riesca ad avere questa unità, questa unità fraterna che hanno sognato i padri fondatori dell’Unione Europea».

In questo ‘attimo’ della storia, affinché le cose tornino a funzionare, è necessario rischiare di perdere tutto. La sfida non deve essere di operare per tornare alla normalità, ma provare a costruire un futuro straordinario che abbia nel suo seno un nuovo armonico rapporto fra economia, società, ambiente per uno sviluppo equo e solidale.

La svolta europea

Invece di cercare di limitare gli effetti degli eventi che ci sovrastano mantenendo, però, stabile il contesto generale, è ora che iniziamo a riformare le istituzioni! Non la ‘nostra’ istituzione – non ci sarebbe alcun effetto a livello europeo – ma dobbiamo riformare le istituzioni di tutti i paesi che attualmente difendono, inutilmente, con le unghie e con i denti l’indivisibile sovranità dei loro governi nei loro territori.

È necessaria una svolta, ma non di corto respiro che servirebbe solo di ‘contenimento’. Occorre operare con un disegno ‘illuminato’ su un ‘investimento’ totale e vincente, sia dal punto di vista umano che economico.
È necessario creare un’agorà europeo (e uno universale) dove poter discutere insieme i problemi dell’Umanità.
È necessario abolire il diritto di veto nelle decisioni dell’Unione Europea e rivalutare, finalmente, la maggioranza assoluta o qualificata. Un singolo stato non ha il diritto di condizionare la vita di tutti gli altri.
È necessario applicare il concetto che la Vita, la Libertà, e il perseguimento della Felicità sono diritti inalienabili.
È necessario costruire una società con impatto sostenibile per l’ambiente: energia, trasporti, acqua, economia circolare dei rifiuti, territorio.
È necessario attribuire all’Unione Europea il potere di fare una politica estera comune. Solo a queste condizioni la UE riuscirebbe ad avere una vera influenza sulle scelte globali e partecipare fattivamente alle scelte cruciali riguardo l’equità economica e sociale, la riduzione delle disuguaglianze, la lotta al cambiamento climatico e la sostenibilità, il contrasto allo strapotere delle grandi piattaforme digitali e delle multinazionali.
È necessario eliminare lo scandaloso permesso che la Ue concede ai suoi partecipanti di creare aree definite ‘paradisi fiscali’ mediante le quali giocare una concorrenza sleale nel suo seno.
È necessario riconsegnare alla politica il controllo della democrazia. Non esiste più una democrazia libera se il popolo sopporta l’incremento del potere privato tanto da renderlo più forte dello stesso stato democratico.
È necessario arrivare alla buona gestione della ‘famiglia europea’ svincolandosi dall’incubo della continua crescita economica confondendola di fatto con il benessere. Chi crede che una crescita esponenziale possa continuare all’infinito in un mondo finito è un pazzo, oppure uno studioso di economia politica.

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1 Commento

  1. maria
    maria Febbraio 21, 20:47

    È necessario!
    urgentemente!
    inderogabilmente!

    Reply to this comment

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