Da un libro all’altro: “Il fuoco che ti porti dentro” vita di Angela…

Il fuoco che ti porti dentro di Antonio Franchini, Marsilio ed. 2024 – € 18,00 e-book € 9,99. Disponibile al prestito inter bibliotecario SBCR https://sbcr.comperio.it/
Angela è il nome che sta dietro il titolo, Il fuoco che ti porti dentro che, per altro, per ammissione dell’autore, avrebbe dovuto essere qualcosa tipo ‘tra nord e sud’, perché sua madre Angela, fra i tanti pregiudizi, era una beneventana naturalizzata napoletana, vedeva nel nord la fine della civiltà. Angela, da giovane come da anziana, è abituata a parlare e sparlare lungamente di tutto, a crescere i tre figli con energia e a riempirli d’epiteti appena possibile; a far sentire loro il guinzaglio di madre che dice ‘io t’ho fatto e io ti distruggo’; ad impicciarsi delle amicizie, ad indagare se l’unico maschio fra due femmine frequenti altri maschi perché ‘invertito’; a chiamare tutte, ma proprio tutte le donne ‘zoccola’ compresa sua madre, che tanto, pensa, ‘non sbagli mai’. Il libro, inutile dirlo, proprio per il panorama tendente al corretto di questi anni, è uno spasso: c’erano donne, e ci sono ancora, che per impostazione e per età, quando saltano i freni inibitori, sono abituate, a dire tutto quel che gli passa in testa; a pensare che il correttivo alle offese sia un bel pranzo in famiglia fatto bene, obbligo inflitto a tutta la famiglia, perché che famiglia è se non fa il pranzo della domenica tutti assieme? Così l’autore disegna anche il recinto piccolo borghese in cui la donna è cresciuta: poca libertà, come molte della sua generazione, sempre accanto a sua madre che l’ha cresciuta a pregiudizi, un marito benestante, la vita in condominio, i figli da tirare su, il ‘credo’ verso la propria ‘piccola nobiltà’ di figlia d’artigiani, verso la propria bellezza morbida e sensuale di ragazza, verso la sua napoletanità acquisita, e non credere mai nel mondo ‘che chi lo conosce’. Angela resta simpatica a noi, e pure a suo figlio, che non fa del tutto sua la lezione di Philip Roth in Patrimonio, nel quale l’autore scrisse l’epilogo della vita di suo padre, poiché entra brevemente nei bisogni e nelle fragilità della vecchiaia, ma le fa sentire, e s’accorge anche che la genitrice, quando sta sola (perché certe volte ne spia i movimenti dentro casa da una finestra, quale figlio di tale madre), resta lungamente inerte davanti la televisione, quasi senza vita, come affatata, segno che la sua meravigliosa commedia dell’arte è riservata al suo pubblico preferito, la famiglia, senza la quale, probabilmente, non potrebbe vivere. Antonio Franchini racconta così anche la sua genesi di scrittore, uno forte, che lavora nel mondo dell’editoria ed è anche autore, proprio perché sembra non credere in una narrativa di consumo, o nello sfogo autobiografico, perché occorre prendere distanza, letteraria appunto, dalla materia di cui si scrive. Fa un ritratto monumento del sapere e non sapere popolare, raccontando anche il nostro mesto presente, e scrive un libro sul rapporto figlio madre che non era ancora stato scritto, tra i pure notevoli degli ultimi anni, fra cui Splendi come vita di Maria Grazia Calandrone o L’estate del ’78 di Roberto Alajmo (che di certo prendono spunto da eventi più drammatici), e può così raccontare anche Angela anziana che combatte la sua battaglia per i diritti, per mantenere la sua dignità di donna prima che di madre, per dire che ‘quel fuoco’ non è certo privo di ragioni: «…diceva battute a doppio senso, sosteneva teorie paradossali ma non completamente assurde, volte in genere a ribadire verità brutali contro ogni sentimentalismo e ogni versione edulcorata della vita: lei e suo marito che si capivano solo a tavola e a letto, i soldi che contavano più dell’amore, fare la zoccola che era meglio dell’essere onesta, tesi così. (…) Solo il cibo è riuscito a crepare la sua crosta di pregiudizio, sospetto, avversione verso gli altri.» Bello!! (Serena Grizi)
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