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Dal 9 febbraio “LOCUS AMOENUS” la nuova rassegna under 35 al Teatro Villa Pamphilj di Roma. A cura di Benedetta Margheriti e Veronica Toscanelli

Dal 9 febbraio “LOCUS AMOENUS” la nuova rassegna under 35 al Teatro Villa Pamphilj di Roma. A cura di Benedetta Margheriti e Veronica Toscanelli
Febbraio 03
13:10 2025

9 FEBBRAIO 2025 ore 11.30
PAESAGGIO CON FIGURA VERTICALE – Concerto poetico
di Spartenza Teatro
con Sofia Abbati e Andrea Milano
testi di Andrea Milano
musiche Manuel Milano e Roberta Spigola

“Il mio desiderio è fuggire”

Si apre con queste parole Paesaggio con figura verticale. È l’incipit di una dichiarazione d’amore, sospesa tra fuga e ritorno. Una dichiarazione alla propria terra, scritta nel momento più doloroso: quello dell’addio. La performance racconta il viaggio di chi lascia casa per “perdersi nel mondo” e affronta il senso di colpa, la perdita di appartenenza, il desiderio di tornare.
Fino al culmine: il momento in cui l’unica liberazione possibile, l’unico modo per appartenere a qualcosa sembra essere quello di diventare paesaggio, essere assorbiti dalla tela come un albero, come una collina.
Ogni tappa di questo viaggio è condensata in un trittico di poesie, che diventano il mezzo attraverso il quale comunicare con il mondo. Così la poesia nasce dalle riflessioni, dai ricordi, dagli eventi della vita e diventa sintesi e distillato, testimonianza del percorso di chi è alla ricerca di un luogo a cui appartenere.

NOTE DI REGIA
Paesaggio con figura verticale nasce dalla volontà di far emergere la relazione tra l’Io e il paesaggio. Aver vissuto al mare, con l’orizzonte libero e sconfinato davanti a sé, o nella nebbia della pianura padana, che tutto nasconde e tutto confonde, ha un impatto innegabile sulle nostre vite e sulla geografia interiore di ognuno di noi.
I temi della performance sono quelli universali della fuga e del ritorno, della perdita del senso di appartenenza, dello sradicamento e del tradimento verso la propria terra, nonché del profondo desiderio di tornare e di ricucire lo strappo.
La performance coinvolge due performer: l’autore, che interpreta delle prose poetiche, e un alter ego, impersonato da un’attrice, che presta la sua voce per dare vita alle poesie.
Un elemento distintivo del lavoro è l’uso dei fogli. I fogli non sono solo supporti su cui stampare o scrivere le proprie parole, ma diventano strumenti con cui creare immagini, suoni: un vero e proprio materiale scenico. Come dice Manganelli, “la pagina non è che una porta”.
Fondamentale è l’idea di non restituire questi testi sotto forma di reading, ma di sviluppare una vera e propria drammaturgia, che ha nelle prose poetiche i suoi grumi di senso e nelle poesie le esplosioni e diramazioni emotive. La fusione di elementi testuali, musicali e scenici mira a creare un concerto, ovvero una composizione di diversi elementi che vogliono creare un’esperienza multisensoriale per il pubblico.
Quest’esperienza è tanto più concreta e comunitaria data la scelta di portare all’interno del racconto le testimonianze degli stessi spettatori, attraverso un dispositivo che inizia dalla biglietteria e termina dopo la performance.
Un’ultima nota sui costumi, che rivestono un ruolo significativo nella narrazione scenica. L’alter ego indosserà tre cappotti da uomo, ognuno legato a un momento specifico del viaggio.
La costruzione scenica ha come obiettivo, quindi, quello di creare un viaggio, una narrazione, che però abbia la forza di aprirsi, di dispiegarsi come un foglio e includere altri viaggi, altre parole, altre testimonianze.

SECONDO APPUNTAMENTO
22 MARZO 2025 ore 17
La Serra-morte
una produzione di Compagnia Fang-ta
di Simone Guaragna
regia Daphne Folliero e Martina Spampinato
con Lorenzo Berardinucci, Pietro Formentini, Simone Guaragna, Alice Lepidio, Ilaria Pietrangeli

Ci troviamo in una megalopoli deserta, in un tempo indefinito del futuro non troppo lontano. Le temperature hanno raggiunto i 50 gradi, acqua e cibo sono razionate, il tasso di disoccupazione ha raggiunto il 25 %, ma il governo non sembra voler parlare di crisi. Bondo però forse ha trovato la soluzione, per sé stesso e per il mondo: una macchina in grado di trasformare i gas serra in combustibile non inquinante. La storia di Bondo si intreccia con quelli di quattro ragazzi di periferia che gironzolano per il quartiere senza una meta precisa. Ammazzafiche ha 13 anni, è grasso, sensibile, gentile e con un nome che non ha scelto. El ha 12 anni, non si capisce se sia maschio o femmina e comunica solo attraverso la sua armonica d’osso. Zingaro ha 14 anni; è determinato, schietto e cleptomane: tuttavia tutto quello che ruba, a suo modo, lo restituisce, o meglio lo scambia con qualcos’altro. Galatea ha 13 anni ma sembra più grande della sua età; seno, culo e viso appartengono al corpo di una diciottenne; il suo sogno è di diventare famosa facendo video per i social, infatti non va da nessuna parte senza il suo smartphone, che registra tutto. Ma il passato di Bondo è strettamente legato a quello dei quattro ragazzi: la risposta si trova nella macchina, congegno nello stesso tempo salvifico e distruttore.
La serra-morte è un distopico eco-noir dai risvolti tragici il cui mantra è uno solo: “ricordare per dimenticare”.

NOTE DI REGIA
Due luoghi: uno è quello del palcoscenico che rappresenta lo spazio dei ragazzi, l’ambiente dei vivi; l’altro è quello del pubblico, un cimitero, l’ambiente dei morti. Bondo attraversa i due spazi abitandoli e mettendoli in relazione, lui che è a metà. Ci sono anche due tempi: uno è quello “ciclico” di Bondo, l’altro è quello “lineare” dei ragazzi: dapprima divise, le due linee temporali si uniranno per poi disgregarsi di nuovo. Quattro strutture in scena: sono i giocattoli dei ragazzi, le architetture della città del futuro, i quadri che incorniciano le solitudini dei personaggi, sono macchine, prigioni, mura, tunnel. Le strutture non sono mera scenografia, ma si muovono insieme ai personaggi diventando personaggi esse stesse: vestite di teli disegneranno i “giochi” dei ragazzi attraverso colori ed ombre. C’è poi un parallelepipedo trasparente: è la serra morte, creatura di Bondo e nuovo passatempo per i quattro. La serra-morte fa da eco alla geometria delle strutture, come fosse una loro miniatura, così simile nelle linee e nella forma. Le luci strobo e la musica techno delineano un futuro white-punk ai limiti della sopravvivenza, i costumi sono divise manomesse per i ragazzi, stracci in sintetico per il barbone.
La Natura è la forma latente dell’Antropocene che aspetta di imporsi come catastrofe. (Timothy Morton)

TERZO APPUNTAMENTO
25 MAGGIO 2025 ore 17
La materia che Dio non creò
di quelcheresta teatro
regia Daniele Castoria
con Benedetta Margheriti, Veronica Toscanelli, Paolo Leccisotto

L’essere umano è un animale composito: partendo dalla cianografia biologica, esso si modifica, si costruisce e pensa sé stesso in relazione all’ambiente circostante, un ambiente perlopiù naturale. Ma cosa succede quando tutto ciò con cui l’uomo deve interagire è composto da materiale morto, sterile e incapace di trasformarsi come la plastica? Ma soprattutto, cosa succede quando questa materia interferisce nella formazione dell’essere umano, entrando dentro di esso e trasformandolo? In cerca di risposte, veniamo trasportati in un luogo sconosciuto di un tempo ignoto, permeato contemporaneamente da un’atmosfera mitica e profetica. Qui, ciò che rimane degli esseri umani deve interfacciarsi con una realtà dove il confine tra naturale ed artificiale non è più così netto e dove la fertilità della natura è stata sostituita dalla staticità della plastica. Ma, contro ogni pronostico, riesce a nascere qualcosa: improvvisamente un nuovo individuo inizia a esplorare questo mondo e le sue regole, ridestandone gli abitanti e il dio che lo governa. Entrando in questa realtà attraverso gli occhi del nuovo nato, scopriremo se ormai gli uomini non possono più fuggire dalla ragnatela che hanno tessuto o se, forse, vi è ancora la speranza di una via di fuga.
Spettacolo realizzato in residenza al Teatro Villa Pamphilj.

 

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