ERA…
Era favola antica, fatta di vento e profumo di sole; pomodorini dell’orto vicino, profumati d’estate, con i riflessi violacei dei raggi di luna; era il caldo all’ombra del leccio, su un dondolo… mentre la voce narrava, apriva finestre sulla storia, sul passato, su antichi bambini che a malapena avevano calpestato pavimenti dell’aula scolastica, piedi nudi impolverati di terra, accarezzati dall’erba, rossi al gelo dell’inverno…
Erano vecchi racconti di antenati, coraggiosi, intrepidi che senza confidenza con le lettere sapevano tener testa a chi tentava d’ingannarli…
Erano giochi all’aperto di chi aveva una vita trascorsa alle spalle e tornava bambino con la voce, magia di trovarsi nei campi, nei boschi.. nell’innato rispetto del pane, familiarità con le bestie allevate, in un girotondo con le stagioni, cresciuto a saggezza d’antichi proverbi, di esperienze vissute, fame, paura tra bombe e mortai…
Erano quelle figure che ti davano pace, protezione quando gli adulti di casa ti rimproveravano per le marachelle commesse; intercedevano e con il sorriso ti regalavano un desiderio realizzato, una punizione evitata, un sogno a occhi aperti, una promessa ch’acquietava l’anima…
Erano quelle voci che sillabando leggevano per te libri, voci che ti donavano fantasia in un mondo di favole, erano scudo contro orchi, lupi, briganti… creavano fate, folletti, con magie e carezze…
Erano intermediari di conoscenza: quel fischio d’uccello, quell’erba, quel fiore, quel frutto… e regalavano con mani ancor scure di polvere primizie staccate dai rami, more raccolte tra i rovi, castagne infornate, acini d’uva profumata lasciata seccare al sole…
Era quell’argentata cascata di capelli lunghi sciolti, lavati con il sapone, asciugati al sole sul balcone di casa; quelle pietanze che erano la tua passione e le ritrovavi nel piatto, a sorpresa… ; il profumo delle pulizie di Pasqua, mentre in un cassetto, lucidando le maniglie trovavi vecchi ninnoli, pettinini argentati, specchietti, fermagli con il profumo di brillantina…
Questo erano…
Ora… sono voci al telefono di una tristezza infinita, lucidi occhi che seguono finché una mano saluta e s’allontana; sono carezze trattenute nel grembo e sogni lontani d’infanzie perdute…; ricordi sono di vita vissuta, esplosione d’amore di una madre, di un padre al pianto di bimbi appena nati; sono orgoglio di figli cresciuti; tenerezza di sentirsi stringere il dito da un piccolo nato ch’è sangue del tuo sangue, ma non è figlio; e tante sono le domande senza risposta, di nuovi incontri ormai sempre più bramati e distacchi sempre più dolorosi; son sogni sempre più pesanti, d’un innaturale torpore mentre si vorrebbe, forse, ancora una volta vedere tramonti lontani, lasciarsi abbracciare dal vento, scalare montagne, aspettare l’alba sulla riva del mare…
E infine il nulla, l’oblio… in un rimpianto senza fine.
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