Giornata dell’Unità Nazionale e delle Forze Armate: Vladimiro Gentilini, soldato di Rocca di Papa caduto in Russia
Scrissi tempo fa di questo soldato, figlio di Rocca di Papa, dopo averne ricevuto testimonianza da sua sorella Piella – Pia Gentilini – nota ciammellara di Rocca di Papa. Il papà era un fratello di mia nonna e la curiosità di andare a cercar testimonianza, mi venne quando mio padre, casualmente mi accennò a questo suo cugino Vladimiro, disperso in Russia.
Dapprima lo ricordai in versi, poi narrai la sua storia pubblicandola su una testata locale. Avrei voluto saperne di più: pare esistesse una corrispondenza scritta con la famiglia, ma non è stato possibile rintracciarla.
Tuttavia, nel 1969 Tito Basili in ” La tremenda notte bianca” – Con i fanti della << Torino>> in Russia” Edizioni Pozzi, Roma accenna al nostro Vladimiro.
In generale l’opera del Basili è la narrazione della personale, terribile esperienza vissuta con l’82° Reggimento Fanteria nel 1941, a cinquemila chilometri di distanza da casa, nel freddo terribile della steppa, la terribile fame “pule al vento nella tormenta del fuoco… senza una ragione l’amore, il sangue. Sangue innocente, croci e macerie, fame, freddo e ferite per chi, per che cosa? Non una ragione, c’era la follia.”
Le pagine conclusive del libro accennano al ritorno, dopo questo inferno di gelo e violenza… non di tutti, però …
Quel che segue è la fedele trascrizione della parte nella quale Tito Basili, tornato in patria, accenna con commozione anche al nostro soldato.
” Eccola stagliante nell’azzurro, giù in fondo all’orizzonte, a ridosso del Monte Cavo. E’ giorno di tramontana, e più chiara e splendente la visione, stupendo e divino il paesaggio laziale.
Riflessi, protesi, parlanti appaiono i Colli Tuscolani e Albani, i campanili delle chiese e i tetti delle case di Frascati, di Grottaferrata, di Marino, in cerchio alla Rocca, che tutti i castelli sovrasta dall’alto. Già con il cuore fremente lo sguardo ha riconosciuto fra le tante, la casetta natale. […]
Oh dolci colli albani! E’ un dono del cielo rivedervi.
Tu, Trinca, Polidori, Gatta e quanti, ora scampati alla notte bianca e alla morte russa, ritornate fortunati, a riveder la Rocca, in silenzio salitela, perché c’è chi piangerà per via.
Lassù, in via Achtermann c’è Letizia, madre dolente, dolorosa; madre crocifissa, senza colpa.
Per la politica, per la follia crocifissa.
Chi più la chiamerà per nome questa madre?
Letizia… fa fremere e lagrimare, oggi, il suo nome. << Vladimiro, non sarò io a dirlo a tua madre, l’odore del tuo sangue penetrerà nel suo seno, nella vecchia casetta, fabbricata sul lapillo albano, arroccata sulla rupestre e antica rocca, in via Achtermann.
Da lassù ove raggiante e luminoso si dischiude e si abbraccia il mondo, tu sognasti la vita.
Ti ricordo quando a sera scendevi gioioso sulla piazza del paese tra gli amici, i tuoi occhi fondi avevano riflessi i colori più belli colti dall’alto della Rocca, le tue labbra aperte al sorriso e all’armonia fremevano di melodia, anche le tue mani, pur stanche dal lavoro del castagno, vibravano di gesti composti.
Tutti conoscevano la tua voce, la più bella voce del paese – un dono che non tenevi riposto – con cuore grande cantavi, rallegrando le vie e gli amici, seminando i tuoi sogni sconfinati.
Ti ricordano gli amici alla guida per l’autocarretta per il fronte occidentale, su quelli dei Balcani e poi in Russia.
– Canta, cantaci qualcosa – ti chiedevano i paesani nelle soste e nelle pause della lotta, per sentirsi ancora vivi e vicina alla terra nativa.
Un quadretto spiccatamente romano ne veniva fuori subito nella steppa, colorito dal dialetto, rallegrato dai ricordi e dalla tua bella stornellante voce.
Ora in silenzio i tuoi amici risalgono la Rocca, dal loro silenzio Letizia, tua madre, t’avrà diverso nel cuore.
Nessuna donna in paese ha il nome di tua madre, e nessuno il tuo, Vladimiro, un nome dell’est il tuo, e nell’est sei rimasto avvolto in un sudario di neve”.[1]
Un bel ragazzo, Vladimiro, lavoratore, amante della vita e del canto, socievole, un amico di tutti che in dialetto rallegrava persino i commilitoni nella steppa… è stato con noi, in questo fugace, commovente incontro fatto di memoria…
Universale condanna – il dolore di madre – in questo mondo nel quale ancora oggi la storia, purtroppo, non riesce a insegnar nulla …
[1] Tito Basili, La tremenda notte bianca pag. 99-101 (stralci)






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Bellissima cosa ricordare i nostri soldati che hanno combattuto fuori dalla nostra patria. Giusto pensare a loro e onorari comprendonio di memoria, ricordi e tanto valore mai dispersi nel corso degli anni!!!! Bravissimi tutti voi !!!!!