I comunicatori
Il contagocce toscano
A parte il ricorso asfissiante ai tweet e le parole a mitraglia, la comunicazione del giovane premier toscano è affidata all’uso del contagocce oculato. In Renzi infatti tattica e strategia si confondono fino a uniformarsi: una tattica ripetitiva si allunga all’infinito e perciò diventa strategia.
Vuole sempre stare sul proscenio, molto di più di ogni predecessore, compreso il Comunicatore per antonomasia (fino ad ora). Quindi dà le notizie, solo quelle buone, con il contagocce: una oggi, una domani, una adesso, una più tardi. E l’uso è accorto; quelle notizie vanno date solo dove e alle persone che le aspettano e a cui piacciono. Mai correre il rischio di contraddizioni o contestazioni, e alla larga dalle sciagure. Può darsi che con questa ‘strategia’, unita a energia e coraggio, riesca a cambiare il verso dell’Italia. Per ora sale comodamente in un ascensore le cui corde sono tirate, con fatica e azioni diverse, da amici e nemici. Però lui asciuga loro il sudore. Spesso con la carta vetrata.
Il papa ‘semplice’
La comunicazione di papa Francesco è altra cosa: solo strategia e sostanza. Lui non rifugge certo dall’uso dei media, né potrebbe. Ama essere diretto e icastico, e qualche volta gioca al ‘finto Bertoldo’: spesso le sue parole ‘semplici’ sono stoccate che centrano l’obiettivo con contropiedi improvvisi, senza tatticismi, appunto. Gli preme solo raggiungere lo scopo, che non è nella comunicazione in sé, ma nella forza dirompente del messaggio. Perciò fa un certo effetto vedere politici di ogni rango annaspare rincorrendo i principi contenuti nelle sue parole (sugli omosessuali, la pena di morte, la guerra, l’evoluzionismo, la povertà, il lavoro…). È pur vero che spesso l’applicazione concreta incontra difficoltà, come egli stesso ha sperimentato, ma la chiarezza dell’enunciato ha comunque un valore e un peso propulsivo ineludibile. Così, il bizantinismo nato nella Chiesa rimane appannaggio dei capi laici, che si arrampicano sugli specchi senza mai scivolare.
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