IL BACIO DELL’INVISIBILE DI IRÈNE DUBŒUF

IL BACIO DELL’INVISIBILE DI IRÈNE DUBŒUF
Recensione di Raffaele Gatta
Il “Bacio dell’invisibile” è un libro di Irène Dubœuf edito da Libreria Ticinum Editore 2024.
Irène Dubœuf è una Poetessa francese nata a Saint-Etienne. Ha pubblicato nove sillogi in Francia, come “Le pas de l’ombre” (2008 Encres vives) “La trace silencieuse” (2010 Voix d’encre) Roma (2015 Encres vives) fino alla sua ultima raccolta “Palpable en un baiser” (2023 Éditions du Cygne) e ha ricevuto diversi premi letterari, traduzioni in molte lingue come cinese, arabo, spagnolo. Inoltre i suoi versi hanno suscitato varie composizioni musicali in Italia, Grecia e in Francia. A tutto questo affianca un’intensa attività di traduttrice con riviste francesi, belghe e italiane.
Le Grand Autre, concetto suggerito da Jacques Lacan, vive nei versi e nella poetica della Dubœuf poiché è innanzitutto il sistema linguaggio che parla e, nei suoi versi, esso germoglia in una statura onnipervasiva. Ovvero, come dice sempre Lacan: noi non siamo creatori del linguaggio, bensì siamo parlati, in qualche modo vissuti dal linguaggio. Ora, ovviamente con questo, non si vuole di certo dire che manchi il soggetto pensante, il quale produce, crea e realizza il concetto di “poiein”, tutto questo c’è, ma è il linguaggio che parla prima del pensiero, come se vi fosse una fluidità di immagini riscontrate nel Logos, le quali come un fiume giungono a noi prima del poeta stesso. In molti testi del Bacio dell’invisibile questo lo troviamo:
Ballare nelle nuvole/al suono d’un cello fantasma (Da Un sogno) o ancora Il cielo è a portata di parole:/nulla riuscirà mai/ a bruciare la sua luce! (Da Invocazione)
D’altro canto nel testo che può essere diviso in tre micro strutture troviamo altri codici, in una frammentazione di significato/significante che attraversa tutta l’opera. E oltre il sistema sonoro cifra di ogni poeta, il concetto che ne viene fuori in molti testi è quello di una sorta di neo-esistenzialismo sartriano. Gli oggetti presenti vivono in una descrizione surreale e tuttavia esistenziale del dolore, ricordano alcuni momenti de “La nausea” di Jean Paul Sartre: ho visto il tuo pettine/una forcina/in attesa per sempre (Oggetti orfani) oppure: Il silenzio è freddo, le tombe caotiche, le prefiche livide divorate dall’edera. /Anche le sepolture muoiono. (Recinto 29 tomba 23). Potremmo andare avanti come in: Quando il sole/non è altro che sangue/cade il giorno/cade il vento
Questo è il sistema poetico in Irène Dubœuf, la quale narra, descrive o maieuticamente sviscera parole e suoni dal Grande Altro.
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