IL CINQUE PER CENTO DEL PIL PER LA DIFESA

IL CINQUE PER CENTO DEL PIL PER LA DIFESA. CI VOGLIONO PAROLE DI VERITA’
I giorni scorsi i paesi della NATO hanno deciso all’Aja di spendere, nel corso dei prossimi anni, il 5 per cento del Pil per la difesa – 3,5 per cento per armamenti, 1,5 per cento per cybersicurezza e infrastrutture critiche.
L’Italia, che attualmente spende l’1,6 per cento, ha assunto l’impegno di spendere 8 miliardi di euro l’anno per 10 anni. Tale decisione comporterà necessariamente tagli a sanità, scuola, welfare o un aumento delle tasse, oppure un incremento dell’indebitamento dello stato.
La presidente Meloni ha affermato in più riprese che, a fronte di tale impegno, non verranno ridotti i finanziamenti alla sanità. I giornali riportano una sua dichiarazione: “Non distoglieremo un euro dalle altre priorità a tutela degli italiani”.
La casalinga di Voghera obietterebbe: se ti vuoi comprare il frigorifero devi risparmiare da qualche altra parte del bilancio familiare, magari riducendo la spesa al mercato acquistando prodotti meno cari o rinunciando ad andare a cena fuori. La presidente Meloni non riduce le prestazioni sanitarie? Allora dovrà tagliare i fondi alla giustizia, all’ambiente, alle attività produttive, alla scuola, all’università, alla ricerca scientifica, e così via. Farà così?
Ci sarebbe un altro modo: indebitarsi, fare un mutuo da ripagare nei prossimi anni. Cosa non facile. Si tratterebbe di gravare le prossime generazioni di ulteriori debiti che si aggiungerebbero (supponendo che i mercati finanziari lo consentissero) ad una massa enorme, superiore al PIL di un anno, su cui paghiamo interessi gravosissimi, 80 miliardi l’anno.
Il punto è: vogliamo difenderci o no?
Facciamo un po’ di storia. Da svariati anni i vari presidenti degli Stati Uniti hanno affermato a più riprese che non intendevano continuare a pagare la difesa dell’Europa e che questa deve provvedere da sola: ora hanno da fronteggiare la minaccia della Cina e con i russi se la vedano gli europei che, comunque, non erano gli “scrocconi” come affermato da Trump, visto che gli americani facevano i loro ben noti interessi. Già nel 2014 era stato firmato un accordo che prevedeva di raggiungere il 2 per cento del Pil per la difesa, ma tale accordo è stato bellamente disatteso da alcuni paesi della NATO, Italia inclusa. Noi europei abbiamo fatto orecchie da mercante finché non è arrivato il castigamatti con il cappellino rosso MAGA in testa che all’Aja ci ha messi tutti in fila.
Il fatto è che una parte non irrilevante di italiani, probabilmente maggioritaria, non è disponibile a fare il passo richiesto, chiudendo gli occhi sui pericoli che corrono i paesi europei, Italia compresa. Nell’attuale periodo di decadenza morale e civile si vedono in giro ben pochi italiani pronti a combattere con le armi per la difesa della Patria e per la libertà, come avvenuto nel periodo del Risorgimento e nella Resistenza di ottanta anni fa.
Finlandia, Svezia, Norvegia, Germania, Polonia, Paesi baltici, oltre all’Ucraina che è stata invasa, si sentono – e sono – minacciate dalla Russia e sono convintamente orientate a dotarsi dei necessari strumenti di difesa (la Germania ha preso sul serio la questione prevedendo di spendere centinaia di miliardi di euro). Molti italiani, invece, pensano che il pericolo dei cosacchi che si abbeverino alle fontane di San Pietro non li riguardi.
La presidente Meloni dovrebbe dire parole di verità: la difesa serve, costa, ci siamo impegnati a rafforzarla, e ciò comporta sacrifici per tutti (la casalinga di Voghera docet). Il governo si trova ad affrontare un problema epocale senza avere un adeguato dialogo con i cittadini, né quindi il necessario supporto.
Alcide De Gasperi affermò: ”Un politico guarda alle prossime elezioni. Uno statista alle prossime generazioni”.
Oltre alle parole di verità, la presidente Meloni dovrà pure dire dove prenderà i soldi per “non distogliere un euro dalle altre priorità degli italiani”.
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