Il dipinto di Luca Giordano nella biblioteca Riccardiana di Firenze
A Firenze nella biblioteca Riccardiana, si trova l’opera pittorica del maestro napoletano Luca Giordano. L’intenzione del committente, Francesco Riccardi, era quella di esaltare la dinastia medicea, mediante le allegorie della vita umana. Il palazzo, anticamente di proprietà dei Medici, era passato alla famiglia Riccardi nel 1659. La narrazione pittorica è incentrata sul tema delle virtù cardinali. I motivi figurativi sono ritratti lungo tutto il perimetro della biblioteca, in particolare, la volta rappresenta il centro della scena.
Il dipinto si legge dal basso verso l’alto. Nel carteggio sorretto da due putti, si legge la frase del Petrarca: levan di terra a ciel nostro intelletto. È la prima indicazione sul motivo dell’opera che incita al sollevamento dello sguardo verso la trascendenza: abbandonare una visione materiale delle cose e della storia per affinare uno sguardo superiore. La vita spirituale cresce, si nutre e si orienta, verosimilmente secondo il motivo della flora, la quale prospera soltanto orientandosi verso la luce del Sole. Anche l’uomo che si orienta verso le cose alte, cresce e si sviluppa in modo armonico. Si tratta del faticoso travaglio di leggere nelle vicende umane il senso più profondo e il loro nesso, che, nella giusta prospettiva, diventano storia della salvezza. La scena disegnata in basso, riproduce il certosino lavoro dei due putti con le ampolle, di distillare la verità.
Il giovane che indossa l’armatura è il centro della scena; ha appena finito di scalare una montagna di basalto a piedi nudi, simbolo delle difficoltà della vita, un’impresa che rasenta l’impossibile. Il prodigioso successo si è concretizzato per mezzo della virtù della fortezza o forza morale, che sostiene l’uomo nel faticoso cammino di perseverare nel bene, senza lasciarsi piegare dalle avversità più dure e stringenti. I primi frutti di queste fatiche sono la liberazione dall’ignoranza e dall’errore, rappresentate simbolicamente dalla fune che il giovane sta dipanando. Nella tecnica pittorica del 1600 era consuetudine, raffigurare la scienza con l’immagine dello specchio, un oggetto che, il giovane ormai non guarda più. Le risposte del sapere scientifico non rappresentano la mèta finale del sapere umano. Esse non producono le conoscenze necessarie per realizzare una vita all’insegna della verità piena. Inoltre, questo tipo di cultura frutto di studio e sacrificio, non contiene in sé tutte le risposte alle domande di senso. L’angelo che si cala dall’alto e offre la mano al giovane è il simbolo della teologia, che solleva l’intelletto su un livello di comprensione più alto. La filosofia concorre all’innalzamento fornendo l’altra ala, trattandosi di un sapere nobile che nasce come amor per la sapienza. Teologia e filosofia sono necessarie per arrivare alla figura in alto, la donna disegnata con le sembianze dell’Onnipotente. La scena piano piano che si sviluppa tratteggia il passaggio dalla vita materiale a quella spirituale.
La prudenza, allegoria della sapienza divina è colei che regola la vita nell’Universo, reca in mano i simboli del potere spirituale. Tutto il funzionamento dell’Universo si fonda sull’equilibrio vitale di cui la saggezza è portatrice. Un bene intrinseco che regola il battito della vita: le giuste distanze, le proporzioni, le forme, le dimensioni, il movimento, etc. La luce divina è un raggio che sovrasta ogni cosa, proteggendo e alimentando la vita: apre una via tra le nubi che consentirà al giovane scalatore di raggiungere la sua mèta finale. Le virtù cardinali della prudenza, giustizia, fortezza e temperanza, rendono possibile all’uomo di perseverare nel bene; la teologia e la filosofia aprono l’intelletto alla verità; la luce della trascendenza guida il suo cammino nella ricerca di realizzare il sogno di una vita libera dal male.
Non ci sono commenti, vuoi farlo tu?
Scrivi un commento