Italo Calvino e l’Oulipo – 1
Il romanzo telescopico nella sperimentazione italo-francese degli anni Sessanta
L’Ouvroir de Littérature Potentielle nasce nei primi anni Sessanta ed è l’incontro della matematica e delle scienze con la letteratura attraverso l’utilizzo di quel registro comico in grado di mettere in comunicazione i due mondi. Dell’OULIPO fanno parte molti letterati-scienziati o comunque orientati alla scienza, tra cui, oltre al più noto Raymond Queneau, già sperimentatore surrealista, Francois Le Lionnais, Jean Queval e Jean Lescure per il quale “il potenziale è ciò che non esiste ancora”. Nasce da un principio elitario e accademico “patafisico” muovendosi tra il rigore delle scienze e la fumisteria infantile.
Ma il doppio binario del gioco e della scienza è utilizzato anche, soprattutto da Queneau, come divulgazione del neofrancese, nell’ottica di una conciliazione tra l’ossificazione della lingua scritta e la maggiore vitalità di quella parlata. A ragione si può definire un’avanguardia poiché teorizza e condivide premesse programmatiche con una progettualità essenziale che esalta qualcosa distruggendo qualcos’altro e lo fa attraverso quella “doppia linea d’attacco e di difesa che delimita il cammino tracciato da Queneau e che potremmo definire come battaglia sui due fronti per sconfiggere tanto la rarefazione squisita del “cosmico” nella poesia tradizionale, quanto la freddezza anonima e impoetica del linguaggio scientifico e dell’informazione manualistica”, come scrive Calvino nella Piccola guida alla piccola cosmogonia di Queneau (1982), innesto tra poesia in versi alessandrini e neologismi della scienza, nonché fucina di rompicapi combinatori e consistenti difficoltà ermeneutiche. E’ evidente come per gli oulipiani il sonetto rappresenti, più di altri generi strofici, un modello ad hoc tra la potenzialità di composizione inventiva e le rigide regole matematiche.
In Italia, alla fine degli anni Sessanta, la letteratura inizia a sentire la necessità di svincolarsi dal fiato grosso del neorealismo, quello che lo stesso Calvino, nonostante il desiderio di sperimentare e andare oltre, percepirà sempre come imprescindibile per ancorarsi all’aspetto più reale dell’esistenza da cui crede che a volte la metacomunicazione dell’arte, lo disarcioni. La sua idea di giornalismo, non a caso tenterà, più o meno volontariamente, di unire il rigore dei fatti alla fantasia narrativa, spesso risolta con l’elzeviro, racconto-saggio o poemetto in prosa. Ma incontrerà anche la formulazione degli oulipiens per i quali la poesia va intesa nella sua accezione primaria di ‘fare artigianale’.
Calvino entra a far parte dell’OULIPO in una seconda fase, insieme a Perec, trasferendo in questo luogo immaginario di tutte le soluzioni possibili, la sua fantasia potenziale e dunque confrontando il proprio tracciato narrativo e giornalistico, con il gusto per la sperimentazione sul linguaggio e sui meccanismi scientifici ad esso collegabili, già in atto nell’ambiente francese degli oulipiani. La ricerca si orienta verso una letteratura capace di moltiplicare ogni possibile ragionamento con le sue conclusioni fino a renderlo indefinibile all’infinito. Una scrittura che ammetta, nella continua dialettica di ordine e caos, una pluralità di possibilità ma, in qualche modo, anche lo smascheramento del cervello-computer alla base dell’elaborazione che conduce alla scelta fra le tante possibilità a disposizione, prima che una fugace ispirazione si trasformi in testo, in textus, come lo intende Roland Barthes nella sua teoria ufologica, ovvero in una tela di ragno. Anche la fantasia, dice Calvino nelle Lezioni americane (1988), è una specie di macchina elettronica che tiene conto di tutte le combinazioni possibili. E’ chiaro come queste affermazioni muovano dai Cent mille milliards de poemes di Queneau (1960), gamma infinita di possibilità per intrecciare la matematica alla letteratura scardinando vecchi canoni letterari e ipotizzando che ad una macchina sia affidata la capacità di combinare e creare intarsi letterari. Egli tenta, con dieci sonetti in rima, di verificare la possibile combinatorietà tra di essi, sostituendo soltanto un verso; a lui va tributata altresì la riscoperta del lipogramma, componimento in cui non compare mai una lettera dell’alfabeto prestabilita. Le forme combinatorie di letteratura sono numerose: dalla poesia fattoriale che ne è forse l’espressione più rozza, fino alla complessità strutturale del cosiddetto “racconto telescopico”. Dopo il famoso romanzo di Potocki Un manuscrit trouvé a Saragosse e dopo i romanzi telescopici di Eugene Sue, molti autori hanno usufruito della tecnica ad incastonatura, detta anche enchassement, attraverso l’intervento diegetico di personaggi che raccontano storie in cui intervengono altri personaggi, e così via. Fonti precipue di un romanzo sperimentale e telescopico come Se una notte d’inverno un viaggiatore (1979), sono soprattutto Le mille e una notte e il libro dei Sette savi, come dice Calvino stesso, autore non scarno di auto-chiose. Qui si intesse un percorso narrativo che diviene una sorta di trappola grazie alla disposizione geometrica di microromanzi o “microtesti metadiegetici incastonati in una diegesi-cornice”, secondo una definizione della Roelens ne L’Odissea di uno scrittore virtuale(1989) ossia quello che nelle Lezioni americane corrisponderebbe all’iper-romanzo: il principio di campionatura della molteplicità del narrabile. Iper-romanzo o cruciverba-scacchiera si possono definire Le città invisibili (1972) dietro le quali c’è, oltretutto, il perno della teoria fourieriana che nasce dal timore dell’avvento dell’era tecnologica a cui va risposto con la ricerca di un luogo altro. La possibilità che la città ideale si trasformi in città reale, risiede in quell’ordine geometrico tutto mentale così interpretato da Kublai Kan: “Eppure io ho costruito nella mia mente un modello di città da cui dedurre tutte le città possibili, -disse Kublai.- Esso racchiude tutto quello che risponde alla norma. Siccome le città che esistono s’allontanano in vario modo dalla norma, mi basta prevedere le eccezioni alla norma e calcolarne le combinazioni più probabili”. (Continua)
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