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L’ippopotamo “ Poche righe dal fondo

Dicembre 04
02:00 2006

Dulcis in fundo – Dopo un altro anno di scrittura che altro non è che continuo piacere di qualsiasi argomento si scriva, (sembra cinico, ma nel piacere ci rientrano passione, voglia di capire, di leggere gli altri e meglio se stessi, di non smettere di imparare), una pausa. Basta argomenti tetri, forti, stagionati, giusti, incomprensibili anche se ci si versano sopra fiumi di inchiostro (dalla stampante o dalla penna che differenza fa?). Un pensiero positivo, qualche notizia pulita, ma che non sappia né di naftalina né di ammorbidente. Facile voler bene alle mail di Jacopo Fo, che manda notiziole buffe antistress o la buona notizia della Gabanelli a Report che ti lascia sulla poltrona un po’ meno abbattuto e disgustato, buone le Markette di Chiambretti, dolci amare e kattive kome il mondo’ma non ci si può consolare con la solita ora di televisione e qualche giterella in Internet. La cosa migliore è uscire e andare a constatare che tutti i punti fermi che avevamo messo, tutte le cose che avevamo creduto di capire’non erano così e che punti fermi non ne esistono. Scriveva Seneca, con ben altro linguaggio, che non riusciva mai a riportarsi a casa lo stato d’animo col quale era uscito. Per lui questa era una disdetta: usciva sereno e interiormente calmo, e rientrava con il mare in tempesta nello stomaco. Ma lui non aveva né televisione né Internet, che inducono le nostre generazioni al processo contrario. Uscire, sperando di non incontrare aggeggi a corrente, e godere di qualcosa che si chiama vita che scorre, fatta anche di compromessi e falsità, ma reale. Non come i reality alla TV o le web community ansiogene nelle quali tenti di avere ragione su qualcuno che non hai mai visto in faccia. Uscire è qualcos’altro. Il clima intanto, il freddo, il vento che turbina, la pioggia imprevista. Una breve vacanza su un’isola dove ti accorgi che stanno sbaraccando la spiaggia estiva ti racconta che l’esistere non è continuo spettacolo, messa in scena. Passeggi sulla rena guardando immensi fiori di datura ancora splendidi perché lì è più caldo. Tocchi la sabbia che è umida perché ormai è sera. Un gozzo microscopico con una lucina brillante esce a pesca e va ignaro e impavido verso il buio fondo. Quasi una metafora dell’esistere.

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