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La riduzione del ‘tempo’ ad oggetto di banalità – 2

Marzo 10
02:00 2008

È vero che non tutti detengono il privilegio o la fortuna (che dir si voglia) di avere molto tempo libero disponibile, da poter spendere in diverse e divertenti attività. Rammento che la radice etimologica dei vocaboli ‘diverso’ e ‘divertente’, è la medesima: entrambi derivano dal latino di-vertere che sta per ‘deviare’, ovvero ‘variare’. Anzi, la grande maggioranza degli individui sulla Terra, ancora oggi è costretta suo malgrado a travagliare, a patire, insomma a lavorare per sopravvivere, chi cacciando e vivendo primitivamente, chi coltivando la terra, chi sprecando otto, nove ore a sgobbare in fabbrica, o ad annoiarsi in ufficio, chi occupandosi inutilmente di ‘affari’, ossia di faccende non gratificanti ma stressanti e frustranti, al solo scopo di lucrare e speculare.
Pertanto, è d’uopo comprendere che il tempo (quello vitale) degli individui, dell’esistenza quotidiana di ciascuno di noi, rappresenta una risorsa di valore inestimabile, non solo e non tanto sul piano economico-materiale, ovvero nel senso più venale e triviale del termine. Purtroppo, un altro luogo comune, assai vergognoso e detestabile, recita “il tempo è denaro” ed è abitualmente pronunciato dai cosiddetti ‘uomini d’affari’, i signori del denaro e della finanza, i “paperon de’ paperoni”, ovvero i parassiti e i nullafacenti della società odierna, gli arrivisti e i carrieristi, gli approfittatori dell’altrui tempo, dell’altrui denaro e dell’altrui ingenuità, gli sfruttatori del lavoro sociale e dell’esistenza dei più miserabili e sventurati.
Invece, il vero valore del tempo esistenziale emerge da un punto di vista più propriamente estetico-spirituale, che comprende la sfera del piacere, della bellezza, del godimento, della cultura, dell’arte, dell’amore, dell’immaginazione, della felicità, cioè la dimensione creativa, ludica e libidinosa della vita.
Il ‘tempo atmosferico’ è frequentemente citato quale insulso e comodo oggetto di conversazione, nel desolante vuoto dell’incomunicabilità e dell’alienazione moderna, quando con sgomento si scopre di non sapere cosa dire con un interlocutore qualsiasi, con un compagno d’occasione, o magari con una personalità oltremodo imbarazzante, la cui presenza ci infonde soggezione, oppure quando ci si sente mentalmente affaticati e non si è in grado di elaborare idee originali e sostenere valide argomentazioni, oppure quando non si è molto abili nell’arte della conversazione. Frasi trite e ritrite del tipo ‘che tempo fa oggi?’ o ‘il tempo minaccia…’ ecc., talvolta sono spie inequivocabili che tradiscono la soggezione emotiva, la goffaggine e l’imbarazzo personale, l’incapacità e l’ingombrante difficoltà di comunicare, il conformismo esistenziale e culturale, oppure indicano un atteggiamento di astuzia, di falsità, di ‘temporeggiamento’ (paradossalmente, il ‘tempo’, inteso come categoria atmosferica, è in taluni casi adoperato quale espediente per ‘temporeggiare’, vale a dire ‘prendere tempo’, così da poter pensare ad altro, in attesa che qualcosa accada), ovvero esprimono il desiderio di indugiare oltre, l’ansia di ‘guadagnar tempo’ (appunto), magari perché si tenta di approfittare di qualcosa o di qualcuno. Da questo punto di vista, i luoghi comuni e le convenzioni sul ‘tempo’, inteso nella più comune accezione meteorologica, si sprecano a dismisura, e quel concetto , sì tanto nobile e complesso, finisce per essere assurdamente involgarito e banalizzato come in nessun altro caso, al solo fine di camuffare un pauroso vuoto di idee, per dissimulare propositi malvagi, per mascherare, in modo maldestro, emozioni, intenzioni, stati d’animo o quanto possa apparire indice di vulnerabilità.
Intorno al senso meteorologico-atmosferico del concetto di ‘tempo’, si ‘addensano’ (tanto per usare una metafora in tema) ‘nuvole’ di inanità linguistiche, vere e proprie ‘tempeste’ di frasi convenzionali, ‘uragani’ di luoghi comuni.
Dietro il facile espediente del ‘tempo’ quale argomento di conversazione fin troppo scontato ed ordinario (esiste una sfilza di sinonimi altrettanto prevedibili, da sputare sulla carta, a riguardo), sovente si annidano secondi fini o cattive intenzioni, oppure motivi di timidezza, ingenuità, goffaggine, se non proprio un’ignoranza abissale, magari anche un’indolenza mentale, un’abitudine al conformismo ed alla miseria intellettuale, una carenza di idee proprie ed originali, uno stato di profonda immaturità culturale.
Si potrebbe ironicamente (o cinicamente) osservare che, in questi casi, il ‘tempo’ (vale a dire il ‘clima’, quale banalissimo oggetto di conversazione) può ‘annebbiare’ la mente e ‘ottenebrare’ lo spirito, nella misura in cui ci si abitua sciaguratamente alla più deteriore condizione esistenziale, ossia alla pigrizia intellettuale, che è l’esatto contrario dell’otium di cui si è già spiegato il senso più vero e più nobile, che non è ‘sfaccendare’ o ‘non fare nulla’, ossia non equivale a ‘sprecare il tempo’, all’oziare nel senso borghese di non esercitare negotium , che è l’attività per accumulare denaro, intraprendere imprese lucrose, siglare ‘affari d’oro’, e via discorrendo in questa teoria di lessico aziendalista e capitalista.
(Continua)

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