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La Sacra Sindone di Torino ha realmente avvolto il corpo di Gesù ?

Maggio 17
08:02 2025

       Dopo oltre un secolo di infruttuose ricerche, a tale domanda nessuno scienziato o sindonologo ha mai saputo dare una convincente risposta.

       Dato che, ancora oggi, sono in molti a ritenere che nuove e più approfondite ricerche scientifiche possano servire a fornire un’adeguata risposta a tale domanda, ritengo opportuno mettere in evidenza che sussistono obbiettive situazioni di mero fatto, non suscettibili, quindi, di alcuna possibile futura modifica, che, comunque, costituiscono un ostacolo insormontabile a fornire quella auspicata risposta.

        Nei limiti, come sopra indicati, esporrò, qui di seguito, solo argomentazioni basate su presupposti di fatto che non si prestano a possibili contestazioni e, preliminarmente, riguardanti il soggetto rappresentato nell’immagine sindonica e le modalità di sepoltura seguite per la deposizione del corpo di Gesù nel sepolcro.

         Sulla domanda su chi sia il soggetto “rappresentato” sul telo sindonico, mi sembra che non sussistano dubbi: sulla base di innumerevoli indizi che, qui, non è il caso di elencare, e che, comunque, risultano pressoché unanimemente accolti, il soggetto ivi “rappresentato” deve ritenersi identificabile nella persona di Gesù. Ciò, ovviamente, non costituisce affatto prova che il soggetto “rappresentato” sia identificabile con il soggetto che  realmente sia stato avvolto nel telo sindonico, essendo, tale eventualità, necessariamente subordinata all’accertamento delle modalità di formazione dell’immagine sindonica.

        Per quanto concerne le modalità di sepoltura del corpo di Gesù, è necessario riferirsi esclusivamente a quanto, sul punto, raccontato nei Vangeli: al riguardo, pertanto, è da tener presente che: la sepoltura di Gesù era avvenuta “com’è usanza seppellire per i Giudei”: secondo le dettagliatissime norme ebraiche per la sepoltura dei morti, i corpi dei morti per morte violenta che presentassero ferite sanguinanti, come il caso  di Gesù, al fine di non disperdere il sangue, ritenuto parte del corpo del defunto, nel tragitto tra il luogo della morte ed il sepolcro dove dovevano essere deposti, dovevano essere avvolti in un lenzuolo sovrastato da bende che gli giravano intorno al corpo, tenendolo ben stretto ed aderente al lenzuolo; i corpi dei defunti per morte naturale  erano, invece, avvolti solo dalle bende, sempre ben strette (come nel caso di Lazzaro, tanto da far dire da Gesù: “scioglietelo”). Per quanto riguarda il sudario, posto sul “viso” di Lazzaro, a differenza di quello posto intorno al “capo” di Gesù, v. il mio articolo n. 1 di questo mio blog.  Il corpo di Gesù, inoltre, come concordemente accettato, non era stato lavato, sicché, necessariamente, il telo doveva presentarsi notevolmente macchiato di sangue con inevitabili sbavature pr le ferite ancora sanguinanti, determinate dal trasporto dal Golgota al sepolcro.

         In tale obbiettiva ed incontestabile situazione di fatto,  i sostenitori (scienziati e sindonologi) della tesi che l’immagine sindonica fosse stata impressa al momento e come effetto della Resurrezione di Gesù, concordemente affermano che detta immagine risulta dalla sovrapposizione di due distinte immagini: quella, cioè, delle macchie di sangue che sarebbe stata prodotta per contatto tra il corpo di Gesù ed il telo sindonico e, l’altra, relativa all’immagine corporea, prodotta, invece, per proiezione. Entrambe tali supposizioni, a prescindere dall’obiettiva difficoltà, se non dall’impossibilità, di sovrapposizione di due immagini di cui una prodotta per contatto e, l’altra, per proiezione, ad un approfondito esame, risultano, però, incompatibili, sia pure parzialmente, con obbiettive situazioni di fatto.

        Va, preliminarmente, osservato che nessuno si è mai fatto carico di prendere in considerazione l’impossibilità che su di un telo già abbondantemente imbrattato di sangue potesse imprimersi un’immagine così tenue e, comunque, perfettamente delineata come quella già a stento visibile. Vero è, comunque, che alcuni hanno sostenuto l’esistenza di due sindoni, l’una, servita solo per il trasporto dal luogo della Crocifissione al sepolcro ed un’altra usata per la deposizione nel sepolcro, e che altri, invece, hanno sostenuto che Gesù fosse stato trasportato, completamente nudo, al sepolcro: tali ipotesi, però, sono davvero talmente illogiche ed inaccettabili da non meritare alcun commento. Resta, comunque, ferma l’osservazione come sopra fatta presente, sul fatto che il lenzuolo dovesse essere notevolmente già macchiato di sangue,  che costituisce una insormontabile pregiudiziale ad ogni superflua ulteriore argomentazione sull’impossibilità che l’immagine sindonica, ove fosse stata sovrapposta,  potesse, in alcun modo, risultare decifrabile.

        Anche superando la suddetta pregiudiziale, per quanto concerne le macchie di sangue presenti sulla Sindone che sarebbero state prodotte “per contatto” tra il corpo di Gesù ed il telo sindonico va osservato che vanno distinte quelle che, al momento della deposizione dalla croce, erano ancora sanguinanti dalle altre (oltre 200), relative alla flagellazione: dall’analisi effettuata   da Gilbert Lavoie, Bonnie B., Rev. Vincent J Donovan e Johns Ballads, il cui risultato venne pubblicato nel settembre 1983, dal titolo “Sangue sulla sindone di Torino (l’importanza del tempo nel trasferimento dei coaguli di sangue al Telo come immagini distintive del coagulo”. https://unaminoranzacreativa.wordpress.com/2020/11/12/sangue-sulla-sindone-di-torino-parte-ii-limportanza-del-tempo-nel-trasferimento-dei-coaguli-di-sangue-al-telo-come-immagini-distintive-del-coagulo/#:~:text=Tre%20pozze%20di%20sangue%20arrotondate,accelerato%20l’essiccazione%20del%20siero), venne esplicitamente puntualizzato che le macchie di sangue prese in considerazione nel suddetto lavoro riguardavano  solo i “flussi sanguigni ….. che tutti avevano una cosa in comune: tutti scorrevano attivamente vicino al momento della morte”. Con tale precisazione veniva ulteriormente chiarito che “altre macchie di sangue, come i segni di flagello e i rivoli di sangue sull’immagine dorsale, rientrano in una categoria diversa per quanto riguarda la loro formazione e il contenuto di umidità: pertanto, dovrebbero essere valutati separatamente”.

       Nell’esame suddetto, e ribadendo quanto già fatto presente in un mio precedente articolo, viene precisato che queste ultime macchie si riferiscono a coaguli secchi, relative a fuoriuscita di sangue per ferite avvenute molte ore prima del contatto tra il corpo di Gesù ed il telo sindonico, e, considerato che “affinché  un coagulo trasferisca la sua immagine speculare su un panno per contatto, un panno dovrebbe essere posto su un coagulo umido non più tardi di 2 ore e mezzo dopo l’interruzione del sanguinamento e che, dopo che i coaguli si sono asciugati, non vi è alcuna prova di trasferimento, dovendosi, pertanto, escludere  che i coaguli secchi possano essere riattivati dall’umidità ambientale e quindi lasciare un’impronta sul panno”.

            Sull’impossibilità che coaguli secchi si possano essere trasferiti “per contatto”, ed escludendo che gli stessi si “possano essere riattivati dall’umidità ambientale”, come riscontrato nell’analisi sopra ricordata, va, per completezza, ricordato che, in un successivo studio (v. “Caratteristiche delle macchie di sangue da considerare in una ricostruzione in laboratorio della Sindone di Torino”,  in IV Symposium Scientifique International du CIELT Paris, 25-26 Avril 2002; Carlo Brillante, Giulio Fanti, Emanuela Marinelli) si è cercato di superare tale ostacolo sostenendo l’ipotesi di un loro “ridiscioglimento” a seguito di un ipotetico processo fibrinolitico, il cui riferimento appare, invero, inappropriato dato che detto procedimento, di norma, viene attivato solo a seguito della somministrazione di particolari farmaci per via endovenosa.

          A tal riguardo, deve, comunque, farsi presente, come già detto nel mio precedente articolo sopra richiamato, che le suddette macchie sono presenti sulla Sindone, con contorni ben precisi e netti tanto da apparire come se si fossero formate direttamente sul telo, che escludono un qualsiasi loro trasferimento; d’altra parte se si fossero formate per un preteso “ridiscioglimento” di precedenti coaguli, il sangue, rimasto compresso per oltre 20 ore tra il corpo di Gesù ed il telo, avrebbe necessariamente prodotto inevitabili sbavature che sono, invece, del tutto assenti.

        Da quanto come sopra osservato, sembrerebbe che le macchie di sangue così come presenti sulla Sindone (con riferimento, almeno, a quelle, numerosissime, causate dalle ferite della flagellazione) non possano essere state prodotte dal contatto del corpo di Gesù con il telo sindonico e, quindi, ciò comporterebbe l’inevitabile ulteriore conclusione dell’esclusione che la Sindone presente a Torino  possa aver avvolto il corpo di Gesù, rimanendo, quindi, la presenza di dette macchie senza alcuna giustificazione sulla loro origine, se non quella di un intervento miracoloso riguardante l’intera immagine.       

          Per quanto riguarda, poi, l’immagine del corpo di Gesù, scienziati e sindonologi hanno sempre concordemente sostenuto, sulla base dell’esame di tale immagine, che la stessa dovesse essere stata prodotta (a seguito del noto “lampo”) per “proiezione”, escludendo categoricamente, in assenza di qualsiasi indizio contrario, ogni contatto diretto tra il telo ed il corpo di Gesù per tutta la sua estensione, in occasione della suddetta “impressione”.

          A parte l’insormontabile pregiudiziale dell’impossibilità che il corpo di Gesù potesse essere “ripreso” al momento della Sua Resurrezione, cioè, nell’attimo iniziale del bagliore prodotto dal suddetto “lampo” (di durata infinitesimale, calcolata dagli scienziati, non superiore a 50 miliardesimi di secondo), in un momento, quindi, nel quale detto corpo era, contestualmente, scomparso alla vista di chiunque, va, comunque, considerato quanto appresso.

         Dato che la suddetta ipotetica proiezione risultava in evidente contrasto con l’obbiettiva situazione di fatto, come concordemente raccontata nei vangeli e sopra riportata, scienziati e sindonologi, anziché prendere atto di tale incongruenza che portava ad escludere la formazione dell’immagine “per proiezione”, hanno ritenuto di poter seguire una via diversa, assolutamente inaccettabile, anche da un punto di vista di elementare logica, contestando esplicitamente la verità del racconto evangelico che così veniva arbitrariamente modificato e corretto.  Le “bende” che fasciavano il corpo di Gesù, al di sopra della Sindone e che la tenevano ben aderente al fine di evitare dispersioni di sangue, infatti, erano completamente dimenticate: la loro pretesa assenza, sempre sulla base di un ragionamento fuori di ogni logica, giustificava, inoltre, l’assenza delle macchie di sangue relative alle ferite alle parti laterali del corpo di Gesù (senza considerare che, in assenza delle bende, il sangue si sarebbe inevitabilmente disperso, almeno nel tragitto tra il Golgota ed il sepolcro, necessariamente macchiando il lenzuolo); inoltre, il telo sindonico non avvolgeva il corpo di Gesù (contrariamente a quanto inequivocabilmente risulta dal racconto evangelico) ma era, sullo stesso, solo “posato”: è evidente, comunque, che tale fantasiosa ipotesi, quand’anche fosse vera, non possa escludere un contatto, anche se parziale, della sindone con il corpo di Gesù, sia sul suo lato anteriore (in quanto, appunto, “poggiata” sullo stesso), sia e soprattutto sul lato posteriore sul quale tutto il corpo di Gesù era disteso, fatta salva l’ipotesi, davvero surreale, del corpo di Gesù galleggiante tra le due parti del telo.

         Va, inoltre, osservato che l’immagine impressa sulla Sacra Sindone ha la particolarità di essere tridimensionale e che detta tridimensionalità risulta ottenuta, con un procedimento davvero unico ed irriproducibile, dalla diversa intensità di colorazione di ogni punto dell’immagine, proporzionale alla distanza tra il telo ed il corpo. Ciò, come già fatto presente (v. il precedente mio articolo n. 7: “La verità nascosta nella tridimensionalità dell’immagine impressa sulla Sacra Sindone”), richiede necessariamente che le due parti del telo sindonico (anteriore e posteriore) fossero, entrambe, ben distese orizzontalmente per tutta la loro estensione e uniformemente distanti tra loro per uno spazio adeguato che consentisse di identificare detta distanza (tra il corpo ed il telo) e, pertanto, almeno non inferiore allo spessore del corpo. Tale necessaria situazione di fatto risulta, però, in totale netta ed incontestabile contraddizione con la situazione di fatto così come raccontata dai Vangeli: ciò comporta la conseguente inequivocabile conseguenza dell’impossibilità che la Sacra Sindone presente a Torino – laddove si ritenesse, come ipotizzato dagli scienziati e sindonologi, che l’impressione dell’immagine fosse avvenuta, secondo le naturali leggi della fisica, in occasione e per effetto della Resurrezione di Gesù –  possa corrispondere  al lenzuolo che effettivamente teneva avvolto, in tale momento, il Suo corpo.

         Quanto sopra osservato, unitamente alla considerazione che il telo sindonico è unico e che, tra testa contro testa, intercorre uno spazio di soli pochi centimetri assolutamente insufficienti a realizzare quel minimo distacco, tra il corpo ed il telo, che consentisse la suddetta “proiezione”, dovrebbe concludersi per l’impossibilità dell’ipotesi che l’immagine del corpo di Gesù si sia formata per “proiezione”, almeno per quell’ampia parte del corpo di Gesù che, necessariamente, deve ritenersi sia stata in contatto con detto telo, al momento della Sua Resurrezione, confermando, inoltre, di conseguenza, come sopra affermato, che la Sindone presente a Torino non possa aver avvolto il corpo di Gesù.       

         Tutto ciò premesso – che, sulla base di obbiettive situazioni di mero fatto non  suscettibili di alcuna modifica successiva, portano ad escludere che l’immagine sindonica,  si sia formata, sia pure parzialmente, per quanto riguarda le macchie di sangue, per “contatto” e, per quanto riguarda  l’immagine del corpo di Gesù, “per proiezione” – dovrebbe far pervenire all’inevitabile conclusione della sussistenza di seri dubbi che la Sacra Sindone esistente a Torino possa davvero aver avvolto il corpo di Gesù.       

          In tale situazione, in presenza dell’immagine impressa sulla Sacra Sindone a Torino che, con tutte le sue incongruenze ed incompatibilità riscontrate, una causa di origine di detta immagine debba pur avere ed in considerazione, anche, che, come ormai risulta concordemente accettato, debba escludersi l’ipotesi di un falso medioevale, non resta che una sola soluzione: quella di un intervento soprannaturale di Chi, sottratto a qualsiasi condizionamento delle naturali leggi della fisica, abbia voluto, come del resto dallo stesso promesso, lasciarci un stupefacente segno miracoloso della Sua Passione, Crocifissione, Morte e Resurrezione: particolarissimo segno che non trova alcun analogo riscontro in nessuna altra religione al mondo.

          Non può, comunque, scartarsi, l’ipotesi – oggetto di un mio intimo e fermo convincimento, anche da molti esplicitamente condiviso – che la suddetta Sindone abbia realmente avvolto il corpo di Gesù: ciò potrebbe essersi verificato  nel caso, da non escludersi, anche se in assenza di impossibili e tangibili prove, che detto intervento soprannaturale fosse intervenuto in occasione della Resurrezione di Gesù, e, quindi, sul telo che avvolse il suo corpo, dopo che detta Sindone avesse subito, sempre in tale occasione e per soprannaturale intervento, un suo ringiovanimento  ed uno sbiancamento come quello avvenuto nell’episodio della Trasfigurazione.

         D’altra parte, resta sempre da ricordare che a nulla rileverebbe, comunque, ai fini dell’autenticità della Sacra Sindone e della veridicità di un  intervento soprannaturale nella formazione dell’immagine sindonica, in quale momento tale intervento si fosse verificato, se, cioè al momento della Resurrezione, ovvero in un qualsiasi momento successivo, fino alla comparsa in Europa della Sindone e, quindi, anche su di un altro telo medioevale, diverso da quello che avvolse il corpo di Gesù.

         Difronte, poi, al persistente atteggiamento di non pochi scienziati e sindonologi che, ancora, non desistono dal richiedere inutili ulteriori ricerche al fine di provare il nesso causale, al di fuori di ogni intervento soprannaturale per preconcetta esclusione, tra la formazione dell’immagine sindonica e la Resurrezione di Gesù, ritengo opportuno ricordare quanto affermato da Papa Giovanni Paolo II, nella sua enciclica “Fides et ratio”, a proposito dell’utilizzo della ragione umana nella ricerca della verità.

         In tale enciclica, Giovanni Paolo II, pur riconoscendo  “che la conoscenza dell’uomo è un cammino che non ha sosta” avvertiva, però, di non cadere nell’errore dell’orgoglio “che tutto sia frutto di personale conquista”, disconoscendo l’esistenza di eventi ascrivibili alla “sovrana trascendenza” e, pertanto, sottratti all’umana conoscenza: in tal caso, infatti, “l’uomo s’espone al rischio del fallimento e finisce per trovarsi nella condizione dello stolto”.

         Con riferimento alle suddette parole di Papa Giovanni Paolo II, come sopra riportate, ritengo, in conclusione, di mettere in evidenza la saggezza dimostrata da un notissimo fisico, il Prof. Giuseppe Baldacchini,  il quale, nell’esporre la sua ipotesi sulla formazione dell’immagine sindonica (che anche chi scrive questo articolo aveva inizialmente accolto) aveva esplicitamente premesso che, in qualità di scienziato, non avrebbe fatto riferimento ad eventuali interventi di natura soprannaturale, basando la sua ipotesi su di un ipotetico annichilimento del corpo di Gesù: successivamente, però, prendendo atto dell’obbiettiva impossibilità, partendo dalla suddetta ipotesi, di trovare una soluzione, sul piano scientifico, al problema da risolvere (non determinata da propria od altrui incapacità, ovvero per mancanza di adeguati mezzi), testualmente concludeva che: “se Cristo era il figlio di Dio, come molte circostanze tendono a indicare, allora  questa difficoltà umana trova la semplicissima spiegazione dell’intervento divino, cioè un miracolo”, così implicitamente rispondendo alla domanda di Gesù,  attuale soprattutto oggi, come di recente fatto presente da Papa Leone XIV :“chi dite che io sia?”. Tale affermazione, infatti, costituisce un chiaro riconoscimento e ringraziamento per l’intervento miracoloso di Nostro Signore Gesù Cristo per averci lasciato un tangibile e stupefacente segno della Sua Passione, Crocifissione, Morte e Resurrezione, offerto in dono all’umanità tutta, per la Sua Infinita Onnipotenza ed Amore.

         Concludo questo mio scritto con un caldo appello a seguire l’esempio del Prof. Baldacchini, a quanti, scienziati e sindonologi, ritengono, senza alcun fondamento in quanto  in contrasto con obbiettive e non modificabili situazioni di fatto, di poter dimostrare, anche se in un prossimo lontano futuro (che, comunque, non potrà mai avvenire), che l’immagine sindonica si sia formata naturalmente, sulla base delle leggi della fisica,  a seguito e per l’effetto della Resurrezione di Gesù, dato che, con il loro discutibile orgoglioso atteggiamento, sia pure inconsapevolmente, costituiscono un evidente intralcio al riconoscimento dell’intervento miracoloso, da parte della Chiesa Cattolica, essendo detto riconoscimento in parte condizionato, anche se non determinato, dall’accertamento da parte del mondo scientifico dell’impossibilità di pervenire ad una soluzione, sul piano scientifico, dell’enigma della Sacra Sindone.

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