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L’avvento della globalizzazione e il neoliberismo

L’avvento della globalizzazione e il neoliberismo
Febbraio 05
13:00 2025

Dopo alcuni incontri preliminari, gli otto paesi economicamente più sviluppati (il G8) si riunirono a Genova nel 2001. Al termine dei lavori pubblicarono un comunicato che esprimeva la sintesi dei punti salienti concordati durante i colloqui.

Comunicato del G8 svolto a Genova nel 2001

  1. Noi, i Capi di Stato e di Governo di otto delle principali democrazie industrializzate e i rappresentanti dell’Unione Europea, ci siamo riuniti a Genova per il primo Vertice del nuovo millennio. In uno spirito di collaborazione abbiamo affrontato i problemi più pressanti dell’agenda internazionale.
  2. Come Leader democratici, responsabili verso i nostri cittadini, crediamo nell’importanza fondamentale di un dibattito pubblico ed aperto sulle principali sfide che le nostre società devono affrontare. Promuoveremo soluzioni innovative basate su di un’ampia partnership con la società civile ed il settore privato. Ricercheremo, inoltre, una cooperazione e solidarietà più accentuate con i paesi in via di sviluppo, basate su una reciproca responsabilità per combattere la povertà e promuovere lo sviluppo sostenibile.
  3. Siamo decisi a far sì che la globalizzazione lavori a favore di tutti i nostri cittadini e specialmente per i poveri del mondo. Includere i paesi più poveri nell’economia globale è il modo più sicuro per rispondere alle loro aspirazioni fondamentali. Abbiamo concentrato le nostre discussioni sulla strategia per riuscire in questo intento.

Ora, a distanza di ventiquattro anni, siamo in grado di valutare quanto false erano le intenzioni degli otto paesi ‘grandi e civili’ che si riunirono a Genova. La spudoratezza di alcune affermazioni espresse fanno venire il voltastomaco:

«Ricercheremo una cooperazione e solidarietà più accentuate […] per combattere la povertà e promuovere lo sviluppo sostenibile.»

«Siamo decisi a far sì che la globalizzazione lavori a favore di tutti i nostri cittadini e specialmente per i poveri del mondo.»

Con il termine ‘globalizzazione’ si spacciò l’idea di unificazione degli uomini, auspicata dagli antichi pensatori. Ma i mezzi tecnologici e finanziari erano detenuti solo dalle civiltà ‘intellettuali’ le quali miravano – facilmente – a una loro continua e crescente appropriazione delle risorse naturali sfruttando le società più povere. La conseguenza è la frattura fra le diverse culture fino all’odio, fino alla guerra, per il mantenimento dell’egemonia, per il mantenimento e l’accrescimento dei privilegi e dei mezzi per governare e dividere il mondo. Conseguenze inevitabili sono le disuguaglianze e le lacerazioni che sono quindi incompatibili e contrapposte al concetto della ‘cittadinanza universale’, artatamente propugnato nel termine ‘globalizzazione’.

La globalizzazione ha, comunque, certamente allargato i limiti preesistenti e ha aperto nuove opportunità sul fronte sociale e politico (purtroppo, poi, disattese dai fatti), ma ha anche fallito l’obiettivo primario di integrare le popolazioni locali nella ‘società globale’. Al contrario, ha permesso ai potenti di sfruttare i più deboli. Per esempio, è stata incoraggiata la migrazione di industrie inquinanti verso i paesi più poveri. E sì, i costi per i danni alla salute dovuti all’inquinamento (aumento di malattie e mortalità) sono sicuramente inferiori in un paese povero! E se non fosse possibile migrare l’industria… allora migriamo gli inquinanti!

Perché non è stato attivato un processo di globalizzazione dei bisogni che riguardano la fame nel mondo, la qualità della vita, la conservazione dell’ambiente, l’alimentazione sostenibile, eccetera?

Perché non si è impedito che la globalizzazione contribuisse in maniera rilevante alla perdita, da parte di molti popoli, della loro identità socio-culturale?

Perché si è continuato a indicare risoluzioni a misura proprio di ciò che sta franando, dissolvendo e facilitando sviluppi pregni di un minaccioso oscurantismo?

Perché non si è operato per globalizzare la richiesta di libertà per tutti i popoli oppressi?

Perché non si tende a eliminare le crescenti discriminazioni e le violenze che si verificano in tutto il mondo?

Perché non si uniscono le forze per promuovere una cultura dell’inclusione per una società globale giusta e pacifica?

La situazione è molto grave.

Armando


«Le conseguenze negative della globalizzazione, come il diffuso materialismo e consumismo, hanno reso le persone più egocentriche, assetate di potere e indifferenti ai diritti, bisogni e sofferenze degli altri. Questo ha portato ad una ‘globalizzazione dell’indifferenza’ che ci fa lentamente abituare alla sofferenza dell’altro chiudendoci in noi stessi. […] Tale indifferenza dà luogo a una ‘cultura dell’esclusione’ in cui a poveri, emarginati e vulnerabili sono negati i loro diritti, così come le opportunità e le risorse che sono invece disponibili per altri membri della società. Essi vengono trattati come insignificanti, superflui, gravosi, inutili, da utilizzare o anche da scartare come oggetti. […]»

Papa Francesco


Nella foto: I partecipanti al G8 di Genova del 2001: Junichiro Koizumi, Tony Blair, George W. Bush, Jacques Chirac, Silvio Berlusconi, Vladimir Putin, Jean Chretien, Gerhard Schroeder. Agli otto “grandi” si aggiunsero Guy Verhofstadt e Romano Prodi © Pool Photo/Getty Images

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