L’EUROPA, LA SUA DIFESA, E I COSACCHI CHE ABBEVERERANNO I CAVALLI ALLE FONTANE DI S. PIETRO

Oggi si pone all’ordine del giorno, drammaticamente, il tema della difesa dell’Europa.
Putin vuole ricostituire l’impero zarista espandendosi all’ovest. Ha invaso la Crimea, ha messo un presidente fantoccio in Bielorussia, ha provato a invadere l’Ucraina ma per il momento ha trovato, purtroppo per lui, un’accanita e inaspettata resistenza. Se riesce nel proprio intento in Ucraina, i nostri paesi europei saranno sotto tiro e il loro destino è quello di essere soggiogati dal suo regime tirannico (ritorna alla mente l’immagine evocata dalla propaganda antisovietica secondo cui “I cosacchi abbevereranno i cavalli nelle fontane di S. Pietro”). Bene hanno fatto i paesi della NATO a fornire gli armamenti all’Ucraina che, di fatto, sta facendo una guerra di resistenza anche per loro conto.
Ora le cose sono cambiate. Trump, come i precedenti presidenti americani, non è più disponibile a farsi carico della difesa dell’Europa e sta stringendo un patto imperialistico con Putin per smembrarla e dominarla. E noi, per salvaguardare la nostra libertà e i nostri valori, dobbiamo contrastare tale pericolo.
A livello europeo il tema della difesa è stato sollevato da Mario Draghi e successivamente da Ursula von den Leyen: la proposta è di armarci e fare un investimento dell’ordine di 800 miliardi di euro in quattro anni, una cifra enorme, e di impiegare i nostri eserciti. Ovviamente il tutto è da definire e il processo di realizzazione sarà senz’altro molto difficile.
Questi scenari trovano la gran parte degli italiani completamente impreparata. Durante i trascorsi ottanta anni siamo vissuti “a sbafo” sotto l’ombrello della sicurezza americano; per noi la pace è un bene indiscutibile, anche psicologicamente, e non contempliamo l’idea della guerra. E’ svanita la combattività di un popolo pacificato, demograficamente invecchiato e profondamente imborghesito: non siamo più dei guerrieri (non come quelli da operetta che si vedono al Colosseo per la foto con i turisti, ma quelli veri che due millenni fa soggiogavano i popoli con la forza delle armi).
Un monito ci viene dalla Resistenza antifascista che ci ricorda perché ripudiamo la guerra, ma ci insegna anche le ragioni per prepararci, se necessario, a combatterla. Ma chi è disposto, oggi, ad andare a morire in guerra?
Siamo vissuti di fatto come adolescenti (ci pensava lo Zio Sam a tenerci in piedi) ed ora dobbiamo improvvisamente diventare adulti e provvedere a noi stessi. Questa “immaturità” fa sì che la più parte dell’opposizione al parlamento italiano sia contraria al riarmo, che un partito della maggioranza di governo sia chiaramente schierato a favore di Putin, e che quindi la presidente del consiglio non si sia schierata con Francia, Regno Unito, Polonia, Canada, e gli altri paesi che, affrontando il tema della difesa in tutt’altro modo, hanno cercato nelle riunioni di Parigi e di Londra dell’inizio di marzo 2025 di mettere in campo una strategia di difesa comune dell’Europa.
Si tratta di un mutamento durissimo ma necessario. Da vari anni l’Italia ha assunto l’impegno di destinare alla difesa il 2 per cento del Pil, impegno che ha bellamente disatteso – attualmente siamo all’1,5 per cento. Con un’economia di fatto stagnante, dovremo destinare una quota significativa del Pil per la difesa, e ciò significherà stringere la cinta in molti settori dell’intervento pubblico e fare debiti che pagheremo nei prossimi anni. Gli equilibri mondiali stanno cambiando giorno per giorno, e la sopravvivenza della libertà e della democrazia nostra e degli altri europei deve avere la priorità.
Venti secoli fa Tucidide, trattando della guerra del Peloponneso, raccontava che gli abitanti dell’isola di Mèlo, i quali volevano rimanere neutrali, ricevettero gli ambasciatori di Atene i quali notificarono loro: “Voi dovete prendere parte, la nostra parte [in altri termini li volevano sottomettere]. Le azioni giuste sono quelle che partono da una necessità: chi è più forte esige quanto è possibile, chi è più debole cede”. Il detto latino dice: Si vis pacem para bellum (se vuoi la pace prepara la guerra) e, con Seneca, sappiamo che “Chi pecora si fa, il lupo se lo mangia”.
Il teologo Vito Mancuso sostiene che: “Bisogna che anche l’Europa abbia una sua forza militare. Se, di fronte alla cultura della forza non ci fosse una barriera degna di questo nome, gli erbivori europei farebbero certamente la fine che di solito fanno davanti ai carnivori: verrebbero divorati”.
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