Nasce il Lido di Ostia (1/2)
Quella che fin dalla sua “invenzione” grazie alla ferrovia pontificia ed alla moda dei bagni di mare era la “Marina di Roma”, cioè la spiaggia di Palo e poi quella di Ladispoli, terminerà di esserlo a causa della nascita di Ostia. Vale la pena conoscere qualcosa di quella nascita che tante variazioni portò, nel corso di un ventennio, alla città alsietina.
La convenzione fra Stato e Comune di Roma per la concessione e la costruzione del porto di Ostia divenne esecutiva subito dopo l’armistizio della prima guerra mondiale, nel novembre 1918, poi il 30 dicembre furono affidati i lavori “stradali” per il primo tratto della ferrovia Roma-Ostia Nuova. A sostegno dell’ampio piano di sviluppo previsto dalla Commissione Reale, il Governo varava il Decreto Reale 23 febbraio 1919, n. 304, con cui approvava l’istituzione dell’Ente per lo Sviluppo Marittimo e Industriale di Roma (SMIR), sotto la Presidenza dell’Ing. Paolo Orlando (membro della famosa famiglia ligure), espressamente finalizzato alla realizzazione e all’esercizio del Porto di Ostia Nuova, allo stesso veniva affidata in sostanza la gestione di tutte le opere e servizi collegati al progetto per Roma Marittima ivi compresa la ferrovia per il Lido, la creazione del sobborgo marino di Ostia, la messa in opera del canale di collegamento tra la darsena interna di S. Paolo e il mare, la gestione delle aree limitrofe per la creazione di zone industriali e, ovviamente, la costruzione della ferrovia di allacciamento tra la città e il suo lido.
Vittorio Emanuele III inaugurava ufficialmente l’opera con la posa della prima pietra della spalla sinistra del ponticello sul torrente Almone nel febbraio del ‘20.
Fin dall’inizio, lo SMIR si trovò ad affrontare numerosi problemi di liquidità, dovuti sia al complesso meccanismo di ripartizione dei fondi, stabilito per legge, sia alla situazione di grave insolvenza da parte dello Stato. Sicché, già un anno dopo la posa della prima pietra della ferrovia, il timore di non poter rispettare le date di consegna fu espressamente manifestato. Tanto più che il nuovo governo Mussolini, salito al potere nell’ottobre 1922, non facilitò alcun sostegno finanziario da parte del Ministero dei Lavori Pubblici, favorevole, com’era, a cedere all’industria privata sia la ferrovia sia i terreni fabbricabili ad Ostia Nuova e lungo il Tevere. Lo stesso Orlando si rendeva conto delle difficoltà dell’impresa ed in un suo scritto affermava: “esistono difficoltà di persuadere i pubblici poteri della convenienza di costruire una ferrovia attraverso un paese deserto, per uscire sopra una spiaggia desolata”. Il 20 novembre 1922, quando il Senato, per il grave deficit finanziario del bilancio statale, decise di interrompere i lavori del progettato porto, poneva momentaneamente fine alla questione dello sviluppo industriale romano, e l’Ing. Paolo Orlando percepì immediatamente le conseguenze negative che quel provvedimento avrebbe apportato alla costruzione di una ferrovia, ideata inizialmente per sostenere traffici commerciali, da e per il mare, e per garantire lo smistamento dei treni e la mobilità dei commerci.
La sospensione dei lavori portuali, quando la ferrovia era oramai prossima all’apertura, costrinse l’amministrazione pubblica ad adeguarsi alle trasformazioni progettuali che subiva Ostia Nuova, la quale, da futuro porto industriale di Roma, con un traffico previsto di 400.000 tonnellate, assumeva definitivamente, nell’immaginario collettivo, l’aspetto di amena località balneare: un sobborgo marittimo con un centinaio di case, 7 km di strade, 4000 bagnanti pendolari che da S. Paolo si sarebbero spostati al mare col “trenino per Ostia”. Non a caso, allorché Paolo Orlando s’apprestò a redigere la relazione di bilancio dei primi quattro anni di vita dello SMIR, ricordò che quella ferrovia non era stata progettata per il traffico viaggiatori tra la capitale e il quartiere sul mare, ma soprattutto tra Roma e il suo porto.
Nonostante tutto, comunque, la ferrovia aveva contribuito allo sviluppo delle aree da essa attraversate. All’Ostiense si era provveduto a sistemare e ad allargare strade per circa 3 km, mentre altri binari erano stati impiantati per raccordo tra la Roma-Ostia, gli stabilimenti industriali e i Mercati Generali. Ma restava il fatto che, dopo quattro anni, lo SMIR era in credito di più di un milione di lire verso lo Stato italiano, il quale corrispondeva sì, le cifre preventivate, ma secondo i valori di mercato vigenti prima della guerra. La grave situazione finanziaria, aggravata dai mancati versamenti da parte del Ministero dei Lavori Pubblici, bloccò dunque ogni possibilità di iniziativa dello SMIR, tanto che, dopo quattro anni, Orlando, più che annoverare i lavori terminati, fu solamente in grado di offrire una lunga lista di opere rimaste in sospeso. (continua)
Non ci sono commenti, vuoi farlo tu?
Scrivi un commento