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grottaferrata

La stele a guardia della fonte

Quelle pietre, poste a destra e sinistra delle fonti vietavano....

Da qualche giorno il Museo dell'Abazia di San Nilo, a Grottaferrata, è chiuso e lo sarà fino alla fine dell'anno.
Lo si sta ristrutturando ed arricchendo di alcune grandi bacheche destinate a ricevere molti importanti reperti di alcune tombe dell'età del ferro rinvenute il località Colonna.
Così ci fermiamo sotto il colonnato dell'Abazia, senza poter entrare nel museo, ad osservare i vari "pezzi" ivi custoditi. Il primo è una grande pietra rettangolare di peperino rinvenuta nel gennaio del 1887 presso la marana un poco a valle della cartiera, con alcune iscrizioni che si leggono a malapena: "IUL.IMP.CAESAR - DIVI F AUGUSTUS EX S.C." E' una stele che era posta a guardia di una fonte e su di essa, appunto, si può leggere che.... IUL (acqua iulia) IMP(erator) CAESAR DIVI F(ilius) AUGUSTUS EX S(enatus) C(onsulto).
Quelle pietre, poste a destra e sinistra delle fonti vietavano che si potesse costruire troppo vicino al luogo da dove sgorgava l'acqua, al fine di preservarne la purezza. Così la pioggia, che Giove Pluvio faceva cadere dal cielo, era assorbita piano piano dal terreno ed, arricchita dai sali minerali in esso contenuti, sgorgava fresca e pulita e poteva essere condotta a Roma mediante quelle opere d'arte che percorrevano la campagna romana: gli acquedotti dell'antica Roma. E poiché fosse arricchita solo... da sali minerali, ecco quei cippi a guardia delle fonti.
Che grande cosa era Roma!
Quando ci si avvicina, per diletto o per studio, al Diritto Romano, più lo si conosce e più ci si avvede di stare difronte ad un gigante. Roma governava il mondo e imponeva, con la spada, le sue leggi; ma una volta che la "lex romana" si era insediata fra i popoli, quei popoli avevano una vera legge. Può sembrare eccessivo, ma così non è perché a pensarci bene quella stele è un vero monumento al diritto: quello primario della salute pubblica.
E così l'acqua scorreva sull'acquedotto, ma non troppo in fretta, che altrimenti avrebbe tracimato da quello; ne troppo lentamente, altrimenti vi avrebbe ristagnato. L'opera muraria doveva, quindi, avere un'inclinazione di due gradi; ne più ne meno. Ecco perché vediamo e ammiriamo quelle opere di antica ingegneria che ancora si snodano per la campagna facendo, a volte, larghe curve sinuose ed a volte, invece, correndo diritto fra due colline: dovevano mantenere costanti i due gradi di pendenza.
Molto spesso l'acquedotto correva parallelo a strade importanti, ma ove questo non fosse accaduto si costruivano strade di servizio che ne rendessero possibile la manutenzione. Alcune acque, come quelle che provenivano dal fiume Aniene, erano molto ricche di calcio ed in questo caso, come accadeva anche per l'acqua Marcia, si provvedeva a filtrarle, fino a che il materiale calcareo contenuto in esse, fosse rimosso e depositato al di fuori della conduttura. In conseguenza di ciò accadeva spesso che lungo gli acquedotti si allineasse una, quasi ininterrotta, linea di pietrisco bianco formata da incrostazioni di calcio. Tale pietrisco fu usato agli inizi del Medioevo, quando ormai la grandezza di Roma era declinata, come materiale da costruzione per le case di campagna.
Nel primo tratto dell'acquedotto si costruiva una diga che, raccogliendo l'acqua che sgorgava dalla fonte, ne faceva salire il livello rendendo possibile la decantazione ed il deposito delle impurità più grandi. Poi veniva convogliata nei tubi che si chiamavano "fistulae aquariae" in genere di piombo. A tal proposito sarà interessante, quando sarà riaperto il museo, recarsi a vedere alcune "fistule" di quel metallo usate per le tubazioni delle Ville Tuscolane che ancora recano impresso il nome del costruttore o del proprietario dell'immobile. A Roma l'acqua era un problema, poiché l'Urbe era la meta di molti importanti acquedotti, spesso legati al nome dell'imperatore che li aveva costruiti. Appio Claudio, che costruì il primo acquedotto, che da lui prese il nome, ebbe una statua alla base della quale erano incise parole di elogio che ne ricordavano l'opera.
Grandi scrittori, antichi e moderni, esaltano gli acquedotti romani. Plinio il Vecchio scrive che tenendo conto dell'enorme quantità di acqua destinata sia all'uso pubblico (nelle terme, nelle piscine, nelle fontane per le strade), sia all'uso privato e tenendo presente, inoltre, tutte le condotte costruite, le opere murarie, i monti che sono stati perforati e le valli che sono state superate, si deve riconoscere che l'opera è veramente meravigliosa.
Un'altro autore, moderno questa volta, il Goethe, scrive che gli acquedotti romani sono una "successione di archi di trionfo" che impongono un grande rispetto. Con fine senso poetico, Rutilio Namanziano, scrive nel V secolo d.C., che "solo l'arcobaleno riesce a portare le acque piovane a un livello superiore".
Se penso con quale e quanta attenzione, noi uomini moderni, guardiamo gli acquedotti romani quando abbiamo la ventura (o sarebbe meglio chiamarla fortuna?) di passarvi accanto in macchina od in treno, mi sovviene la raffinata differenza che c'è tra guardare e vedere.
Per quanto riguarda, poi, l'amministrazione ed il rispetto delle leggi inerenti tutto questo sistema idrico, l'Urbe, nei diversi periodi, si avvalse di Magistrati, di Censori, di Questori, di Edili. Tutti personaggi che erano preposti alla "cura aquarum", che ne controllavano l'afflusso, la distribuzione alle varie fontane pubbliche, alle piscine, alle terme e che, armati della "lex", comminavano dure ma eque sanzioni a chi ne faceva spreco, abuso, incetta, o manometteva tubazioni o condotte come, spesso, i proprietari dei terreni su cui passavano, erano indotti a fare per loro tornaconto.
Si creò un Codice delle acque, molto dettagliato, che prevedeva i vari reati e le varie, relative, punizioni. Di tutto ciò è muto, nobile e modestissimo protagonista, quel cippo di cui s'è detto prima. Esso è stato testimone dell'emanazione di giuste leggi: della loro severa applicazione a tutela della salute pubblica. Ha visto i Magistrati colpire il cittadino disonesto a tutela degli onesti. Ha visto le aquile delle Legioni dissetarsi alle sue fonti cristalline. Esso, ora, è lì grande e silenzioso, in attesa che qualcuno volga lo sguardo a lui e che si fermi a leggere quelle iscrizioni che ancora si scorgono a malapena: "IUL. IMP. CAESAR....."
Massimo Medici


monte compatri

Sfida dei Borghi

Programma agosto 1998

Lunedì 10/08/98 ore 16.00 Sfida di calcetto e pallavolo tra i Borghi

Giovedì 13/10/98 ore 17.30 Giochi popolari:
Corsa delle conghe, Corsa con i cerchi, Braccio di ferro, Tiro alla fune.
ore 21.00 Torneo di scherma "Lame Tuscolane".

Lunedi 14/08/98 ore 20.30 Solenne Processione in onore dell'As sunta, le genti dei Borghi parteciperanno in costume storico.
ore 21.30 Santa Messa

Sabato 15/08/98 ore 17.00 Sfilata storica dei Borghi
ore 18.00 Sfida dei Borghi - Conquista del Palio: tiro con la fionda e tiro con l'arco.
ore 22.00 Estrazione ricca tombola
ore 23.00 Chiusura della serata con spettacolari fuochi pirotecnici

N.B. Tutte le competizioni determineranno la classifica per l'ordine di tiro con l'arco per la sfida finale.