ARCHITETTURA
Col passo del viandante a Londra
Gli inglesi evidentemente perdonano presto
Ci si trova in uno spazio circolare, con le uscite per gli
aeromobili disposte a raggiera. È laeroporto di Gatwich, a una cinquantina di
chilometri da Londra. Ha laria moderna di un vecchio film di fantascienza, dove il
futuro era lanno passato. Sì, è vero, cè un utile trenino che passa spesso,
con il posto per le valigie, e già sei alla Victoria Station, più o meno nel cuore di
Londra. Avrei preferito il piccolo aeroporto di Stanted, opera dello studio Foster
Associates, prezioso esempio di professionalità, ben fatto, pulito, tecnologico, magari
non armonioso, non commovente. Davvero commosso sono rimasto, invece, per le persone che
tutti i giorni, per questioni di residenza o lavoro, devono sopportarsi i lavori dello
studio Gmw Partnership, del quale anche un visitatore poco attento non potrà fare a meno
di notare limmensa mole del Minster Court (soprannominato Monster Court)
ignobile colata pseudogotica adagiata sulla Mark Lane alla fine degli anni Ottanta,
fumettone straripante guglie e puntigliosi tetti da far girare anche i giapponesi che
percorrono la Tower Bridge. Si penserebbe che dopo ciò le autorità inglesi togliessero
la possibilità di firmare progetti almeno per un decennio agli autori di così efferato
crimine. No. Gli inglesi evidentemente perdonano presto e solo dopo pochi anni, nel 1993
al 54 di Lombard Street, i nostri su incarico della Barclays Property Holdings progettano
e ahimè costruiscono un nuovo edificio, che se niente rievoca, stilisticamente, del
precedente, certamente ha in comune la indicibile bruttezza sottolineata
da orribili detta- gli del peggiore post-modern.
Fortunatamente, se gli occhi non si sono atrofizzati in una smorfia di dolore, vicino si
può rimanere ancora incantati dalledificio dei Lloyds, opera famosa
dellarchitetto Richard Rogers in collabora- zione, per le strutture, con Ove Arup
& Partners.
Realizzato tra il 1978 e il 1986 è una eccezionale macchina futurista, in cui tubi,
ascensori, pannelli metallici, costituiscono elementi vibran- ti di un organismo pulsante
insediato sulla Lime Street, sorprendendo per lovvia, apparente incompatibilità con
ledificato circostante, eppure sintonizzato sulla stessa frequenza. Le dimensioni e
il grado di visibilità non sono pensate per uno sguardo che inglobi immediatamente tutto
il complesso e , quindi, ci si sposta velocemente, con i muscoli orbicolari che riprendono
gioiosamente a funzionare, da un particolare allaltro, riuscendo a decifrare un
sistema che non è massa plasmata da abili mani,
ma piccoli frammenti appesi al tempo, lucenti anche nella poca solarità londinese.
La metropolitana londinese permette di arrivare con rapidità e relativa semplicità nei
luoghi voluti. Mi siedo su sedili in tessuto tipo velluto, naturalmente non puliti, e
penso che sia sciocco utilizza- re tali rivestimenti per un mezzo pubblico, con undici
linee diverse e chilometri di metropolitana, la prima delle quali era già attiva nel
1863; un poco di esperienza ci dovrebbe essere. Scendo alla stazione St. James Park e mi
dirigo verso Horseferry Road. Passo al confine di un bel giardino, allinglese
naturalmente, a un austero edificio primi del Novecento, credo, in cui risiede un
collegio, nel quale immagino anziane direttrici anglosassoni e terrorizzati bambini, mi
incuriosisco a guardare la famosa sagoma dei bus inglesi e, trovandomi ormai a Horseferry
Road, vado a incontrare unaltra opera dellautore dei Lloyds. È la sede
dellemittente televisiva Channel Four.
Ledificio che si sviluppa sue due strade, ne ridisegna langolo con due corpi
tra loro perpendicolari incernierati da un elemento di accesso fortemente caratteriz- zato
da una «tenda» in vetro strutturale. In vero è lespres- sione di una corrente
forma di disegno architettonico che non lascia eccessivo spazio alla poesia. Certamente
laspetto tecnologico e le possibilità strutturali moderne inducono al compiacimento
della soluzione in sé, quasi fosse solo un oggetto di design.
Non posso essere particolarmente obiettivo, ho un debito di riconoscenza verso chi mi ha
ridato luso della vista, offuscata da repellenti opulente scatole. Nel ritornare
alla residenza non posso non notare come, tra baracconi di vetro che distolgono dalla
comunque affascinante visione del Tamigi, esista una archi- tettura, che si estende verso
limmensa periferia, sommessa, anonima, nei tipici mattoncini rosso scuro, comunque
di garbata eleganza, questa sì tipicamente inglese.
Dario Curatolo
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