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  Anno VIII numero 11 – novembre 1999

  

 L'ANGOLO DELLA POESIA

Il sogno
Come un lenzuolo si contorce
si avvolge, si stende per coprire
trame e tessuti d’oscurità

nel tramestio della memoria, travaglio del segno,
trasferimento e travestimento di tempo e luogo,
uno sguardo che accarezza il fiume di Eraclito
e che lambisce la sfera dell’ente parmenideo

Come un lenzuolo raccoglie
le spoglie della nostra catastrofe
sfuggite alla feroce chiarezza
di una sconfitta quotidiana

Mentre le pagine ospitano le parole
pellegrini assetati,
che fuggono nel cuore della notte,
vagabondi di mestiere
che masticano suoni
e calpestando piste polverose,
seminano passi nella terra.
Lorenzo Pompeo

 

Le maschere della diffidenza
Dalle grondaie del cielo
cadono
lacrime antiche di novità.
Gettati su fogli sparsi
tratti di matita
sconnessi lampi
in un bianco eternamente rinnovabile.
Nudi vaghiamo per il mondo
pronti a darci sferzate;
ganci mai presi
nascosti nelle mani
con i pugni stretti.
Imbrattati di cicatrici noi,
allenate ormai
a guarire in fretta
per frugarci nei pantaloni dell’anima
senza lasciare traccia di sporco
sotto le unghie affilate
ci graffiamo
con lame smerigliate
da una superficialità studiata
dietro le quinte delle delusioni.
E andiamo
demoni a frotte
incappucciati di diffidenza.
Andiamo.
Mentre il tempo trascina le stagioni

e ancora le trascina
e ancora trascina un susseguirsi
illimitato di stagioni.
Cosa mi lasci in mano?
Una pistola di zucchero
senza pietà,
una vena che,
spegnendo il rombo del silenzio,
mi pulsa sul collo
al ritmo delle campane a morto.
Micaela Rizzo

 

Malato
Come oso
chiamare apparenza
la palude melmosa
dell’angoscia esistenziale
che sembra alimentata
da una sorgente di fango
intrinseca al mio essere?
Come mi permetto di credere
che quella massa fangosa
nasconde in realtà sorgente
cristallina e pura di vita?
Eppure sono oramai
malato incurabile
di tale speranza.
Paolo Cappai

 

Il dubbio e l’epilogo
Versarti in Lei come si versa
l’olio
dal fine becco nella conca calda.
Non spada o lancia né cuneo
a spaccarla,
legno giovane che piange,
sfrigola ad essere bruciato.

Sesso «nonamore» in cui si perde
                          amore,
non c’è tregua (o cenere) al mio ardere,
bruciando in canti d’uccello, fenice
                          che rinasce.
Dubito che l’amore poesia si faccia
nella fede incrollabile di Poesia
come amore… L’amore manca,
la mia presenza è incontestabile.
Maria Grazia Lenisa

 

Tragifalsetto
Ed ecco, vengono, ma come d’acqua
come di neve sembrano. Come di luna.
Vengono come d’un dolore nuovo,
–come di nebbia appena, di bioccoluta
avena (nei fiati, nei fiati!) di vecchi ostinati
(piegati piagati) presso le mangiatoie e l’armento,
il butterato volto tutto uno scempio di gioie
o di pene (chi sa più dirlo?), di staccate catene
ai polsi (oh antiche mie noie…)– rifarsi,
rinnovellandoci sempre, ancora attendendo
più poco quel meno picciolo gioco ch’è nostro.
Dove sei, ora? Non vedi? … sparisco, non sono più
neanche me stesso d’allora, il me stesso di oggi,
l’eroe shakespeariano, il Tristano spacciato
per l’Isotta che eri. Non vedi? Sparisco, sparisco…! E…
… io muoio, io muoio…! Non v’è più speranza
di vita? Non v’è più speranza…? Non v’è più
speranza: il gioco è finito, è finito. Non v’è
più speranza, più nulla. (Addioo! Addiooo…!)
Più nulla.
Nicola D’Ugo

 

Gli alberi ed il vento
Negli alberi il vento parla,
in montagna la gente lo ascolta,
canta e fischia.

Nei paesaggi, la gente l’ascolta.
I pastori, portano il gregge ai pascoli.

Gli arcobaleni lucenti illuminano i paesaggi,
gli uccellini partono e vanno nei paesi caldi
per non morire
Irina Carletti (8 anni)

 

La motoretta
Quando te la regalarono
fosti felice!
Ma poi ne facesti
una ragione di vita.
Era la tua evasione
a una situazione.
Cosa fu?
Uno smarrimento,
o una volontà
di provare le tue capacità,
a farti urtare con violenza,
senza farti riprender conoscenza?
Non lo sapremo mai,
ma in quella via
c’era la morte,
che attendeva paziente
per ghermirti,
con la sua falce lucente.
In cielo,
per i viali luminosi
ma senza calore,
libra la tua anima,
scevra da ambasce terrene,
in corse felici
senza pericoli.

Così voglio pensarti, Lorenzo.
Bruna (la Tata)


 

  
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