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anno VIII n. 11 - novembre 1999

  

 VISTO DA…

Libertà di stampa, esiste ancora?
Un diritto, come quello di cronaca, non si può imbrigliare o comprimere

di LUCA MARCANTONIO

Non risulta allo scrivente che sia stato abolito in tutto o in parte l’Art. 21 della Costituzione, precisamente al secondo comma, ov’esso recita: «La stampa non può essere sottoposta ad autorizzazioni o censure.» Tuttavia, le decisioni adottate dalla Lega Calcio ad inizio campionato sembrano inesorabilmente cozzare col disposto costituzionale e, di fatto, lo fanno, visto che la trasmissione in diretta radiofonica di eventi sportivi (nella fattispecie, le partite) è stata vietata a chi non si è aggiudicato i relativi diritti, ovviamente prezzolando per ottenerli. La cosa risulta di difficile, se non impossibile comprensione, visto che un diritto, come quello di cronaca, non credo si possa imbrigliare, comprimere o, peggio, cedere al miglior offerente. Nessuna legge, regolamento, iniziativa o disposizione di sorta (tranne casi ben precisi e stabiliti, assai lontani da questo) può andare contro quanto stabilito dalla nostra Carta Costituzionale, che è tanto importante in quanto massima espressione di garanzia per i diritti del cittadino. Sicché qualsiasi giurista dovrebbe perlomeno stupirsi, e ogni cittadino indignarsi avverso la pretesa della Lega, la quale si è resa a mio parere responsabile di un vero e proprio abuso di potere che non ha alcun fondamento legale di essere. In sostanza, è stato venduto ciò che, da qualsiasi punto di vista si guardi, è impossibile vendere. Il delirio di onnipotenza e l’arroganza dei rappresentanti della Lega si sono veementemente riversati su chi a questo ricatto non è voluto sottostare rifiutandosi, per difendere diritti sacrosanti, di pagare soldi sporchi perché versati illegalmente, e di firmare stranissimi accordi che consentono (bontà loro) di effettuare ben tre minuti di diretta radiofonica, concessi tanto per tener buoni i lacchè.
Alcune società non hanno tenuto conto del capestro e hanno consentito ugualmente ai giornalisti di lavorare onestamente, altre invece si ostinano a negare ai cronisti non l’accredito per accedere allo stadio, bensì il diritto sacrosanto e intangibile da chicchessia di trasmettere la radiocronaca dell’evento sportivo. Si tratta in sostanza di una gravissima e intollerabile negazione di un diritto costituzionalmente garantito che, se la società in cui viviamo può considerarsi ancora civile, non potrà essere ancora a lungo avallata. Perché se nessun magistrato si adopererà per far cessare lo stato di manifesta illegalità, si creerebbe un pericolosissimo precedente che consentirà al prezzolante di turno di acquistare qualsiasi cosa, forse un giorno financo il diritto di vita o di morte. Evidente provocazione, ma al momento di andare in rete la situazione sembra non sbloccarsi in senso positivo.
Saremmo felici di essere smentiti in un secondo momento per riferirne ai lettori.


 

  
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