Anno
IX numero 9 - settembre 2000
RACCONTO
Lolalalila
Gli occhi di Lolalalila, come d'incanto, si
rasserenarono
di Nicola D'Ugo
disegni di Roberto Proietti
Troppi anni fa c'era una
ricciolina dagli occhi azzurri come l'estate che abitava dove abitavano i nostri avi.
Passava le sue giornate fra la casa e la spiaggia dove raccoglieva conchiglie. Non a tutti
piacevano le conchiglie, perché a molti facevano venire in mente quello che c'era stato
dentro. Lolalalila lo sapeva, così faceva vedere solo quelle tanto vecchie e ammaccate da apparire irriconoscibili.
A Lolalalila avevano detto: "Vedi, le conchiglie sono come noi, non come gli alberi e
l'erba. Come tu hai i riccioli, così i molluschi avevano i loro gusci."
"E dove sono i molluschi che avevano i gusci?" chiese la bimba.
"I molluschi non ci sono più, gli è capitata una cosa molto brutta. Quello che è
capitato ai molluschi è tanto brutto da rendere orrendo agli occhi di molti di noi anche
i loro involucri. Non avertene a male, Lolalalila, ma per molti le cose stanno
così."
Lolalalila trovava che le conchiglie erano una diversa dall'altra. E siccome una volta la
mamma l'aveva messa in castigo per le lamentele dei vicini che proprio non sopportavano la
vista di quelle forme orrende che gli ricordavano la propria vulnerabilità, Lolalalila
teneva le conchiglie da parte in un posto che conosceva solo lei.
Un giorno andando nel bosco trovò ben tre conchiglie che non aveva mai visto: una dai
colori cangianti dell'azzurro, una a forma di occhio e una terza tanto liscia da sembrare
fatta dall'uomo. Le portò in un posto particolare, dove molti aghi di ginepro formavano
un tappeto compatto. Lolalalila mosse le foglie del suolo e scavò una piccola fossa nel
terreno. Poi prese le tre conchiglie e le avvolse in un involucro prima di sotterrarle e
ricoprirle del terriccio e delle foglie di ginepro rimosse. Aveva delle mani talmente
sensibili alla materia da far apparire intatto qualsiasi terreno toccasse con le dita.
Sapendo di questo astio degli uomini per le conchiglie, cominciò a disegnarne le forme in
segreto, diventando abile a rendere le profondità e i rilievi dei gusci, le spirali e le
imboccature. Chiunque la conosceva sapeva che era un'abile disegnatrice e spesso le
signore e i signori del vicinato andavano da lei, si toglievano i vestiti e si facevano
ritrarre nudi. Lei li raffigurava nei modi più vari, fedele a quel detto che vuole che
ciò che vediamo con l'occhio nudo è raddrizzato miseramente dall'occhio della mente. Ma
a coloro meno addentrati in questi pensieri regalava il disegno lineare di un obiettivo da
50mm, di modo che se ne andassero via contenti coi loro ritratti da esporre negli ampi
soggiorni delle loro dimore.
Segretamente disegnava conchiglie.
Erano passati tanti anni da quando era solo una bambina e tutti ora la conoscevano come
una delle persone più squisite del bosco. Non mancavano mai di invitarla alle loro
riunioni e si mostravano gli uni gli altri i disegni e i dipinti che Lolalalila aveva
fatto per loro. Nessun artista di tutto il pianeta sapeva disegnare così
meravigliosamente come Lolalalila.
Durante le sue passeggiate Lolalalila guardava la spiaggia e il mare. Sapeva tanto delle
conchiglie da accorgersi delle diverse forme nello stesso genere. Raccogliendole e
studiandole negli anni, si accorse che erano mutati il mare e la terra che le riceveva.
A un amico che conosceva questa sua segreta passione per la natura confidò un suo
sospetto: "L'uomo sta distruggendo il mare." Il suo viso era tirato e gli occhi
lucidi come la pietra bagnata dai marosi. Sotto i suoi occhi l'amico vide trasparire
alcune rughe fitte e sottili che non aveva mai notato.
"Che dici, Lolalalila?" cercò di distrarla l'amico. "L'uomo ama la vita!
Non farebbe mai una cosa simile!"
Lolalalila lo guardò perplessa. "Vieni, ti faccio vedere," disse all'amico
posando su un sasso la tavolozza, e lo condusse con sé dove conservava le conchiglie.
L'amico raccolse i vestiti e la seguì preoccupato. Davanti a sé si trovò una miriade di
gusci di tutti i tipi raccolti in settori. Li guardò imbarazzato, quasi inorridito.
"Vedi queste conchiglie, Marmì?" chiese Lolalalila. "Sono dello stesso
tipo e hanno la stessa età. Sono giovanissime."
"Come fai a dirlo?" chiese Marmì.
Lolalalila gli spiegò come si contano gli anni nella materia, gli fece vedere le spirali
e le increspature, i riflessi dei colori alla luce del sole. Marmì era perplesso, non ci
capiva niente. Ma una cosa la capiva, che Lolalalila si stava mettendo in un grosso guaio.
"Butta via questi gusci, Lolalalila
" implorò Marmì guardandosi alle
spalle per paura che qualcuno potesse passare nei paraggi.
"Perché, Marmì? Lo capisci? Uccidono le creature nel mare!" disse Lolalalila
caparbia e indispettita. E le tornò negli occhi lo sguardo fiero e combattivo che Marmì,
come chiunque altro nel bosco, conosceva bene, e di cui, come chiunque altro, era fiero.
Ma in quel momento la fierezza cedeva alla paura e Marmì avrebbe desiderato che quello
sguardo di ghiaccio infiammato non le si accendesse sul viso. Avrebbe dato qualunque cosa
per vederla calma e serena, con i capelli ondeggianti nel vento e gli occhi celesti come
il sereno sul mare.
"Butta via questi gusci, Lolalalila
" ripeté Marmì più deciso, ma senza
alcuna speranza. Rimase a guardarla dispiaciuto. Gli occhi di Lolalalila, come d'incanto,
si rasserenarono e baciò brevemente Marmì sulle labbra. Poi gli carezzò affettuosamente
i capelli. Marmì rimase spaesato a guardare il mare alle sue spalle, con le labbra ancora
intenerite dal bacio di Lolalalila. Fece pochi passi in disparte, sull'alto promontorio a
strapiombo sul mare, poi tornò da Lolalalila e la prese sotto il braccio. "Ricopri
tutto, Lolalalila. Si fa tardi," le disse.
"Dimentica quello che hai scoperto. Tienilo per te. Ti prenderebbero per pazza
altrimenti," aggiunse, proseguendo il cammino verso casa.
"Sono convinta che c'è di peggio, che noi non viviamo per sempre
o almeno, non
ciascuno di noi," disse Lolalalila desolata, con un filo di voce che pareva un
mormorio.
Marmì la guardò triste e imbarazzato. L'accompagnò fino a casa, poi, meditabondo, si
diresse a casa propria.
La sera c'era una festa nel bosco, pieno di luminarie, chiassosa e ridanciana. Marmì vide
Lolalalila ridere e scherzare, passando dalle braccia di un uomo a quelle di un altro,
ballare e amoreggiare forsennata come mai l'aveva vista. Ma sapeva troppo bene che i suoi
modi erano più controllati in pubblico di quanto fossero in privato, e trovava che
l'esibita allegrezza di Lolalalila fosse accesa d'una luce tetra, che non preannunciava
nulla di buono. Lolalalila era troppo disponibile al riso e allo scherzo per essere
veramente in sé, benché ridesse e scherzasse volentieri in compagnia, e non fosse in
alcun modo timida. Ma quel suo fare sembrava dettato da un desiderio di liberarsi di un
peso che aveva tenuto troppo a lungo per sé sola, come una sorta di liberazione. E Marmì
sapeva di che peso si trattasse.
Il giorno dopo, nel pomeriggio, tutta la gente del bosco era in tumulto. Setacciavano fra
i castagni e molti si dirigevano alla dimora di
Lolalalila per vedere cosa facesse. Lolalalila non era in casa, passeggiava solitaria fra
gli alberi pensando a quello che gli uomini andavano facendo agli uomini.
Quando trovarono le conchiglie il tumulto fu irrefrenabile. Entrarono nella casa di
Lolalila e non trovandola la cercavano dovunque nel bosco e sulle rocce a strapiombo sul
mare.
Lolalalila aveva tenuto viva l'idea della morte attraverso i gusci, un ricordo degli avi
che per gli uomini immortali era diventato una insopportabile offesa alla loro più
recente e grande conquista. Era una pazza o era malvagia?, si chiesero in molti: tutti la
conoscevano per una persona tutt'altro che squilibrata, dotata anzi di virtù che molti di
loro avevano sempre ammirato.
Marmì la vide entrare in uno spiazzo del bosco scortata da uomini e donne. Più si
avvicinava e più le persone intorno a lei si facevano rade e mature, finché soltanto i
più anziani le erano intorno.
Prima di entrare nella grotta, Marmì vide il suo volto distrutto dalla stanchezza e dal
dolore. Ma in quel volto segnato dalla sofferenza riconobbe i tratti del viso che aveva
sempre conosciuto, gli zigomi ampi e la delicata fattezza del mento, le labbra volitive e
carnose che ora apparivano come illividite e sottili. E per un attimo credette di
indovinare nei suoi occhi lo sguardo fiero e combattivo di sempre. Poi la grotta si chiuse
silenziosamente, e di Lolalalila non si disse più niente.
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