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Sommario anno X numero 3 - marzo 2001

ARTE - pag. 14a


Le maschere e le facce di Alessandro Kokocinski

di Luca Ceccarelli

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Sobre el plato, azul de cielo

Quest’inverno a Roma è stato caratterizzato dalla presenza di un pittore di particolare potenza espressiva. Stiamo parlando di Alessandro Kokocinski, che ha anche curato le scenografie di Mese mariano, spettacolo con Lina Sastri andato in scena al Teatro Quirino poche settimane or sono.
L’artista ha avuto una vita piuttosto movimentata, che da Porto Recanati, dove è nato nel 1948 da madre russa e padre polacco, lo ha condotto, fin nella prima infanzia, prima in Brasile e poi in Argentina. Di qui egli ha viaggiato, lavorando per un buon periodo nel circo. In un secondo momento, in Italia, si è stabilito nel paese di Veroli, nel Lazio meridionale.
L’esposizione che ha avuto luogo a Roma è stata divisa in due. Una parte di essa è di particolare interesse, nella galleria in Via delle Colonnette, una serie di maschere di clowns, sorta di Pulcinella in movimento di danza, per lo più con qualcosa di obliquo, di disarmonico. Visitando la peraltro piccola mostra antologica che si è tenuta in questo mese nella Galleria l’Indicatore, in Via delle Colonnette (tra Via del Corso e Via di Ripetta) si viene ad un certo punto circondati da tali maschere di Carnevale stravolte, beffarde ...
Ciò non deve stupire più di tanto, se si pensa al Carnevale come ad un rito di sfrenamento, di dimenticanza dei vincoli socio-politici e religiosi, che non vi vengono dimenticati, ma decisamente negati. Tuttavia il Carnevale, la maschera, per Kokocinski sembrano essere anche un luogo dell’animo. Ciò non è nuovo: basti pensare all’opera Il circo interamente incentrata su tale mondo dal grande Fellini…
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Conmigo en esta tierra

Nell’esposizione della Galleria Italarte, invece, abbiamo pitture (e sculture) più recenti. In esse, nonostante il molto tempo passato, ampio spazio è dedicato alla causa dei dissidenti argentini sotto la dittatura militare degli anni Settanta-Ottanta. Questa forse è la parte meno convincente all’interno del suo percorso d’artista: si direbbe che vi sia un po’ troppa cronaca, un’insufficiente adeguatezza a distillare dai fatti un’adeguata solennità di tratteggio.
Ma le anime, e le poetiche di Kokocinski sono innumeri: in un’opera come Il terzo occhio egli dà spazio ad un figurativismo tipico della pittura simbolista. Il "terzo occhio", in ogni caso, ha tutta l’aria d’essere una metafora della parte migliore della nostra mente, quella che ci rende poeti, o santi, o esploratori di qualsivoglia regione del reale e dell’irreale. Tutto lo slancio deriva alla donna in groppa al cavallo non dalle ali, ma dalla luce che sembra filtrare dallo specchio stesso; il sentimento che deriva dal quadro è, si direbbe, di grande entusiasmo e di gioia.
Decisamente un’artista dalle molte facce, Alessandro Kokocinski.


Sommario anno X numero 3 - marzo 2001