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Sommario anno X numero 3 - marzo 2001

ANTROPOLOGIA - pag. - 24


Sciamanismo: come diventare un guerriero impeccabile

Si vive solo due volte, con le streghe del Nagual - Alcuni esercizi per l’abdicazione dell’Io

di Mario Giannitrapani

24sciamano.jpg (24381 byte)La ricerca sullo Sciamanismo a suo tempo svolta da Eliade (Mediterranee Ed.), rimane un testo intramontabile nella Storia delle Religioni e non solo; collocato fra le tecniche primordiali dell’estasi, il fenomeno sciamanico permette di intendere alcune delle prime forme delle manifestazioni del sacro. Sebbene l’indagine sia stata condotta su di un vasto materiale etnografico relativo a tribù e popoli primitivi attuali, si è recentemente visto come spesso alcuni aspetti dello sciamanesimo si possano riscontrare anche attraverso fonti archeologiche molto antiche.
Raffigurazioni di ibridi antropo-zoomorfi, esseri piumati, figure con attributi particolari, specialmente quelle provenienti dai contesti di natura rituale o cultuale come le grotte, rivelano in talune comunità paleo-neolitiche il possesso di un apparato simbolico e cerimoniale molto particolare.
Ad esempio lo smembramento del corpo, nota come una delle varie prove di iniziazione sciamanica, la si ritrova curiosamente raffigurata in ceramiche e pitture di età neolitica ove appunto alcuni esseri antropomorfi sono stati intenzionalmente rappresentati in quella particolare forma, privi del capo o inspiegabilmente dissociati nelle parti anatomiche.
Il simbolismo ornitologico è presente poi in molte iconografie paleolitiche; il ruolo preminente del cavallo in alcune culture Altai può esser messo in relazione alla presenza della testa equina raffigurata su alcuni dei più celebri "bastoni di potere" deposti come corredo, accanto a sepolture del paleolitico superiore.
Così anche tutte le complesse forme di reclutamento, di malattie e sogni iniziatici, di ascensioni celesti, descritti e raccolti tra i Tungusi, i Buriati, gli Altaici, gli Yakuti, i Lapponi e molti altri popoli primitivi dimenticati dall’occidente, possono divenire dei costanti punti di riferimento per tentare di capire meglio anche molte scoperte di archeologia preistorica che oggi ancor con molta difficoltà si tenta di interpretare.
Ma tra le forme di letteratura più moderna che hanno reso celebre lo sciamanesimo (della scomparsa razza tolteca) non possiamo certo dimenticare il celebre Castaneda e le sue avvincenti esperienze vissute con il brujo (stregone-guaritore) indio-yaqui don Juan (separatosi dal mondo bruciando dall’interno) insieme alle streghe del Nagual.
L’insegnamento di Castaneda è stato ritenuto da alcuni un falso proprio per la sua apparente semplicità, ma del resto è proprio quest’ultima caratteristica che sembra renderlo particolarmente difficile a chi appunto è incapace di espandere i propri limiti della percezione (Florinda Donner).
Due libri (Ed. Stampa Alternativa - Eretica) che raccolgono interviste a Castaneda ed alle sue streghe (brujas), compagne di apprendistato (Florinda, Taysha, Carol), costituiscono una vera summa di tutti gli insegnamenti presenti nei suoi romanzi.
In Si vive solo due volte ci viene subito spiegato cosa vuol dire essere uno stregone: "è avere energia, curiosità, e fegato per lasciare le cose, per fare salti mortali nell’incognito". Si tratta di cominciare a ridefinirsi, ossia del "vederci come esseri che devono morire".
Si viene edotti poi sui vari criteri per essere morto, ossia "quando ti sarà indifferente essere solo o in compagnia"; ma cos’è poi esattamente questo Nagual? In parte definito come l’intento (lo Spirito, l’Aquila), è una "non-entità, una cosa attenta, antica, distaccata, infinitamente meno compromessa con il Sé", ci dice Castaneda.
Per scoprire il Nagual ci sono varie tecniche: le arti del sognare sistematico (controllo del movimento del punto d’unione), dell’agguato, del non-fare, della ricapitolazione (raccoglimento di tutta l’energia dispersa in interazioni con persone durante l’arco della propria vita), della sospensione del giudicare (non aver più pregiudizi) e del dialogo interno (quello che giustifica sempre se stesso). Tramite poi alcuni accorgimenti quali il camminare all’indietro con l’aiuto di uno specchio oppure il calzare le scarpe al contrario, si può acquisire consapevolezza di ciò che sono le abitudini da distruggere cui siamo assuefatti e ci impediscono di percepire attivamente la magia dell’universo. Anche l’esempio del dialogo di Castaneda col coyote permette di comprendere che in quel particolare stato magico di coscienza tutte le cose possono parlarci, soprattutto se iniziassimo a credere di non essere più le uniche creature intelligenti.
Il rispetto e la comprensione della natura convince del resto don Juan a ritenere cosa certa che se non ci scusiamo (perfino) con le piante per averle raccolte, molto probabilmente ci ammaleremo o avremo un incidente.
Diceva il brujo yaqui che non esiste più una reale intuizione, poiché intuiamo sempre solo col cervello; egli riteneva l’utero delle donne non tanto una semplice cavità anatomica quanto un vero e proprio organo di luce, dell’essere, e soprattutto un organo di intuizione di cui gli uomini sono, purtroppo loro malgrado, sprovvisti.
La vecchiaia poi, ci viene spiegato tra le righe, "consiste nell’esser rimasti bloccati entro il circolo delle abitudini".
L’idea del recupero è fondamentale poiché è "ciò che richiede, più che il conoscere o il praticare qualche tecnica, una profonda trasformazione individuale"; fondamentalmente Florinda Donner fa notare che nulla può cambiare finché noi stessi non siamo disposti a cambiare, iniziando a lasciarci alle spalle tutto ciò che è umano.
Ma non bisogna dimenticare che solo una volontà inflessibile può aprire le porte dell’infinito; senza però eliminare l’orgoglio personale, mostro dalle tremila teste, ahinoi, non si va da nessuna parte. Insomma "non ci si offende se una tigre attacca, ci si sposta e la si lascia passare", in attesa di penetrare nella fessura fra i due mondi.
Ma quando si verificherebbe quest’apertura? Proprio quando il dialogo interno s’interrompe. Ma per oltrepassare quello che la società ci ha imposto, dobbiamo muovere o spostare il luogo, rimasto bloccato, del nostro punto d’unione (90 cm ca sotto le scapole!... ossia ciò che ci fa vedere la realtà come è, ciò che rende tali e diversi da noi gli alberi e gli animali) onde sviluppare consapevolezza. È questa la direzione di una lunga preparazione per trovarsi un giorno faccia a faccia con l’infinito (che è sublime ma senza pietà).
Fa poi notare Taisha Abelar che il cacciatore è uno che segue l’arte della discrezione, privo di ego, di strutture, non ha richieste né desideri. Don Juan sosteneva infatti che "se sei privo di ego non c’è nulla di cui aver paura, perché tutte le paure, le delusioni o altro derivano da esso". Dimenticavamo, per intraprendere questa via è raccomandato il ... celibato, almeno per la maggior parte di noi, e non certo per ragioni morali ma perché non possediamo più sufficiente energia per la seconda attenzione, che sprechiamo inutilmente nelle interminabili vicissitudini della vita quotidiana.


Sommario anno X numero 3 - marzo 2001