Sommario
anno X numero 5 - maggio 2001
COSTUME E
SOCIETÀ - pag. 11
Lindustria virtuale della conoscenza
di Cristiano Torricella (prima parte)
Nel 2044 il v-commerce, o commercio
virtuale, sarà massicciamente diffuso su tutto il pianeta e servirà principalmente a
tele-vendere tramite luso delle Grandi Reti (canali Internet vari anche via
satellite), in maniera planetaria, beni e/o servizi tradizionali resi virtuali dalle nuove
tecnologie telematiche, tramite una massiccia produzione industriale non standard di
prodotti piccoli, leggeri, senza peso, spedibili rapidamente in maniera telematica sui
computer di mezzo mondo. Allora le barriere linguistiche e monetarie che limitano
attualmente il commercio mondiale elettronico saranno state probabilmente abbattute e
superate dalluso massiccio delleuro e dalle tecnologie future. Il virtual
commerce sarà allora diventato una delle applicazioni più redditizie e più
interessanti ed innovative dellera delle-business e del terzo Millennio
stesso, basandosi, a sua volta, sullindustria virtuale della conoscenza, che ne
sarà necessariamente alla base. Sarà allora cosa banale e comune luso delle catene
di montaggio dei "pezzi" di informazione, informazione gestita anche tramite
processi di robotizzazione dei processi di costruzione e di assemblaggio della conoscenza.
Un nuovo genere di industria virtuale sarà allapice del successo, producendo
migliaia di nuovi posti di lavoro con il riutilizzo di vecchi processi industriali in modo
nuovo, assemblando e modificando informazioni anziché pezzi di ferro o carrozzerie per
auto. Loperaio della catena di montaggio del futuro diventerà così loperaio
specializzato della catena di montaggio della conoscenza virtuale, che opererà su
macchine ad alto contenuto tecnologico che ricorderanno in qualche modo a noi vecchietti
le funzioni della catena di montaggio tradizionale, trasferite però su un diverso genere
di prodotto e/o servizio offerto. Processi di ingegneria della conoscenza, di simulazione
computerizzata e di manipolazione delle informazioni saranno allora gestibili da semplici
operai specializzati, con la creazione allinterno di fabbriche virtuali di reparti
virtuali addetti alla testatura, alla modellazione ed al trasporto delle conoscenze come
se esse stesse fossero comuni "pezzi" di fabbrica, in output su nastro
trasportatore. Le e-fabbriche potranno anche essere a controllo remoto, con
macchine tele-guidate e robotizzate, con interi reparti di fabbricazione al buio, ma sarà
pur sempre necessaria la presenza delluomo per i processi di controllo non
robotizzabili. Chi ha il compito di progettare e di fabbricare le conoscenze virtuali sa
che esse verranno in seguito tele-vendute sulle Grande Reti, perciò la catena di
montaggio di fabbricazione utilizzata nel futuro trattamento delle conoscenze virtuali
sarà necessariamente una catena di montaggio di tipo flessibile, che possa produrre beni
virtuali modulari. Il v-commerce farà e-vendere, tramite Internet, la
conoscenza "in pezzi", assemblabile dallutente finale in modo
personalizzato e da lui gestibile tramite lespressione in rete di proprie specifiche
preferenze personali, che giungeranno direttamente in fabbrica come ordini di produzione
diretti, condizionando anche le fasi di produzione automatizzate. La personalizzazione del
prodotto regnerà sovrana e sarà causa di fortune e fallimenti per le e-aziende,
che non protranno più fabbricare alcunché senza aver precedentemente speso ingenti somme
in operazioni di e-marketing, di e-advertising e di e-simulazioni di
mercato. Il virtual knowledge work sarà un lavoro estremamente diffuso e ben
pagato, estremamente richiesto e svolto per lo più sotto forma di consulenza tramite
telelavoro, da soggetti particolari appartenenti a tre principali profili: tecnici
superspecializzati, studiosi e liberi ricercatori della conoscenza, ed infine creativi di
ogni genere, come grafici, copywriter e specialisti dellimmagine e dei contenuti in
tutte le sue forme, anche e principalmente nellassemblaggio del sapere, in forma
elementarmente multimediale.
(continua nel prossimo articolo)
COSTUME
E SOCIETÀ - pag. 11
La scomparsa dei bambini dalle strade
Nelle piazze e nelle strade della città di Roma non si trovano più
bambini che giocano. O almeno, al sottoscritto non capita di vederne. E immagino che
unosservazione analoga, salvo smentite, potrebbe farsi per i paesi dei Castelli
Romani. Lo dico perché, al contrario, ancora al tempo della mia infanzia, e durante la
mia adolescenza (parlo, pertanto, di un periodo che giunge sino alla fine degli anni
Ottanta del secolo andato) se ne potevano incontrare parecchi. Oggi, non sembra.
Ciò colpisce in maniera particolare se riferito ad antichi quartieri residenziali; non ci
si riferisce al centro storico, ma a zone limitrofe ad esso, sorte nei primi decenni del
Novecento. Penso, ad esempio al quartiere Trionfale (dal nome delle strade, dedicate a
vittorie di italiche flotte nei secoli andati), non lontano da San Pietro, al quartiere
Delle Vittorie (etimologia, in fondo simile, ma legata alle vittorie della Prima guerra
mondiale), intorno a piazza Mazzini, o adiacente il quartiere Prati di realizzazione un
po più antica, dove era stato sistemato il funzionariato della nuova Italia unita.
Ma penso anche ad un quartiere situato a sud anziché a nord-ovest, ossia il quartiere
Appio, subito dopo porta San Giovanni. In questi quartieri, negli anni venti vennero
edificati una serie di condominii popolari in uno stile Liberty in tono minore, ad opera
dellINA Casa, o dellIstituto Case Popolari. Una caratteristica tipica di tali
palazzi condominiali, oltre al decoro architettonico misurato ma aggraziato, erano i vasti
cortili interni, arricchiti spesso da lauri su cui troneggiavano magari un pino e una
magnolia. In questi cortili, nei pomeriggi di tutte le stagioni si sentivano voci, grida,
tonfi di palloni, altre grida di mamme che chiamavano i figli dalla finestra.
Oggi, tali cortili hanno assunto un aspetto molto diverso: nessun bambino ci va più a
giocare, e la vegetazione in essi si è fatta più folta, hanno assunto un aspetto
riservato e borghese, ben lontano da quello di trenta, quarantanni fa. Per la forte
rarefazione delle nascite? Certo, anche per questo, ma non solo per questo. Le troppe ore
passate davanti alla televisione, i videogiochi che diventano unattrattiva troppo
sequestrante, il fatto è che si tende non più, come prima, a giocare liberamente (sia a
pallone, i maschi, sia ad altri giochi) ma a praticare fin da piccoli sport in centri e
palestre a pagamento, non sempre realmente motivati, e così il gioco per la strada, o nei
cortili è stato, nel giro di qualche anno, rapidamente abbandonato.
Luca Ceccarelli
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