Solamente nel 1907 con la 2a Conferenza
Internazionale di Pace dellAja si addiviene ad un primo tentativo di uniformare il
concetto di "saccheggio" e dettarne alle Nazioni contraenti il divieto per il
futuro. La 4a e 9a Convenzione stipulate in quella sede dettano norme sulle leggi e gli
usi della guerra terrestre e sul bombardamento di obiettivi terrestri da parte di forze
navali, escludendo per la prima volta il diritto di fare bottino delle cose appartenenti
al nemico. Tralasciando le pur rilevanti iniziative di governi, enti internazionali e
associazioni private nel periodo tra le due guerre mondiali al fine di predisporre testi
normativi internazionali dallapproccio più incisivo - quali in particolare il
progetto della Società Olandese di Archeologia di creare "santuari
dellarte" per proteggere un patrimonio che appartiene a tutti gli uomini civili
nel 1918, e soprattutto il progetto di convenzione per la protezione dei monumenti e delle
opere darte nel corso di conflitti armati dellOffice International des Musees
del 1938 - è opportuno prendere in considerazione più da vicino gli sviluppi della
prassi successiva alla fine della 2a Guerra Mondiale. Durante il conflitto mondiale, la
Germania si è distinta nellattuazione di una politica di sistematico saccheggio e
confisca di opere darte in palese violazione delle norme ormai generalmente
accettate del diritto internazionale bellico e, in particolare, degli artt. 46 e 56 della
4a Convenzione dellAja del 1907. Tali violazioni sono stigmatizzate espressamente
nella Carta di Londra dell8 agosto 1945 istitutiva del Tribunale militare
internazionale di Norimberga, in base alla quale (Cap. II, art. 6 dello Statuto della
Corte) costituiscono crimini di guerra, fra gli altri, "il saccheggio di
proprietà pubbliche e private, gratuite distruzioni di città, paesi e villaggi, o la
devastazione non giustificata dalla necessità militare". Un richiamo esplicito
alle norme in questione ricorre sia nel giudicato dello stesso Tribunale di Norimberga che
condannava il gerarca Rosemberg capo dellEinsatzstab sia in alcuni giudicati interni
relativi ad alcune azioni di rivendicazione di opere darte asportate durante la
guerra. È agevole constatare come i trattati di pace conclusi al termine della guerra
contengano delle disposizioni confermative degli obblighi internazionali in tema di
restituzione di opere darte asportate durante la guerra. Non solo i trattati di pace
conclusi alla fine della 2a Guerra Mondiale confermano lesistenza di norme
internazionali generali specificatamente rivolte alla protezione dei beni culturali
mobili, ma contribuiscono a rafforzare decisamente lidea che anche sul piano del
diritto interno a detti beni in quanto oggetto di spoliazione o confisca non possano
essere applicabili le norme ordinarie in tema di trasferimento e circolazione dei beni
mobili. Su questo background il 14 maggio 1954 viene firmata allAja la Convenzione
sulla protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato, che costituisce il primo
strumento internazionale interamente ed esclusivamente dedicato ai beni culturali e il
primo ad utilizzare tale terminologia. La Convenzione si occupa principalmente della sorte
dei beni in questione pendente bello mediante la configurazione di un sistema di
preservazione e conservazione fisica in senso stretto. Infatti, lart. 4 impone, tra
gli altri, lobbligo di impedire e far cessare qualsiasi atto di furto, saccheggio o
sottrazione di beni culturali sotto qualsiasi forma. La questione relativa alla sorte dei
beni una volta terminato il conflitto è invece regolata da un Protocollo alla
Convenzione, sottoscritto lo stesso giorno, che riafferma peraltro allart. 3
lobbligo di restituzione escludendo che i beni culturali esportati dal territorio
occupato, in contrasto con lart. 1, possano essere poi trattenuti a titolo di
riparazione alla fine delle ostilità. Lart. 4 prevede poi a carico della Parte
contraente che aveva lobbligo di impedire lesportazione dei beni culturali dal
territorio occupato, lobbligo di indennizzare i possessori di buona fede dei beni da
restituire. La Convenzione dellAja del 1954 sulla protezione dei beni culturali in
caso di conflitto armato è composta da: la Convenzione, il Regolamento di esecuzione,
il Protocollo. Limportanza della Convenzione risiede anche nel fatto che essa ha
concentrato tutte le disposizioni riguardanti la protezione dei beni culturali in un solo
strumento, mentre in passato queste norme erano sparpagliate in vari testi giuridici,
costituendo così un vero e proprio Codice dei beni culturali, i cui principi fondamentali
fanno ormai parte del diritto internazionale consuetudinario. Dopo le devastazioni e gli
orrori della 2a Guerra Mondiale, in seguito ad una proposta del Governo Olandese, nel 1949
lUNESCO iniziò una serie di studi e di consultazioni che condussero ad un progetto
presentato agli Stati nel febbraio 1953 e posto alla base delle discussioni della
conferenza intergovernativa tenutasi allAja dal 21 aprile al 14 maggio, ove furono
presenti 56 Stati. Al termine dei lavori, 37 Stati firmarono lAtto finale della
Conferenza e la Convenzione per la protezione dei beni culturali in tempo di guerra.
Insieme ad essa furono approvati il Regolamento di esecuzione ed il Protocollo.
CAMPO DI APPLICAZIONE
La Convenzione dellAja per la verità non prevede, per espressa
disposizione dellart. 33, la sua applicazione a fatti anteriori alla sua entrata in
vigore (7 agosto 1956, con 70 Stati finora ratificanti tra i quali lItalia), ma
questa limitazione del campo di applicazione ratione temporis non assume un
significato particolare, al pari della circostanza che lobbligo di restituzione è
contenuto in un Protocollo facoltativo anziché far parte a pieno titolo del resto della
Convenzione. E infatti sta di fatto che il protocollo è stato ratificato dalla stragrande
maggioranza degli Stati contraenti la Convenzione. Del resto per espressa statuizione del
preambolo e dellart. 36 la Convenzione dellAja si pone come strumento
"supplementare" e non alternativo rispetto alle Convenzioni di codificazione
dellAja del 1899 e del 1907 alle quali si affianca. La Convenzione è applicabile ai
conflitti armati internazionali, che sorgano tra due o più Parti Contraenti, anche se lo
stato di guerra non sia riconosciuto da una o più di esse. Nel caso di conflitto armato
non internazionale, sorto nel territorio di una delle Parti, ognuna delle Parti in
conflitto sarà tenuta ad applicare almeno quelle fra le disposizioni della Convenzione
che si riferiscono al rispetto dei beni culturali. Si deve aggiungere che sono prese in
considerazione solo le situazioni in cui vengono utilizzate le armi convenzionali
classiche. Come per le altre Convenzioni del diritto umanitario, la questione delle armi
di distruzione di massa e di quelle nucleari fu lasciata da parte.
PREAMBOLO
Il Preambolo, pur non avendo forza di legge, è molto chiaro circa il
motivo della sua adozione e i principi che ne sono alla base ed inizia con la
constatazione da parte della Alte Parti Contraenti dei gravi danni che i beni culturali
hanno subito nel corso degli ultimi conflitti e con la preoccupazione, rivelatasi esatta,
delle sempre maggiori distruzioni in conseguenza dello sviluppo della tecnica bellica. Il
principio cardine della Convenzione è enunciato al secondo capoverso del Preambolo,
secondo il quale la conservazione del patrimonio culturale non è affare soltanto dello
Stato sul cui territorio si trova il bene, ma dellumanità intera, in quanto ogni
popolo contribuisce alla cultura mondiale. Ciò comporta la necessità di assicurare a
questo patrimonio una protezione universale. La nozione di patrimoni culturale
dellumanità, che ritroviamo nel Preambolo, non è facile da definire, essa
comprende non solo beni mobili ed immobili, come le opere darte ed i monumenti, ma
anche le espressioni artistiche quali la musica, la danza, il teatro, nonché quel
patrimonio culturale intangibile che sono il folklore, i riti, le tradizioni, etc. Questa
nozione è stata ripresa da vari documenti dellUNESCO e anche nella convenzione del
1972 riguardante la protezione del patrimonio mondiale culturale e naturale. Sempre nel
Preambolo si ricorda che la protezione dei beni deve essere organizzata già in tempo di
pace, con provvedimenti sia a livello nazionale che internazionale. Si sottolinea,
inoltre, limpegno delle Parti Contraenti a prendere tutte le disposizioni possibili
per proteggere i beni culturali. Nel testo originario figurava laggettivo
"appropriate" poi sostituito con "possibili", modificando naturalmente
in senso restrittivo la frase e rendendola più soggettiva. Troviamo, infine, il richiamo
ai principi su cui si fonda la protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato,
stabiliti nelle Convenzioni dellAja del 1899 e del 1907 e nel Patto di Washington
del 15 aprile 1935. Nonostante il fatto che non siano richiamate le Convenzioni di Ginevra
del 1949, esse hanno largamente influenzato la presente Convenzione come confermano i suoi
lavori preparatori e lo stesso testo. Il tempo a nostra disposizione non ci consente di
analizzare in modo approfondito i 40 articoli, divisi in 7 capitoli, che formano la
Convenzione, ma richiameremo le disposizioni generali, alcune disposizioni generali che
descrivono la protezione accordata ai beni culturali.
PROTEZIONE GENERALE
Innanzitutto, la definizione di bene culturale, data dallart. 1,
ricomprende i beni mobili ed immobili di grande importanza per il patrimonio culturale dei
popoli e fa seguito ad un elenco esemplificativo (monumenti siti archeologici, opere
darte, etc.). Ad essi si aggiungono gli edifici la cui destinazione principale ed
effettiva è di conservare ed esporre i beni culturali mobili già definiti ed i centri
comprendenti un numero considerevole di beni culturali, detti centri monumentali. Nella
definizione i beni sono considerati culturali a prescindere dalla loro origine o dal loro
proprietario. La qualificazione è data dalla grande importanza e non dal valore del bene.
La protezione dei beni culturali si concretizza nella salvaguardia e nel rispetto di tali
beni. La salvaguardia è costituita da quellinsieme di misura positive che cercano
di assicurare al meglio le condizioni materiali per la protezione dei beni culturali.
LUNESCO ha fornito qualche esempio di queste misure: protezioni speciali contro
il pericolo di incendio e di crollo di immobili di grande valore (musei, archivi, etc.9;
imballaggi e stoccaggi speciali per i beni mobili; lapprontamento di rifugi e
lorganizzazione dei trasporti in caso di necessità; la creazione di un servizio
civile per mettere in pratica i piani di protezione in caso di conflitto. Il secondo
elemento della protezione dei beni culturali è quello del rispetto. Secondo lart.
4, le Parti si impegnano a rispettare i beni culturali situati tanto sul proprio
territorio che su quello delle altre Parti Contraenti, spezzando così la nozione di
territorialità e ribadendo di nuovo il principio che i beni culturali devono essere
rispettati da tutti gli Stati a prescindere dal territorio su cui si trovino. Le Parti si
impegnano inoltre ad astenersi da qualsiasi utilizzazione di tali beni per scopi che
potrebbero esporli a distruzione o deterioramento in caso di conflitto armato, nonché da
qualsiasi atto di ostilità nei loro riguardi. Il secondo comma dellart. 4 prevede
leccezione della necessità militare, che offre alle Parti di derogare agli obblighi
del primo paragrafo quando la necessità militare lo esiga in modo imperativo. La storia
del diritto e della codificazione delle regole umanitarie dimostra che il diritto
umanitario è il risultato di un compromesso tra la necessità militare e i principi di
umanità. Il punto di equilibrio tra queste due esigenze è molto spesso difficile da
realizzare. Durante la conferenza intergovernativa numerose delegazioni si espressero a
favore del mantenimento delleccezione della necessità militare, sia per facilitare
ladozione della Convenzione ma anche per ragioni umanitarie: si fece infatti notare
che nel corso di un combattimento la necessità militare potrebbe imporre di distruggere
un bene culturale se da ciò dipende la vita di migliaia di soldati; in tal caso nessun
comandante esiterebbe a salvare la vita dei propri soldati. Contrariamente a quanto
previsto dallart. 8 per la protezione speciale, la valutazione concreta della
necessità militare è lasciata ai militari senza richiedere alcuna condizione specifica.
E ciò potrebbe condurre ad un impiego arbitrario. La nozione di rispetto dei beni
culturali comprende anche limpegno a proibire, prevenire e alloccorrenza far
cessare qualsiasi atto di furto, di saccheggio o di sottrazione di beni culturali sotto
qualsiasi forma, nonché qualsiasi atto di vandalismo. Lart. 7 prevede
limpegno per le Alti Parti Contraenti di introdurre, fin dal tempo di pace, nei
regolamenti o istruzioni ad uso delle truppe, disposizioni atte ad assicurare
losservanza della presente Convenzione e ad inculcare, fin dal tempo di pace, nel
personale delle proprie Forze Armate, uno spirito di rispetto verso la cultura ed i beni
culturali di tutti i popoli. Nel Manuale del combattente - pubblicazione 1000/A/2 del 1988
dello SMD - nel capitolo riguardante il comportamento del militare in guerra viene citato
lobbligo del rispetto per i beni artistici e culturali in generale; e vengono
riportati i segni distintivi di protezione sia generale che speciale; infine, sono
elencati tra i crimini di guerra gli attacchi indiscriminati contro i beni culturali.
PROTEZIONE SPECIALE
Accanto alla protezione generale, la Convenzione prevede una protezione
speciale da accordare ad un numero limitato di rifugi destinati a proteggere i beni
culturali mobili, ai centri monumentali e ad altri beni immobili di altissima importanza.
Secondo lart. 8, la protezione speciale è accordata a due condizioni: che detti
beni si trovino ad una distanza sufficiente da un grande centro industriale e da qualsiasi
obiettivo che costituisca un punto di interesse bellico; che essi non siano usati per fini
militari. La "distanza sufficiente" da un obiettivo militare è un criterio
generale da vedere caso per caso e che può indubbiamente dare adito ad incertezze ed
errori. Uno dei motivi per cui il sistema della protezione speciale ha avuto poca
applicazione da parte degli Stati è forse la difficoltà pratica di attuazione. Il comma
5 dellart. 8 prevede leccezione secondo la quale un bene situato vicino ad un
obiettivo militare può rientrare nella protezione speciale qualora la Parte che la
richiede si impegni ad non utilizzare in caso di conflitto tale obiettivo militare e ad
organizzarne già dal tempo di pace un uso alternativo. La protezione speciale è
accordata ai beni mediante la loro iscrizione nel "registro internazionale dei beni
culturali sotto protezione speciale" ed è disciplinata in modo dettagliato nel
Regolamento di esecuzione. Limmunità di un bene culturale posto sotto protezione
speciale non può essere sospesa che in casi eccezionali di necessità militare
ineluttabile, e soltanto per il periodo in cui questa necessità sussista. Inoltre, essa
può essere constatata soltanto dal comandante di una formazione di importanza pari o
superiore a quella di una divisione.
I SEGNI DI PROTEZIONE
Uno scudo appuntito in basso, inquadrato in una croce di
santAndrea in blu e bianco. Il segno è impiegato da solo per la protezione
generale, ovvero ripetuto tre volte in formazione triangolare per i beni culturali
immobili posti sotto protezione speciale.
PROCESSO DI REVISIONE
Nel 1991 la Conferenza Generale dellUNESCO ha adottato una
risoluzione (26C/PLEN/DR.3 Rev.) finalizzata a migliorare gli strumenti esistenti per la
protezione del patrimonio culturale e naturale del mondo. Da allora molti sforzi sono
stati fatti per migliorare la protezione dei beni culturali prevista dalla Convenzione del
1954. Il 13 novembre del 1997 il Rapporto finale del 3 Incontro tra gli Stati Parti ha
fissato i punti principali del lavoro di revisione:
1. il desiderio di adottare un nuovo strumento che possa integrare le
norme della Convenzione dellAja: al fine di colmare i vuoti della Convenzione
dellAja e di rinforzare la protezione del patrimonio culturale;
2. la necessità militare: rafforzare il concetto che necessità militare non significa
convenienza militare;
3. le misure di precauzione: ladozione di misure di salvaguardia sarà inclusa nel
nuovo strumento;
4. la responsabilità penale individuale: si rinvia alla giurisdizione della Corte Penale
Internazionale (poi approvata con il Trattato di Roma del 1998);
5. le questioni istituzionali: la necessità di istituire un organismo di supervisione al
fine di monitorare le implementazioni della Convenzione;
6. i conflitti di carattere non internazionale: si rinvia alle norme previste dal 2
Protocollo Aggiuntivo del 1977 alle Convenzioni di Ginevra del 1949;
7. la forma del nuovo strumento: il progetto del nuovo strumento prevede laggiunta
di un 2° Protocollo, invece di una nuova Convenzione.
Su invito del Governo austriaco un incontro di esperti, tenutosi a
Vienna dall11 al 13 maggio 1998, ha discusso numerosi punti cruciali da includere
nella nuova Convenzione, in particolare la forma del nuovo strumento internazionale, la
protezione speciale, la necessità militare, la giurisdizione e la responsabilità oltre a
questioni istituzionali. Nel novembre 1998 un primo progetto di lavoro del nuovo strumento
internazionale ha iniziato a circolare tra gli Stati Parti alla Convenzione dellAja
del 1954, gli Stati Membri dellUNESCO e gli stati membri delle Nazioni Unite. Gli
Stati sono stati invitati a inviare propri commenti e considerazioni al Segretariato
dellUNESCO. La conferenza diplomatica dellAja per la firma del 2 Protocollo
alla Convenzione, che si aprirà domani 15 marzo e durerà fino al 26 marzo, sarà la
conclusione di questo processo. La firma del nuovo strumento internazionale è in agenda
per il maggio di questanno, come parte delle celebrazioni della Prima Conferenza
Internazionale di Pace.