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Sommario anno X numero 7 - luglio 2001

 ENERGIA PER TUTTI - pag. 10-11


Le fonti di energia
di Giovanni Vitagliano

Una facile esposizione per capire tutto dell’energia (13a parte)

Proseguiamo con la presentazione di una serie di articoli divulgativi relativi al tema «energia». Ora sappiamo come viaggia l’energia elettrica, come viene prodotta nelle centrali idroelettriche, termoelettriche e nucleari e quali sono gli impianti ad energie alternative. In questa puntata tenteremo di analizzare i rischi derivanti dalla trasformazione di queste fonti energetiche.

1
1) Il rischio energetico
L’uso dell’energia è rischioso, ma non più dell’uso di tantissime altre risorse umane. L’energia è soprattutto una risorsa per migliorare la qualità della vita, e non per renderla più pericolosa.
L’uso dell’energia comporta inevitabilmente, per sua stessa natura, un rischio; ciò è evidente, per la definizione stessa di energia come capacità di compiere un lavoro, perché questo lavoro, esercitato in forma diretta su un corpo umano (o comunque su un qualunque corpo materiale) può arrecare conseguenze dannose, e per un organismo vivente anche mortali.
Per uccidere un uomo bastano piccole energie, dell’ordine di qualche frazione di wattora; per ferirlo, basta anche molto meno; è evidente quindi che grandi concentrazioni di energia possono essere potenzialmente molto pericolose se non vengono create opportune difese e protezioni.
Per seguire la schematizzazione applicata precedentemente, esaminiamo una per volta le fonti di energia primaria e tentiamo di analizzarne il relativo rischio, senza dimenticare naturalmente il rischio dell’energia elettrica. Per completare, accenneremo anche ai metodi che vengono seguiti per ridurre il rischio fino a renderlo accettabile, ovvero, come si dice attualmente, "calcolato".
È bene chiarire che il rischio non comincia a manifestarsi quando la fonte energetica viene usata e tradotta in energia disponibile, ma già da molto prima, e gli esempi che seguono ne sono una chiara dimostrazione.
Per chiarezza, rifacciamo l’elenco che abbiamo fatto quando abbiamo parlato delle fonti primarie di energia:

A) Petrolio greggio
B) Carbon fossile
C) Acqua (bacini di raccolta)
D) Gas naturale
E) Energia nucleare
F) Energie naturali (eolica, solare, etc.)

Esaminiamo un pò più in dettaglio il cammino che deve essere percorso perché una fonte primaria di energia diventi sfruttabile, e contemporaneamente cerchiamo di mettere in luce i rischi che si presentano.

A) Petrolio greggio
Come si sa, il petrolio è formato da un miscuglio di idrocarburi (composti cioè di idrogeno e carbonio) che viene estratto dal sottosuolo, sia sul continente che talvolta addirittura in mezzo al mare (i cosiddetti impianti off-shore), dal cui fondo viene estratto utilizzando apposite piattaforme o navi dotate di particolari attrezzature. Dopo essere stato estratto, il petrolio greggio viene accumulato in un deposito e da qui trasportato alle raffinerie, tramite un oleodotto o con navi petroliere. Una volta in raffineria, il petrolio viene sottoposto al processo di distillazione frazionata, cioè in pratica viene riscaldato a temperature fino a 400° C e oltre. Man mano che la temperatura sale, si ha l’evaporazione di alcuni dei componenti, che vengono poi recuperati e ricondensati separatamente. Si ottengono così, a temperature crescenti, il GPL (Gas di Petrolio Liquefatto), la Virgin Nafta, la benzina, il cherosene, il gasolio, l’olio combustibile (quello che viene abitualmente utilizzato nelle centrali termoelettriche), ed infine asfalti, bitumi, lubrificanti e paraffine.
A parte questi ultimi prodotti, tutti gli altri sono combustibili adoperati per autotrazione, per aerotrasporto, per riscaldamento e per i generatori di vapore (caldaie) delle centrali termoelettriche, come già detto.
Il petrolio quindi, lungo il suo cammino, subisce numerose trasformazioni, ognuna delle quali presenta, per il personale addetto e per le popolazioni vicine, un certo numero di rischi.
Più precisamente, i tipi principali di rischio sono due: l’inquinamento ambientale ed il pericolo di incendi ed esplosioni. A tutti e due si può porre rimedio con opportuni accorgimenti e soprattutto con una accurata e precisa legislazione: ma non è possibile evitare completamente guasti o cattivi funzionamenti di apparecchiature, con conseguenti disastri ecologici, incendi ed esplosioni. Non è possibile inoltre evitare del tutto che la combustione dei prodotti petroliferi provochi l’introduzione nell’atmosfera di sostanze inquinanti, funzione in gran parte del tipo di combustibile e degli additivi che ad esso vengono miscelati.
Abbiamo parlato dei rischi insiti nella fonte stessa di energia; c’è da aggiungere, naturalmente, il rischio che si presenta nel momento in cui l’energia viene convertita in lavoro (auto, aerei, autocarri, impianti di riscaldamento, energia elettrica, etc.); qui il discorso diventa ancora più complesso, perché mentre le fonti di energia sono ancora in mani esperte e consapevoli (almeno è quello che ci auguriamo tutti, a parte la onestà o disonestà di chi gestisce prodotti e impianti), non altrettanto può dirsi del prodotto finale, che spesso è in mano a persone che lo utilizzano in maniera irrazionale ed irresponsabile, con conseguenti incidenti più o meno gravi (disastri d’auto, folgorazione elettrica, incendi, esplosioni, e via di seguito). Anche in questo campo, tuttavia, c’è una costante ricerca sia tecnica che normativa e legale per ridurre al minimo il rischio. Un esempio di quando detto sono gli strumenti elettrici a doppio isolamento e gli studi sull’urto delle auto, ma anche le Norme di Istituti come l’UNI (Unificazione nell’industria), il CEI (Comitato Elettrotecnico Italiano), ed alcune importanti leggi (il DPR 547 del 1955, la legge 46 del 1990, la legge 626 del 1994).

B) Carbon fossile
Per il carbon fossile può essere ripetuto più o meno quello che si è detto per il petrolio, con qualche ovvia variante, trattandosi di un prodotto solido. Le miniere di carbone, oltre che nel sottosuolo, si trovano spesso anche in superficie, per cui la "coltivazione" di una miniera può essere fatta all’aperto (cielo aperto), con notevoli vantaggi per la sicurezza. Per quanto invece riguarda le miniere nel sottosuolo, i tra grandi pericoli sono la presenza di grisou (una miscela altamente esplosiva formata da metano e aria), il pericolo di crolli o allagamenti, le malattie polmonari (antracosi) che colpiscono i minatori.
Durante il trasporto, il carbone vie in parte perduto per strada, nella percentuale dell’1% circa. Infine, una volta a destinazione, il carbone bruciato produce dei residui molto nocivi, cioè particelle, ossidi di zolfo ed ossidi di azoto. Le particelle, di dimensioni più grandi, possono essere in gran parte trattenute mediante apparecchiature dette "precipitatori elettrostatici". Invece, è molto più difficile eliminare gli ossidi. Quello di zolfo può portare alla formazione di anidride solforica, dannosissima per i polmoni (qualche decina di anni fa, esattamente a dicembre del 1952, una densa nebbia a Londra contenente prodotti di combustione del carbone ha causato l’aumento di 3900 unità di morti per malattie polmonari). L’ossido di azoto può invece legarsi ad alcuni idrocarburi e formare sostanze cancerogene (per esempio, le di-metil-nitrosammina).
Infine, cè da ricordare che il carbone produce radioattività (proprio così, come la famigerata energia nucleare, e anche di più!), che permane nell’atmosfera anche dopo la combustione.

C) Gas naturale
Il gas naturale presenta numerosi vantaggi per quanto riguarda i rischi di inquinamento, perché brucia in modo praticamente completo senza residui. Rispetto ai combustibili solidi e liquidi, presenta però lo svantaggio di essere più facilmente soggetto alla possibilità di esplosioni, per cui richiede particolari cautele, specialmente se utilizzato in presenza di impianti elettrici.

D) Acqua (bacini di raccolta)
10-energia-diga.gif (102883 byte)Il rischio principale, si può dire praticamente l’unico perché di gran lunga più elevato degli altri, è quello di un cedimento della diga di contenimento del bacino (ovviamente, questo problema non si pone per le centrali ad acqua fluente, nel qual caso il rischio è al massimo lo straripamento del fiume, cosa che ovviamente può verificarsi in modo del tutto indipendente dall’uso dell’acqua come fonte energetica).
I bacini di raccolta devono trovarsi naturalmente, per poter essere sfruttati, ad un livello più elevato di quello del mare, talvolta a livelli anche di qualche migliaio di metri, e contengono milioni di litri di acqua (si pensi che per contenere un milione di litri basta un cubo di 10 metri di spigolo, cioè in parole povere uno scatolone alto dieci metri e con la base formata da due lati di 10 metri ciascuno). L’acqua, precipitando a valle da una certa altezza, può provocare enormi danni (abbiamo già parlato di quello di Longarone in una puntata precedente, ed abbiamo già detto che in quel caso non ci fu rottura della diga, ma la caduta di una grossa frana all’interno del bacino che ne provocò la tracimazione).
In compenso, in questo caso è del tutto assente l’inquinamento.

E) Energia nucleare
11-energia-atomi.jpg (12133 byte)Chiariamo ancora una volta che il rischio che una centrale nucleare diventi una bomba come quelle tristemente note che distrussero Hiroshima e Nagasaky è del tutto inesistente. Il rischio nucleare è quello della radioattività, come ormai tutti dovrebbero sapere per recenti esperienze.
Purtroppo, il rischio è solo attenuato, ma non annullato dalla mancanza di Centrali Nucleari nel paese, perché la contaminazione radioattiva viaggia con il vento, e può esercitare i suoi malefici influssi anche a centinaia di chilometri di distanza dalla sorgente di origine.
Per evitare questo rischio, le centrali nucleari sono dotate di numerosi dispositivi, indipendenti tra loro e spesso raddoppiati ed anche triplicati, aventi lo scopo di ridurre al minimo le fughe di radiazioni nell’atmosfera. Alcuni di questi dispositivi sono permenantemente in funzione, mentre altri intervengono soltanto in caso di guasto.
Il funzionamento di questi dispositivi è molto complesso; ne verrà dato qualche accenno nel successivo capitolo, destinato alla sicurezza, nel quale si parlerà anche in generale sul come difendersi dal rischio energetico in modo semplice.

F) Energie naturali
In generale, le energie naturali non danno rischio aggiuntivo, essendo di solito già presenti in natura. Qualche rischio può però provenire dalle opere necessarie per il loro sfruttamento (per dare un esempio, per i campi di specchi usati per l’energia solare si presenta la possibilità ,tutt’altro che remota e trascurabile, della caduta di oggetti pesanti).
Concludendo, possiamo asserire che all’energia sono connessi i rischi presenti in ogni caso in qualunque attività umana; non bisogna perciò commettere l’errore di ingigantire questi rischi (cosa che viene fatta molto spesso unicamente a fini politici o di interesse) o di ritenerli concentrati nei dintorni dei grandi impianti.
Spesso, il rischio è maggiore per strada o addirittura anche tra le pareti di casa propria, perché in quest’ultimo caso si tratta di un rischio incontrollato e difficilmente misurabile e valutabile.


11) Il rischio energetico

L’uso dell’energia è rischioso, ma non più dell’uso di tantissime altre risorse umane. L’energia è soprattutto una risorsa per migliorare la qualità della vita, e non per renderla più pericolosa.
L’uso dell’energia comporta inevitabilmente, per sua stessa natura, un rischio; ciò è evidente, per la definizione stessa di energia come capacità di compiere un lavoro, perché questo lavoro, esercitato in forma diretta su un corpo umano (o comunque su un qualunque corpo materiale) può arrecare conseguenze dannose, e per un organismo vivente anche mortali.
Per uccidere un uomo bastano piccole energie, dell’ordine di qualche frazione di wattora; per ferirlo, basta anche molto meno; è evidente quindi che grandi concentrazioni di energia possono essere potenzialmente molto pericolose se non vengono create opportune difese e protezioni.
Per seguire la schematizzazione applicata precedentemente, esaminiamo una per volta le fonti di energia primaria e tentiamo di analizzarne il relativo rischio, senza dimenticare naturalmente il rischio dell’energia elettrica. Per completare, accenneremo anche ai metodi che vengono seguiti per ridurre il rischio fino a renderlo accettabile, ovvero, come si dice attualmente, "calcolato".
È bene chiarire che il rischio non comincia a manifestarsi quando la fonte energetica viene usata e tradotta in energia disponibile, ma già da molto prima, e gli esempi che seguono ne sono una chiara dimostrazione.
Per chiarezza, rifacciamo l’elenco che abbiamo fatto quando abbiamo parlato delle fonti primarie di energia:

A) Petrolio greggio
B) Carbon fossile
C) Acqua (bacini di raccolta)
D) Gas naturale
E) Energia nucleare
F) Energie naturali (eolica, solare, etc.)

Esaminiamo un pò più in dettaglio il cammino che deve essere percorso perché una fonte primaria di energia diventi sfruttabile, e contemporaneamente cerchiamo di mettere in luce i rischi che si presentano.

A) Petrolio greggio
Come si sa, il petrolio è formato da un miscuglio di idrocarburi (composti cioè di idrogeno e carbonio) che viene estratto dal sottosuolo, sia sul continente che talvolta addirittura in mezzo al mare (i cosiddetti impianti off-shore), dal cui fondo viene estratto utilizzando apposite piattaforme o navi dotate di particolari attrezzature. Dopo essere stato estratto, il petrolio greggio viene accumulato in un deposito e da qui trasportato alle raffinerie, tramite un oleodotto o con navi petroliere. Una volta in raffineria, il petrolio viene sottoposto al processo di distillazione frazionata, cioè in pratica viene riscaldato a temperature fino a 400° C e oltre. Man mano che la temperatura sale, si ha l’evaporazione di alcuni dei componenti, che vengono poi recuperati e ricondensati separatamente. Si ottengono così, a temperature crescenti, il GPL (Gas di Petrolio Liquefatto), la Virgin Nafta, la benzina, il cherosene, il gasolio, l’olio combustibile (quello che viene abitualmente utilizzato nelle centrali termoelettriche), ed infine asfalti, bitumi, lubrificanti e paraffine.
A parte questi ultimi prodotti, tutti gli altri sono combustibili adoperati per autotrazione, per aerotrasporto, per riscaldamento e per i generatori di vapore (caldaie) delle centrali termoelettriche, come già detto.
Il petrolio quindi, lungo il suo cammino, subisce numerose trasformazioni, ognuna delle quali presenta, per il personale addetto e per le popolazioni vicine, un certo numero di rischi.
Più precisamente, i tipi principali di rischio sono due: l’inquinamento ambientale ed il pericolo di incendi ed esplosioni. A tutti e due si può porre rimedio con opportuni accorgimenti e soprattutto con una accurata e precisa legislazione: ma non è possibile evitare completamente guasti o cattivi funzionamenti di apparecchiature, con conseguenti disastri ecologici, incendi ed esplosioni. Non è possibile inoltre evitare del tutto che la combustione dei prodotti petroliferi provochi l’introduzione nell’atmosfera di sostanze inquinanti, funzione in gran parte del tipo di combustibile e degli additivi che ad esso vengono miscelati.
Abbiamo parlato dei rischi insiti nella fonte stessa di energia; c’è da aggiungere, naturalmente, il rischio che si presenta nel momento in cui l’energia viene convertita in lavoro (auto, aerei, autocarri, impianti di riscaldamento, energia elettrica, etc.); qui il discorso diventa ancora più complesso, perché mentre le fonti di energia sono ancora in mani esperte e consapevoli (almeno è quello che ci auguriamo tutti, a parte la onestà o disonestà di chi gestisce prodotti e impianti), non altrettanto può dirsi del prodotto finale, che spesso è in mano a persone che lo utilizzano in maniera irrazionale ed irresponsabile, con conseguenti incidenti più o meno gravi (disastri d’auto, folgorazione elettrica, incendi, esplosioni, e via di seguito). Anche in questo campo, tuttavia, c’è una costante ricerca sia tecnica che normativa e legale per ridurre al minimo il rischio. Un esempio di quando detto sono gli strumenti elettrici a doppio isolamento e gli studi sull’urto delle auto, ma anche le Norme di Istituti come l’UNI (Unificazione nell’industria), il CEI (Comitato Elettrotecnico Italiano), ed alcune importanti leggi (il DPR 547 del 1955, la legge 46 del 1990, la legge 626 del 1994).

B) Carbon fossile
Per il carbon fossile può essere ripetuto più o meno quello che si è detto per il petrolio, con qualche ovvia variante, trattandosi di un prodotto solido. Le miniere di carbone, oltre che nel sottosuolo, si trovano spesso anche in superficie, per cui la "coltivazione" di una miniera può essere fatta all’aperto (cielo aperto), con notevoli vantaggi per la sicurezza. Per quanto invece riguarda le miniere nel sottosuolo, i tra grandi pericoli sono la presenza di grisou (una miscela altamente esplosiva formata da metano e aria), il pericolo di crolli o allagamenti, le malattie polmonari (antracosi) che colpiscono i minatori.
Durante il trasporto, il carbone vie in parte perduto per strada, nella percentuale dell’1% circa. Infine, una volta a destinazione, il carbone bruciato produce dei residui molto nocivi, cioè particelle, ossidi di zolfo ed ossidi di azoto. Le particelle, di dimensioni più grandi, possono essere in gran parte trattenute mediante apparecchiature dette "precipitatori elettrostatici". Invece, è molto più difficile eliminare gli ossidi. Quello di zolfo può portare alla formazione di anidride solforica, dannosissima per i polmoni (qualche decina di anni fa, esattamente a dicembre del 1952, una densa nebbia a Londra contenente prodotti di combustione del carbone ha causato l’aumento di 3900 unità di morti per malattie polmonari). L’ossido di azoto può invece legarsi ad alcuni idrocarburi e formare sostanze cancerogene (per esempio, le di-metil-nitrosammina).
Infine, cè da ricordare che il carbone produce radioattività (proprio così, come la famigerata energia nucleare, e anche di più!), che permane nell’atmosfera anche dopo la combustione.

C) Gas naturale
Il gas naturale presenta numerosi vantaggi per quanto riguarda i rischi di inquinamento, perché brucia in modo praticamente completo senza residui. Rispetto ai combustibili solidi e liquidi, presenta però lo svantaggio di essere più facilmente soggetto alla possibilità di esplosioni, per cui richiede particolari cautele, specialmente se utilizzato in presenza di impianti elettrici.

D) Acqua (bacini di raccolta)
10-energia-diga.gif (102883 byte)Il rischio principale, si può dire praticamente l’unico perché di gran lunga più elevato degli altri, è quello di un cedimento della diga di contenimento del bacino (ovviamente, questo problema non si pone per le centrali ad acqua fluente, nel qual caso il rischio è al massimo lo straripamento del fiume, cosa che ovviamente può verificarsi in modo del tutto indipendente dall’uso dell’acqua come fonte energetica).
I bacini di raccolta devono trovarsi naturalmente, per poter essere sfruttati, ad un livello più elevato di quello del mare, talvolta a livelli anche di qualche migliaio di metri, e contengono milioni di litri di acqua (si pensi che per contenere un milione di litri basta un cubo di 10 metri di spigolo, cioè in parole povere uno scatolone alto dieci metri e con la base formata da due lati di 10 metri ciascuno). L’acqua, precipitando a valle da una certa altezza, può provocare enormi danni (abbiamo già parlato di quello di Longarone in una puntata precedente, ed abbiamo già detto che in quel caso non ci fu rottura della diga, ma la caduta di una grossa frana all’interno del bacino che ne provocò la tracimazione).
In compenso, in questo caso è del tutto assente l’inquinamento.

E) Energia nucleare
11-energia-atomi.jpg (12133 byte)Chiariamo ancora una volta che il rischio che una centrale nucleare diventi una bomba come quelle tristemente note che distrussero Hiroshima e Nagasaky è del tutto inesistente. Il rischio nucleare è quello della radioattività, come ormai tutti dovrebbero sapere per recenti esperienze.
Purtroppo, il rischio è solo attenuato, ma non annullato dalla mancanza di Centrali Nucleari nel paese, perché la contaminazione radioattiva viaggia con il vento, e può esercitare i suoi malefici influssi anche a centinaia di chilometri di distanza dalla sorgente di origine.
Per evitare questo rischio, le centrali nucleari sono dotate di numerosi dispositivi, indipendenti tra loro e spesso raddoppiati ed anche triplicati, aventi lo scopo di ridurre al minimo le fughe di radiazioni nell’atmosfera. Alcuni di questi dispositivi sono permenantemente in funzione, mentre altri intervengono soltanto in caso di guasto.
Il funzionamento di questi dispositivi è molto complesso; ne verrà dato qualche accenno nel successivo capitolo, destinato alla sicurezza, nel quale si parlerà anche in generale sul come difendersi dal rischio energetico in modo semplice.

F) Energie naturali
In generale, le energie naturali non danno rischio aggiuntivo, essendo di solito già presenti in natura. Qualche rischio può però provenire dalle opere necessarie per il loro sfruttamento (per dare un esempio, per i campi di specchi usati per l’energia solare si presenta la possibilità ,tutt’altro che remota e trascurabile, della caduta di oggetti pesanti).
Concludendo, possiamo asserire che all’energia sono connessi i rischi presenti in ogni caso in qualunque attività umana; non bisogna perciò commettere l’errore di ingigantire questi rischi (cosa che viene fatta molto spesso unicamente a fini politici o di interesse) o di ritenerli concentrati nei dintorni dei grandi impianti.
Spesso, il rischio è maggiore per strada o addirittura anche tra le pareti di casa propria, perché in quest’ultimo caso si tratta di un rischio incontrollato e difficilmente misurabile e valutabile.


Sommario anno X numero 7 - luglio 2001