Sommario anno X numero 12 - dicembre 2001
VISTO DA... -
pag. 02
La
fatica del dialogo e del confronto
di
Renato
Vernini
renverni@tin.it
Mi
giro tra le mani l’articolo pubblicato dal Corriere della Sera il 30
settembre 2001 e che qualcuno, probabilmente non l’autrice, ha
intitolato La rabbia e l’orgoglio.
Ho aspettato un mese a leggerlo. Ne hanno parlato in molti. L’autrice ha
un nome ed una storia prestigiosi. Per me leggere le considerazioni di
Oriana Fallaci è stato come ricevere un pugno in pancia, ma non un pugno
qualsiasi, un pugno che ti aspetti, che però ti colpisce proprio alla
bocca dello stomaco e ti lascia senza fiato. Dopo giorni di lenta
digestione, mi metto alla scrivania, accendo il computer e prendo il
coraggio di tirar giù alcune considerazioni. Certo, lei è la Fallaci ed
io no, lei scrive per il Corriere della Sera ed io per Controluce, chiedo
scusa in anticipo ai lettori. Innanzi tutto il linguaggio: una involuzione
ed un imbarbarimento vertiginoso. Ai più colti potrà ricordare i
frammenti di Archiloco, ai meno dotti le litigate di condominio, ai più
popolari gli insulti di piazza e del traffico automobilistico. Espressioni
come “gli sputo addosso”, o
affermazioni del tipo “le moschee
di Milano, e di Torino e di Roma traboccano di mascalzoni…” non
sarebbero degne nemmeno di essere citate, se non fosse una grande
scrittrice a scriverle. Ma al di là dello stile, della forma, delle
cadute di tono, è la logica del discorso che lascia senza fiato:
l’America è il bene, “un paese
da invidiare, di cui esser gelosi, per cose che non hanno nulla a che fare
con la ricchezza…”, l’Europa non è nemmeno degna di reggere il
confronto, il mondo islamico è il male e “se
non ci si oppone, non ci si difende, se non si combatte, la Jihad vincerà.
E distruggerà il mondo che bene o male siamo riusciti a costruire…e con
quello distruggerà la nostra cultura, la nostra arte, la nostra scienza,
la nostra morale i nostri valori, i nostri piaceri. Cristo!”.
Non fa una piega. La logica è stringente, la coerenza disarmante. Ma
quali sono questi valori che la Fallaci reclama essere l’asse portante
dell’occidente? Il cattolicesimo? No. Il Cristianesimo? No. La
tradizione operaia? Socialista? Riformista? No. No. No. I valori
dell’illuminismo europeo ? No. La rivoluzione francese? Giammai. La
rivoluzione francese era guidata da ideali raccolti in un “costosissimo
librone a puntate detto l’Encyclopedie”. I rivoluzionari francesi
erano “avvocaticchi …. cupi e isterici boia del terrore”. Ma quali
sono, allora, questi valori occidentali? Per la Fallaci è semplice,
quelli dei Padri Fondatori, dei Franklin, Jefferson, Paine, Adams e
Washington. A parte qualche assimilazione troppo ardita tra i pensatori e
i politici citati, la Fallaci sembra rinnegare tutta la tradizione
europea. L’occidente, per lei, sono gli Stati Uniti d’America, paese
nel quale la nostra connazionale ha scelto, coerentemente, di vivere. Si
ricorda della cultura europea del rinascimento solo per affermare che un
confronto tra l’Islam e l’occidente non è proponibile: “A
me da fastidio persino parlare di due culture: metterle sullo stesso piano
come se fossero due realtà parallele, di uguale peso di uguale misura.”
Verrebbe di darle della razzista. Purtroppo la stessa Oriana ci
dissuade, appellandosi ai prudenti: “Sveglia! Intimiditi come siete dalla paura d’andar contro corrente cioè
d’apparire razzisti (parola oltretutto impropria perché il discorso non
è su una razza, è su una religione), non capite e non volete capire che
qui è in atto una Crociata alla rovescia”. Questo è senz’altro
il passaggio più lucido del discorso: occorre combattere una guerra santa
dichiarata da altri (una Crociata
alla rovescia) per poter sopravvivere.
Non mi pare che si debba affrontare il discorso della Fallaci dal punto di
vista politico: non interessa e non è questa la sede. Il problema è
proprio culturale e filosofico. Oltre la rabbia di una donna che vive a
Manhattan e che si sente fisicamente in pericolo, l’articolo della
Fallaci pare il netto e coerente approdo di un movimento di pensiero che
in Italia nasce con il Mondo di
Panunzio e che si dipana attraverso l’espressione di un egotismo
personalista che giunge proprio ad avere la massima espressione in Oriana
Fallaci. Certe affermazioni sono grossolane e prive di fondamento,
incoerenti, eppure stringenti. Ad esempio, dovendo contrapporre l’Islam
alla cultura occidentale, la Fallaci non può esimersi dall’affrontare
il discorso sulla Chiesa cattolica, la stessa contro la quale la sua
corrente culturale si è scatenata nell’ultimo mezzo secolo. Quale
percorso elabora la scrittrice residente a New York? La Chiesa Cattolica
è quella che ha quasi ammazzato Galileo, “me
lo ha umiliato, me lo ha zittito”, però ha dato “un gran contributo alla storia del pensiero” (?!?) . Tutto qui?
Si. L’impressione è che la nostra Oriana abbia scelto la via più
semplice, diretta, meno faticosa per affrontare un problema che merita ben
altre considerazioni, attenzioni e, tanto per rimanere in linea,
intelligenze. Rimane il fatto che la nostra civiltà ha un merito
indiscusso e, sebbene la Fallaci sostenga la necessità di chiudere le
nostre università ai figli di Maometto, sebbene la Fallaci chiuda il suo
pezzo con un inquietante appello al non-dialogo, sebbene tutto questo, in
occidente, in Italia, questa Italia così divisa e piccola, ciascuno può
esprimere liberamente la propria opinione, anche la Fallaci. E’ troppo
semplice affermare, come la nostra afferma: Trattare
con loro è impossibile. Ragionare impensabile. Trattarli con indulgenza o
tolleranza o speranza, un suidicio”. Ma poi chi sono questi
“loro”? I terroristi? Sarebbe condivisibile. Si, forse queste parole
conclusive sono rivolte ad un nemico invisibile di “decine di migliaia
di Usama bin Laden”, però tutto il pezzo della Fallaci è orientato a
costruire un nemico numericamente sterminato. I “loro”, nel senso del
discorso, sono gli arabi islamici, i non occidentali o meglio i non
americani. A questo non ci stiamo. La nostra è la civiltà cattolica,
operaia, socialista, comunista e liberista ma anche la civiltà del
sincretismo congenito e della tolleranza diffusa. Dico la nostra
civiltà, perché chi scrive si sente occidentale anche se non ha
deciso di vivere a New York. Dico la nostra
perché sono italiano e quando giro per i musei di tutto il mondo vedo
la fila per ammirare un Caravaggio, un Tiziano, un Raffaello. Ma dico
anche la nostra cultura perché
siamo passati per l’Inquisizione, siamo passati per l’Italietta, ma ci
siamo risollevati dal fascismo, abbiamo scritto una Costituzione tra le più
avanzate, perché nella nostra Repubblica, tanto vituperata dalla Fallaci,
non abbiamo mai avuto un Sacco e Vanzetti, perché la nostra Italia ha
avuto la fortuna di non costituirsi sulle ceneri di un popolo sterminato,
come quello degli Indiani d’America, perché non abbiamo importato
schiavi negri se non ora che somigliamo sempre più agli americani, perché
il nostro Parlamento, tanto disprezzato per le sue divisioni, non vota
quasi mai all’unanimità. E’ proprio questo il punto: la ricerca del
consenso totale, dello spirito di corpo che ha bisogno di un nemico, del
rifiuto del dialogo. Possiamo e dobbiamo pensarla diversamente su ogni
cosa, possiamo discutere sulla necessità di mandare i nostri soldati in
Afghanistan o in qualsiasi altra parte del mondo, ma non dobbiamo MAI
cedere alla tentazione di chiudere la porta del dialogo, del confronto,
della faticosa ricerca di comprendere chi vive in una cultura diversa
dalla nostra. Questo non significa essere indulgenti verso i terroristi,
verso gli Usama bin Laden, ma significa esattamente il contrario, togliere
loro quel terreno vitale fatto di odio, chiusura al dialogo,
incomprensioni culturali, pretese di superiorità religiosa e razziale,
tutto l’humus nel quale crescono robusti gli aerei che si sono
schiantati sulle torri gemelle.
Nel momento in cui andiamo in stampa l’articolo di Oriana Fallaci è
consultabile sul sito del tg5: www.tg5.it
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