Sommario anno X numero 12 - dicembre 2001
I
NOSTRI PAESI -
pag. 12
velletri
Devozioni
in dialetto velletrano tra serio e faceto
di
Luca
Ceccarelli
Un
tempo, prima che le riforme seguite al Concilio Vaticano II sostituissero
il latino con l’italiano nella liturgia, non solo la messa, ma anche la
maggior parte delle preghiere, come soprattutto i più anziani
ricorderanno, erano in latino. Senza nulla togliere al fascino ancora
molto diffuso che esercita questa lingua, occorre però ricordare che
spesso, tra la popolazione di bassa
istruzione, tra i moltissimi che, fino ad un secolo fa, non
sapevano leggere, si ripetevano a memoria formule di cui non si conosceva
il significato. Questo dava luogo a fenomeni curiosi, per cui ad esempio
un’Ave Maria (ma non solo) cominciava con le parole esatte per terminare
in una specie di borbottio indecifrabile.
Sfogliando Discorso antico, un
volume di alcuni anni fa di Lucia Sampaolo Mammucari, una studiosa di
antichità velletrane (o veliterne, che dir si voglia) ho constatato come
nel popolo velletrano alcune preghiere tra le più importanti
dell’apparato devozionale cristiano venissero modificate assai in
profondità, e con effetti decisamente comici (spesso senza che questa
riscrittura avesse, nell’intenzione degli artefici, un intento di
burla). Il libro contiene anche un’abbondante raccolta di proverbi in
dialetto velletrano, corredati di un apparato di note, e tra essi ve n’è
una serie che riguarda i rapporti con la religione. Ebbene, in un detto
come Co ‘n’ora Dio lavora
non c’è una manifesta assonanza la massima monastica Ora et labora, che viene ripresa e trasformata fino ad acquisire, in
dialetto, un significato del tutto diverso da quello originario, ma non
per questo meno profondo? Ma si prenda anche: Gesù
Cristo ‘o sabbato nun paga ma ‘a domenica ha pagato tutti.
L’italiano «Dio non paga il sabato» ha un’eco minacciosa: vuol
significare che il momento della conversione e del pentimento dei peccati
non dev’essere rimandato. Il detto in vernacolo ha tutt’altro sapore:
quasi di apologia ed esaltazione del sacrificio di Cristo. Altri invece
suonano più scherzosi, goliardici quasi: Ecco
pasqua bbefanìa che le feste porta via; gl’arespogne Sant’Antogno: «Fermi
qua che c’è la mia».
Ma dicevamo delle orazioni latine rielaborate (perché esistono, e nel
volume della Mammucari se ne dà largamente conto, anche orazioni
puramente vernacolari, cantilene, esorcismi, che ormai soltanto pochi
vecchi ricordano ancora). Si prenda il Dies
irae, un testo scritto intorno al 1250, attribuito a Tommaso da
Celano, reso famoso dalla musica della Messa da Requiem
di Mozart. Ne riportiamo qui solo il brano iniziale: «Dies irae, dies illa/ Solvet saeclum in favilla. / Teste David cum
Sibilla/ Quantus tremor est futurus, / Quando iudex est venturus,/ Cuncta
stricte discussurus!». Nella versione velletrana il canto diventa: «Diasilla
diasilla servum seculum favilla / Disse David con Sibilla/ Gesù mio con
gran dolore/ giudicasti il peccatore / sulle aure timba e tomba/ tutti i
morti di ogni tomba/ sorgerà morte e natura/ sorgerà la creatura/
dell’antica seppordura». Il vocabolario è alquanto estraneo,
dunque, al significato originario, senza che ci sia un rovesciamento del
significato centrale del testo, ossia un canto sul giudizio universale.
Si veda invece cosa ne è di un’altra antica orazione, il Tantum ergo: il testo latino recita «Tantum ergo Sacramentum/ Vegneremur cernui:/ Et antiquum documentum/
Novo cedat ritui/ Praestet fides supplementum/ Sensuum defectui». E
il velletrano: «Tanto mergo Sacramento/ è antico sto convento/
novecentotredici,/ presta ‘n figlio a San Gremente/ senza un difetto a
i’».
I versi finali mostrano, ancor più della prima parte, come in
questo caso ci fosse effettivamente un’intenzione parodistica: «Genitori,
Genitoque/ Laus et jubilatio/ Salus honor virus quoque/ Sit et benedictio:/
Procedenti ab utroque/ Compar sit laudatio. Amen». E la versione
velletrana: «Genitoque genitoque/
lausubilatio salusono,/ vitto scope zitte benedizzio/ procedenti ab
ultroque/ è compare Orazio/ Amen».
La rielaborazione di queste orazioni, seria o faceta che fosse, non è
affatto ingenua come sembrerebbe a prima vista, e l’impressione che se
ne ricava è che gli autori non dovevano essere persone incolte.
genzano
Il dolce stil novello a
Genzano
di
Silvia
Del Prete
L’11 e il 12 Novembre il vino novello è stato presentato a Genzano.
La manifestazione è stata organizzata dal Comune di Genzano e dal
consorzio Vini DOC dei Colli Lanuvini con il patrocinio della Provincia di
Roma e dell’Associazione Commercianti enogastronomici Archeno.
La presentazione del vino novello è giunta alla sua seconda edizione nel
Palazzo principesco, che ha fatto da cornice ideale alla manifestazione
durante la quale c’è stato spazio, oltre che per la degustazione, anche
per corsi di degustazione di vino. Molti sono stati i dibattiti che si
sono sviluppati attorno al vino novello e molti operatori si dichiarano più
che soddisfatti della fama che questo vino si va conquistando. Certo, i
sommellier snobbano in genere questo tipo di vino che ha un sapore poco
“trattato”; ma questa è proprio la sua forza, ed il suo gusto ci
racconta la storia della terra che lo ha nutrito e che ce lo dona così
come è nel suo puro e corposo sapore. E poi, cosa c’è di meglio di un
buon bicchiere di vino ed un caminetto con scoppiettanti caldarroste? Le
cantine sociali che producono il novello sono entusiaste del successo che
ormai va posizionando il novello molto bene come prodotto a vendita
regionale, tanto che quest’anno il volume d’affari è aumentato
notevolmente dando ragione agli operatori che hanno iniziato ad investire
in questa produzione. A fare da contorno all’evento sono stati
organizzati concerti jazz e di musica
polifonica oltre alle visite guidate a Palazzo Sforza Cesarini.
nemi
Nemi si veste a festa per il
Natale
di
Bruna
Macioci bmacioci@tiscalinet.it
È Natale. Ovunque nel nostro mondo, non c’è metropoli, non c’è
villaggio in cui non si faccia luce. Anche a Nemi. Luci nelle vie, luci
sugli alberi, luci sulla torre del Castello, che da lontano tutto il paese
paia un presepio vivente. E presepi per ogni dove, nelle chiese, nelle
vetrine dei negozi, nelle cantine, nelle trattorie, negli angoli più
suggestivi del paese. Tutti i cittadini partecipano a gara
nell’allestimento dei presepi sparsi intorno per piazze e vicoli,
secondo un percorso che obbliga il visitatore ad un giro completo del
paese. Questa Amministrazione il Natale lo sente, e vuole che Nemi celebri
la tradizione e risplenda a festa, e che la gioia dei cuori si rifletta e
si esalti nella città vestita di Natale.
Il Natale... Odore caldo di zucchero, luci, canzoni. Alberi vestiti
d’oro e di rosso. Pacchi da scartare con eccitazione sorridente, il
vestito ‘buono’, la famiglia riunita. Il presepio, la calza pronta per
la Befana, aria di favole, sorrisi buoni, calore al cuore. La nascita di
Gesù, l’anno nuovo, i re Magi. Una cometa che illumina il cielo, un
neonato seminudo, pastori attoniti nella steppa mediorientale. Un barbuto,
panciuto signore vestito di rosso, le renne che volano sulla neve, una
vecchina curva col sacco in spalla. Campane a festa, la Messa di
mezzanotte, còpriti bene che fa freddo... Quando l’uomo carica di
simboli un cosa, vuol dire che quella cosa gli è particolarmente
importante. Il Natale. Cos’è il Natale? Forse è il sogno d’una vita
migliore, il sogno d’un mondo migliore. Un desiderio. Una speranza. La
speranza immortale, pertinace, ostinata, che ognuno di noi si porta dentro
a dispetto delle esperienze dolorose, a dispetto delle sconfitte, contro
ogni logica. Più saggia del disincanto amaro che la vita ti regala;
assurda e indispensabile, gioiosa come la gioia stessa: l’attesa
irriflessa, biologica di ciò che il cuore desidera; la certezza stramba e
sublime che il meglio debba ancora venire, che la vita sia ancora tutta da
godere, che niente è perduto, che c’è tempo ancora. Che prima o poi la
felicità arriva. Che Dio c’è, e che pensa a noi. Natale è una
speranza, e la speranza è una luce in fondo al tunnel del dolore. E
allora, luce dovunque! Case, strade, negozi, alberi: sia tutto illuminato,
finchè la luce non penetri a fondo nei cuori... Lo sfolgorìo aumenta la
gioia, eccita alla voglia d’affetto, istiga alla pace, rischiara le
tenebre del futuro.
Ecco perché le città si vestono di luci, a Natale. L’inverno porta la
notte già alle cinque di pomeriggio? E dunque sia fatta la luce, e che la
lunga notte sfolgori e scintilli di speranze. Buon Natale.
Programma delle manifestazioni per
i giorni festivi:
·
Dall’8 dicembre: percorso dei Presepi, illuminazione a festa,
addobbi natalizi, diffusione di musica natalizia
·
Sabato 22, ore 18.30, parrocchia di s. Maria del Pozzo: Blue
Orchestra (musica classica, tradizionale, jazz) in “Tour della pace”,
concerto offerto dalla Provincia, Assessorato alla cultura
·
Domenica 23, ore 18.30, parrocchia di s. Maria del Pozzo: Harlem
Gospels (vocalist americani, musica tradizionale internazionale), concerto
offerto dalla Provincia, Assessorato al Turismo e spettacolo
·
Giovedì 27, dalle 15.00 in poi, piazza Umberto I: festa aperta a
tutti, con musica e distribuzione gratuita di caldarroste, vino e polenta
bollente al sugo di lepre, di funghi, di maiale preparata e offerta dai
ristoratori di Nemi.
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