Sommario anno X numero 12 - dicembre 2001
ENRICO
FERMI ELA PILA ATOMICA -
pag. 19
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- Il Congresso Volta e la Pila di
Chicago in TV
di
Nicola
Pacilio
Siamo
arrivati alla terza parte di questa rubrica curata da Nicola Pacilio e
dedicata ad Enrico Fermi e la Pila Atomica. La rubrica impegnerà
l’autore e Controluce, a partire da ottobre 2001, in coincidenza con il
centenario della nascita (29 settembre 2001), via via per un intero anno
fino al 2 dicembre 2002 quando sarà commemorato il 60mo anniversario del
primo esperimento, con la pila atomica, della produzione di energia
nucleare.
Nicola Pacilio si occupa di Storia e
Filosofia della Scienza ed è libero docente in fisica del reattore
nucleare in Italia (Roma) e negli Stati Uniti (Università di California -
Berkeley).
Uno dei gioielli della documentaristica televisiva USA è costituito dal
programma “See it now” (“Davanti ai vostri occhi”) narrati e
prodotti da Edward R. Murrow (ERM), con la collaborazione di Fred Friendly.
Alcuni documentari hanno trattato tematiche riguardanti la seconda guerra
mondiale (titoli come “Vittoria sul Mare” oppure “Winston Churchill:
gli Anni Valorosi”). Quello cui assisterete ora costituisce una assoluta
primizia: è una storia che nessuno ha mai potuto raccontare fino a oggi.
Colleghiamoci allora con la sala di controllo dello Studio 41 della
stazione televisiva CBS (Columbia Broadcasting System), dove si trova il
redattore.
ERM. Buona sera, siamo in
ritardo di 10 anni (oggi è il 1° dicembre 1952) ma soltanto questa
settimana è stato concesso alle nostre telecamere di visitare quello che
può essere battezzato il luogo di nascita dell’era atomica. Si tratta
di una culla davvero inusuale. L’evento è avvenuto il 2 dicembre 1942 e
il nido era sotto le scalinate di uno stadio di football. Il resto delle
nostre vite, e quello di tutte le generazioni future, verrà trascorso in
compagnia dell’energia nucleare, al tempo stesso una minaccia e una
promessa. La nostra nazione è stata la prima a produrre una bomba
atomica: tuttavia, come vedremo tra breve, non si è trattato di una
impresa tutta americana.
Su
un ramo del lago di Como. In occasione delle celebrazioni del
centenario della morte di Alessandro Volta (1745-1827), nel settembre
1927, viene organizzato un congresso internazionale di fisica a Como. Sono
presenti tutti i big della
disciplina. Devono essere suddivisi in due categorie, in relazione alla
data di nascita. Gli anziani sono Hendrick A. Lorentz (1853), Arnold
Sommerfeld (1868), Sir Ernest Rutherford (1871), Niels Bohr (1885) e Max
Planck (1885). Tra gli under-30,
ribattezzati “matricole”, si notano Wolfgang Pauli (1900), Werner
Heisenberg (1901), Enrico Fermi (1901), Franco Rasetti (1901) e P.A.M.
Dirac (1902). Scrive il giovane Segrè che Fermi e Rasetti gli indicavano
i grandi fisici della sala: quale emozione vedere in carne e ossa
personaggi che Emilio conosceva soltanto come autori dei massimi libri di
testo, in lingua straniera, nei quali si studiava la fisica di quei tempi.
Enrico Fermi per la prima volta afferma la sua statura internazionale in
mezzo a un contesto di assolute “prime donne”.
A suo agio con la fisica matematica. Il giovane fisico romano non
soffre di complessi di inferiorità di fronte alla difficile matematica
dei fisici teorici. Al ritorno a Roma, egli aveva conosciuto quasi tutti
gli esponenti della brillante scuola matematica italiana Vito Volterra
(1860), Guido Castelnuovo (1865), Federigo Enriques (1871), Tullio
Levi-Civita (1873), e aveva stretto con loro rapporti di seria amicizia.
Certamente, Fermi non si limitò all’attività di divulgatore. Nel campo
della meccanica quantistica e dell’elettrodinamica quantistica, egli
produsse una serie di lavori fuori dell’ordinario. Il secondo filone
importante del periodo che precede l’inizio degli anni ’30 è quello
dedicato alla “statistica”. Fermi, all’insaputa di alcuni studi di
L.H. Thomas sull’argomento, propose una teoria statistica degli
elettroni nell’atomo e organizzò un progetto di calcolo numerico delle
autofunzioni degli elettroni atomici al quale collaborarono quasi tutti
gli studenti, servendosi di macchine addizionatrici assai primitive
rispetto agli elaboratori elettronici dei nostri giorni. Tuttavia, ne
risultò una estesa serie di tabelle numeriche, pubblicate
dall’Accademia dei Lincei, utilissime per varie applicazioni delle
proprietà degli atomi. Da questa applicazione importante nasce il lavoro Un
metodo statistico per la determinazione di alcune proprietà dell’atomo,
oggi noto come metodo di Thomas-Fermi.
Fermi maestro e didatta. Ogni giorno, alla fine del lavoro, Fermi
convoca allievi e amici, come Amaldi Majorana Racah Rasetti e Segrè,
intorno a un tavolo e in loro presenza inizia una sorta di a solo musicale, una improvvisazione su argomenti di elettrodinamica
quantistica cercando punti di vista nuovi e differenti, dimostrazioni
originali di teoremi già noti allo scopo di approfondire i tanti,
onnipresenti angoli oscuri che sono sistematicamente presenti in una
branca disciplinare ai suoi primi passi. Questo metodo, caratteristico di
Fermi di lavorare allo scoperto, davanti a controllori temibili e
agguerriti sull’argomento, gli permette di pensare ad alta voce. Da
parte di Hans Bethe (1906), questo procedimento di esposizione, che ricade
inevitabilmente nelle pubblicazioni su riviste scientifiche internazionali
di grande prestigio, viene considerato “un
esempio insuperabile di come si possa esporre con semplicità una materia
così complessa”.
Eugene Wigner (1902) commenta in proposito: “Nessuno
che non conoscesse a fondo tutte le complicazioni della teoria avrebbe
potuto scriverlo e nessuno avrebbe potuto evitare più abilmente tutte le
complicazioni”. Lo stesso Wigner e Victor Weisskopf (1902) si
adopereranno per rendere rigorosa una regola di calcolo delle probabilità
di transizione spontanea tra stati quantici che Fermi ricava con una
matematica assai spregiudicata e che da lì in poi verrà denominata Fermi’s golden rule (Regola d’oro di Fermi).
Hans Bethe è ospite dell’Istituto di via Panisperna. In questo
periodo soggiorna a Roma, presso l’Istituto di via Panisperna, il fisico
tedesco Hans Bethe, che sarà più tardi uno dei leader,
insieme a Robert Oppenheimer (1904) e Fermi
del Progetto Manhattan nel deserto di Los Alamos (USA). Bethe rimane
molto colpito dalla semplicità del metodo di lavoro di Fermi. Ecco le sue
parole: “Egli era in grado di
arrivare al nocciolo di qualsiasi problema, per quanto complicato fosse,
spogliandolo dalle difficoltà matematiche e dall’inutile formalismo.
Con l’aiuto di questo tipo di approccio era in grado, spesso in non più
di mezz’ora, di risolvere il problema di fisica più complesso.
Certamente, in questo modo non otteneva una soluzione matematica rigorosa,
ma dopo aver discusso con lui di quell’argomento, chiunque aveva chiaro
quale fosse la via per la soluzione matematica rigorosa”. Più
avanti Bethe precisa: “Fermi era
un buon matematico. Egli era in grado, se necessario, di operare tutti i
calcoli matematici più complessi, ma prima di ogni cosa egli doveva
convincersi che ne valesse la pena”. Come fisico, Fermi è anche
chiaramente intenzionato a imparare le tecniche della fisica nucleare,
molti anni prima che il suo nome diventi famoso proprio in questo settore
altamente specialistico della fisica di quei tempi. Questa decisione viene
messa in atto a partire dal 1930, quando i membri del gruppo di Roma
iniziano una serie di lunghi soggiorni presso i maggiori centri di ricerca
all’estero per acquisire conoscenze relative a tecniche sperimentali
allora sconosciute in Italia. Rasetti va al California Institute of
Technology di Pasadena e successivamente trascorre un anno a
Berlino-Dahlem da Lise Meitner. Segrè va da Otto Stern ad Amburgo e da
Pieter Zeeman ad Amsterdam, Amaldi si reca in soggiorno presso Peter Debye
a Lipsia.
Il modello del nucleo atomico prima della scoperta del neutrone. Per
apprendere con chiarezza il panorama scientifico e culturale della fisica
nucleare prima dell’annus
mirabilis del 1932, è assai utile riferirsi all’articolo di Luisa
Bonolis (Cronologia dell’opera
scientifica di Enrico Fermi) nel volume Conoscere
Fermi (a cura di Carlo Bernardini e Luisa Bonolis, SIF, Editrice
Compositori, 2001) pubblicato in occasione del centenario della nascita di
Enrico Fermi, 29 settembre 1901-2001. Eccone alcuni stralci. Secondo
quanto ricorda Rasetti “l’attività
sperimentale negli anni 1927-1931 si svolse quasi unicamente nel campo
della spettroscopia atomica e molecolare anche perché ne conoscevamo bene
la tecnica e avevamo strumenti adeguati”. Tuttavia a partire dal
1929, Fermi e Rasetti avevano cominciato appunto a rendersi conto che il
futuro era ormai nel settore della fisica nucleare. Non erano chiari molti
elementi sulla costituzione del nucleo atomico. Si continuava infatti a
ritenere che esso fosse costituito da protoni ed elettroni, sebbene
sull’esistenza di una particella neutra fossero state avanzate ipotesi
già nel 1920 da parte di Rutherford. Il nucleo era sicuramente dotato di
una struttura composta, tenuto insieme da forze di natura quasi totalmente
sconosciuta. Allo scopo di favorire il passaggio dalla spettroscopia alla
fisica nucleare, Fermi, spalleggiato da Corbino, ha l’idea di
organizzare un Congresso Internazionale di Fisica Nucleare, che ha luogo a
Roma, dall’11 al 17 ottobre 1931. Sono presenti tutti gli astri del
firmamento mondiale della fisica nucleare: Niels Bohr, Walther Bothe,
Arthur Compton, che sarà più tardi leader,
insieme a Enrico Fermi del
Progetto CP-1 (Chicago Pile-1), Mària Curie, Werner Heisenberg, Guglielmo Marconi,
Lise Meitner, Bruno Rossi e tanti altri, italiani e stranieri.
Inviato
della CBS americana. Ci
troviamo nello Stagg Field, lungo Ellis Avenue, nei rioni meridionali
della città di Chicago. Anche se l’architettura del parapetto sembra
suggerire che siano stati inventati qui la catapulta oppure l’arco
incrociato, è qui che l’era atomica è entrata in punta di piedi il 2
dicembre 1942. Dieci anni fa, all’occasionale passante questo sito
sarebbe apparso soltanto un vecchio edificio in demolizione. Per costui,
lo stadio avrebbe rievocato ricordi di campionati di football vinti
dall’Università di Chicago. Tuttavia gli occhi di un osservatore più
attento sarebbero stati attratti da alcuni condotti di aria condizionata
troppo alti e troppo capaci per un semplice spogliatoio sportivo. Entriamo
ora e saliamo ai piani superiori tramite un montacarichi che ha sollevato
e abbassato ben altri pesi: migliaia di tonnellate di mattoni di grafite,
molti cilindri di uranio e ossido di uranio. Per quale scopo? Per
rispondere a questa domanda, abbiamo assemblato qui la squadra che dieci
anni fa ha compiuto questa straordinaria prestazione: eccoli qui, più o
meno nelle posizioni che occupavano allora.
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