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Sommario anno X numero 12 - dicembre 2001

ARCHEOANTROPOLOGIA - pag. 24

                            

Simboli Arcaici di un “Natale” remoto: la Grotta e l’Albero, Axis Mundi

di Mario Giannitrapani

La seguente breve indagine sul significato della grotta e sul simbolo dell’albero, evidenzia che - nonostante i limiti da “scienza esatta” di alcune interpretazioni di tipo “accademico” - alcuni simboli e festività esistono da sempre nella memoria del genere umano, poiché espressione di una sapere primordiale che si perde nella notte dei tempi.

Una consolidata letteratura sulle antiche religioni (con particolare riferimento alle teorie vigenti in ambito paletnologico), dal Paleolitico fino a quelle d’età “storica”, ha spesso collegato la frequentazione umana della caverna, della grotta (e di eventuali tracce fisiche di probabili riti) con i culti legati alla “Madre Terra” e con quel ciclo L’orante, Asse ed Albero del Mondo (ceramica neolitica pugliese del IV millennio a.C.) particolare di religioni della fertilità aventi uno stretto legame col mondo infero e ctonio, proprio perché oscuri e sotterranei sono sia l’antro che le cavità in genere. Tuttavia, se per gli specialisti di Preistoria il problema dei culti è spesso stato ritenuto “secondario” rispetto alle cronologie ed alle tipologie statistiche dei materiali archeologici “creduti” più interessanti - come per l’antropologo e l’etnologo ogni aspetto della vita “non profana” viene ricondotto entro i limiti di una lettura che si ostina a vedere il sacro come un mero “prodotto umano” (l’uomo inteso appunto come ente fisico-biologico = materiale ; “trascendenza” e “spirito” visti come semplici “astrazioni” della psiche) - manca tuttora un’ermeneutica “archeo-antropologica” differenziata che sappia scorgere significati diversi. Quest’ultima dovrebbe infatti essere fondata su di un’interpretazione interiore (forse la prospettiva emica ?) frutto di un “superiore sentire”, per la quale gli aridi dati classificati in tabelle potrebbero diversamente riflettere quella luce spirituale di “sintesi” che “trascende” la storia dei meri eventi spazio-temporali e che sa infine “esperire” attraverso il ciclo plurimillenario delle manifestazioni, il retaggio aureo primigenio, diretta emanazione del mistero dell’universo. La capacità di vedere l’essenza dell’universo era infatti una prerogativa degli “stregoni” antichi, e a detta delle esperienze di Castaneda come “antropologo”, furono proprio costoro che questa essenza la descrissero nel modo migliore.

1 - Ne L’arte di Sognare Castaneda, riferendosi alle descrizioni fornite dagli “stregoni” di quest’essenza misteriosa, scrisse : “dicevano infatti che somigliava a fili incandescenti che si allungavano in ogni possibile direzione, filamenti luminosi ricchi di una consapevolezza di sé in modi che la mente umana non riesce a concepire”. Curiosamente, varie iconografie scoperte in grotte affrescate ed incise del Paleolitico superiore europeo, sembrano riprodurre dei grovigli e dei miscugli inestricabili, misteriosi ed inspiegabili di linee di varia forma che tra gli studiosi sono da tempo noti come “maccheroni”, cui il Ragghianti - celebre storico dell’arte - appunto dedicò uno suo studio. Molte volte però lo studioso moderno tenta di interpretare esclusivamente con il cervello - l’elemento “cerebro-mentale” - geometrie, grovigli e motivi iconografici apparentemente e soprattutto razionalmente inspiegabili, giungendo così a letture prive di relazione con quello statuto autonomo del sè, indipendente ed extra-sensoriale che solo l’intuizione diretta supercosciente dello spirito dell’uomo arcaico, fu in grado di scorgere ed apprendere. Si pensi inoltre alla curiosa forma ovulare, globulare, fungiforme in cui spesso l’uomo antico venne raffigurato e l’analogia riscontrata con descrizioni puntualmente fornite da visioni di natura sciamanica della cosiddetta “natura luminosa” e a volte “filamentosa” dell’uomo.

2 - Il tema dell’immortalità a sua volta, richiamato come uno degli elementi ed attributi più diretti dell’ideografia simbolica dell’orante-androgino, si ricollega al motivo dell’axis mundi riflettente appunto “l’androgino”. Difatti la posizione braccia-alzate cui è stato attribuito(1) un significato originariamente magico, che è quello poi principalmente archetipale, più tardi identificato come orante, è l’ideografia con cui l’individuo si identifica morfologicamente all’axis mundi, tramite i suoi piedi che toccano la terra e le sue braccia che sono alzate al cielo, egli si trasforma in un mediatore delle rispettive contraddizioni. E’ stato giustamente messo in evidenza come proprio questa qualità non gli sia stata concessa da una divinità dalla quale implora i favori con la preghiera, bensì conquistata a dispetto della divinità stessa gelosa dei suoi poteri.(2) Il complesso dei significati sacrali palesati appunto dall’Albero dell’immortalità sono molteplici (3): l’albero come teofania cosmica, come simbolo della vita, della fecondità inesauribile, dell’assoluta realtà in relazione con la Grande Dea o col simbolismo acquatico, fonte dell’immortalità, come centro del mondo e sostegno dell’universo, nonché come ricettacolo delle anime degli antenati e simbolo della resurrezione della vegetazione e della rigenerazione dell’anno. Allusione del cosmo vivente che si rigenera senza interruzione poiché la vita inesauribile è equivalente all’eternità, l’Albero-Cosmo diviene su di un altro livello, l’albero della Vita-senza-morte ; proprio questa medesima vita inesauribile nell’ontologia arcaica traduce l’idea di realtà assoulta e l’albero diviene il simbolo di potenza di questa realtà.(4) In virtù di questa potenza il simbolo arboriforme manifesta una realtà extra-umana in cui non bisogna scorgervi tanto un culto dell’albero in sé, quanto invece l’entità spirituale che sotto di questo si nasconde come segno universale che ripete l’illud tempus, nonché simbolo, la cui ascesa rituale è stata collegata (5) a forme ben note di iniziazione sciamanica. Come noto difatti, il tema dell’ascesa rituale di un albero si ritrova anche nell’America del Nord ; gli stessi sciamani siberiani si arrampicano su alberi durante la loro consacrazione o prima di essa. Così lo stesso sacrificatore vedico sale su di un palo rituale per raggiungere il cielo e gli Dèi. Come riscontrato poi nell’ampia casistica storico-religiosa “l’ascendere a mezzo di un albero, di una liana o di una corda è un motivo mitico diffusissimo.”(6) Motivi arboriformi anche in stretta relazione con il segno dell’orante-androgino potrebbero essere presenti nella grotta salentina di Porto Badisco,(7) ritenuti in una successiva interpretazione “simili ad abeti e probabilmente simbolo delle colonne vitali sotterranee” quindi  “come rappresentazioni simboliche della comparsa sulla terra della forza vitale ctonia”(8). Difatti talvolta la colonna della vita assume la forma di un albero o di una pianta a baccello. Sempre ad uno schema arboriforme sarebbero da ricondurre poi sia i motivi di Torre Sabea(9), sia il motivo a “lisca di pesce” che sormonta la vulva della statuina in osso del Riparo Gaban (10), ed anche quello che si ritrova al di sotto di un motivo cruciforme sul metapode di ovino della Grotta Patrizi (11). Il motivo arboriforme, interpretato nella sua specifica valenza di albero della vita, è anche presente su alcuni vasi Cucuteni di Sipenitsi (12) con la rappresentazione ai rispettivi lati di segugi volanti, e su di una placca proveniente da una fossa sacrificale di Tartaria presso Cluj (13), ove ai lati dell’albero sono raffigurati due capri.

Trattandosi spesso di forme estremamente stilizzate e schematiche dell’albero, cui sembrano quasi rimanere i soli rami superiori, non è da escludere a priori il ruolo che “gli alberi cui sono stati tagliati i rami laterali, conservando però quelli della cima”, svolgono presso alcuni riti iniziatici dei Tungusi della Manciuria.(14)

Grotte ed Alberi quindi, presenti da sempre non solo negli ecosistemi ma soprattutto nella memoria ancestrale dei nostri popoli, furono tenuti in speciale considerazione come veri e propri simboli e viatici, tramite cui operare trasmutazioni e celebrare misteri. Il “Natale” attuale con la sua grotta ed il suo albero, scandisce perciò il rinnovarsi ciclico di un’antica cerimonia che, attraverso la rivoluzione astronomica correttamente percepita, permette la straordinaria esperienza dell’interiorizzazione dell’epifania di luce, e della vivificazione dei misteri del fuoco solare e siderale.

Mai ambiente più consono per esperire determinati misteri fu quindi la grotta dove la luce muore e rinasce, così come l’albero è la più diretta sintesi della natura vivificata che permette alla Terra di ricongiungersi al Cielo.

Note Bibliografiche :

1) E. NEUMANN 1955, The Great Mother, Princeton, pp. 114-115.
2) A. SCHWARZ 1983, La Dimensione Verticale dell’Androgino Immortale, in Valcamonica Symposium III. Proceedings the Intellectual Expressions of Prehistoric Man : Art and Religion (28/7-3/8/1979), Brescia ; 79-97.
3) M. ELIADE 1996, Trattato di Storia delle Religioni, Torino, p. 274 ; Id. 1999, Sciamanesimo e Tecniche dell’Estasi, Roma, pp. 293-298.
4) M. ELIADE 1996, cit., pp. 275-277.
5) M. ELIADE 1999, cit., pp. 149-150.
6) M. ELIADE 1999, cit., p. 149.
7) P. GRAZIOSI 1980, Le Pitture preistoriche di Porto Badisco, Firenze, Figg. n. 15, p. 52, = III, nn. 20-22, Tavv. 34 a, 94, 87 d, 109 c, motivo detto a “tridente” e schematizzazione a sua volta dello stesso orante, n. 45, p. 53 = Tavv. XIX, n. 19, Tav. 21a, albero reso in forma naturalistica
8) M. GIMBUTAS 1990, Il Linguaggio della Dea, Torino, pp. 221-222 ; è il motivo presente in GRAZIOSI 1973, L’arte Preistorica in Italia, Firenze, Tav. 160 e, che più si presta all’idea dell’albero-abete.
9) G. RADI, VEROLA 1996, in, Forme e Tempi della Neolitizzazione, Atti del Convegno, Rossano.
10) P. GRAZIOSI 1973, cit., Tav. XIII.
11) PATRIZI, RADMILLI, MANGILI 1954, in Rivista di Antropologia, pp. 33-69.
12) M. GIMBUTAS 1990, cit., Fig. 363, n. 1, p. 234 ; Ucraina occidentale, 3900-3700 a. C. circa.
13) M. GIMBUTAS 1990, cit., Fig. 364, p. 234 ; Romania occidentale, 5200-5000 a. C., Vinca iniziale, alt. cm. 2,8,
14) M. ELIADE 1999, cit., p. 134.


Segnalazioni librarie:

Giuseppe Sergi, I Britanni. Ediz. Settimo Sigillo, Roma 1987. Pref. di Guido Giannettini.
Piccolo libricino che raccoglie scritti degli anni ’30, attualmente introvabili, del celebre antropologo Sergi. Si parla di Ierne-Irlanda, Albion-Britannia.

Giordano Bruno, Il Processo e la Condanna, Stampa Alternativa, Roma 1999, a cura di Antonio Castronuovo.
Libricino che presenta i documenti inquisitori relativi all’arresto veneziano fino al rogo romano. Contiene un’interessante appendice di alcuni celebri scritti (La cena delle ceneri, De l’infinito, Spaccio della bestia trionfante, De la causa, pricncipio et uno).

Paul Arnold, Il libro dei morti Maya, Ed. Mediterranee, Roma 1992, trad. it. Luciana Burei.
Studio e decifrazione della scrittura maya del Codice di Parigi tramite gli antichi geroglifici cinesi. Testo fondamentale per la storia delle religioni e dell’antropologia meso-americana. Testimonianza unica del pensiero metafisico maya.


Sommario anno X numero 12 - dicembre 2001